Speciale Il cinema di Stephen King: il meglio e il peggio del Re

Successi e tonfi nella produzione cinematografica del Re

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Quello di King con il cinema è un rapporto che possiamo definire "complicato". Buona parte delle sue opere, siano esse romanzi o racconti brevi, sono stati convertiti per il cinema o la TV, ma con risultati alterni. Anzi, a dire il vero sono più i tonfi clamorosi che i successi e spesso non sono bastati ottimi cast o registi di prim'ordine per salvare i progetti dal fallimento. Un critico azzardò questa ipotesi: "Ricavare un buon film da un romanzo di King è un pò come pretendere di ricreare il soggetto di una fotografia. Ci puoi andare vicino, ma è praticamente impossibile".

Ecco, forse il problema è proprio il punto di partenza. Gli scritti di King sono opere vive e pulsanti, con personaggi tridimensionali e non piatti, dialoghi perfetti e la sua natuale vocazione nel descrivere alla perfezione situazioni e stati d'animo. E sono davvero pochi i produttori o i registi capaci di cogliere e ricreare il vero spirito dietro le opere del Maestro del Maine.

In vista del remake di Pet Sematary, uno dei romanzi più oscuri e dannati di King, abbiamo deciso di fare un breve elenco del meglio e del peggio della produzione di Steve-O (lui ODIA essere chiamato così). Prima di iniziare, mettiamo le cose in chiaro. Quella che leggerete è un'opinione personale e non è una classifica, con tutto quello che ne consegue. Manca un sacco di roba, e lo sappiamo. Bene, si parte.

Le ali della libertà

Tratto dal racconto “Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank”, contenuto nel libro “Stagioni diverse”, il film diretto da Frank Darabont è sicuramente una delle opere più riuscite dell’intera filmografia kinghiana. Grande cast, con il duo Robbins/Freeman ad altissimi livelli e, soprattutto, una fedeltà quasi totale con l’opera originale. Non è un horror nel vero senso del termine, ma è uno di quei film che rientrano nella definizione che lo stesso King diede della paura quando disse: “Il vero terrore è quando vedi tuo figlio piccolo giocare con le tue lamette da barba”. Le ali della libertà racconta la storia di un contabile, Andy Dufrense, accusato e condannato ingiustamente per l’omicidio della moglie. Rinchiuso nella prigione di Shawshank (sita nell’immaginaria Castle Rock), stringerà una vera amicizia con un altro detenuto e pianificherà un geniale piano di fuga che vede coinvolta anche…. Rita Hayworth. Semplicemente meraviglioso.


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Il Miglio Verde

Un altro film ambientato all’interno di una prigione, ma questa volta entra in gioco il paranormale. Anche se, come sempre accade nelle opere di King, è sempre il lato umano delle cose a prevalere. Paul Edgecomb (Tom Hanks) è il capo dei secondini del Miglio Verde, ovvero il lungo corridoio tapezzato con un linoleum verde che accompagna i condannati a morte verso il loro triste destino. Ed è proprio qui che Edgecomb conosce John Coffey (“Si pronuncia come il caffè, ma si scrive in modo diverso”), un gigantesco uomo di colore accusato di aver ucciso due gemelline. Nel corso della sua detenzione, Edgecomb stringerà una vera amicizia con questo gigante buono, scoprendo non solo la sua innocenza, ma anche il potere che John può mettere a disposizione degli altri. Basterà questo per salvarlo dal suo destino? Il film del 1999 è tratto dall’omonimo romanzo, pubblicato originariamente in Italia in sei “puntate” e ha visto Michael Clarke Duncan (John Coffey, sullo schermo) candidato all’Oscar come attore non protagonista.


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Carrie - Lo sguardo di Satana

Il film tratto dal primo romanzo di King non poteva avere regista migliore di Brian De Palma, in rampa di lancio dopo l’ottimo “Il Fantasma del palcoscenico”. Carrie White è una ragazza come tante altre, almeno all’apparenza. Cresciuta all’interno di una “bolla” familiare fatta di fanatismo religioso e di continui sensi di colpa (la madre l’accusa, addirittura, di avere il seno), Carrie è continuamente bullizzata dai suoi compagni di scuola per la sua ingenuità e candore. Le prime mestruazioni della ragazza, arrivate disgraziatamente sotto le docce dello spogliatoio femminile, cambiano però le cose, facendole prendere coscienza del terribile potere insito in lei e la vendetta verso i suoi compagni (e non solo), sarà terribile. Una meravigliosa Sissy Spacek veste i panni di Carrie e la sua interpretazione vale la candidatura all’Oscar come attrice protagonista. Il cast vede altri personaggi di spicco come Piper Laurie, John Travolta e William Katt. Purtroppo, e sottolineiamo purtroppo, l’industry Hollywoodiana diede un seguito a questo capolavoro con Carrie 2 – La furia e un remake del 2013 con Chloe Grace Moretz come protagonista, su cui preferiamo sorvolare.


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Christine la macchina infernale

Altro grande classico della letteratura del “Re” e altro grande regista che firma questa grande pellicola: John Carpenter. Al centro della pellicola: Christine. Non una ragazza, ma una macchina che ha il potere di legare a sé i proprietari che ritiene degni di possederla e uccide, letteralmente, chi potrebbe prendere il suo posto nel cuore del giovane Arnie, ragazzo timido e impacciato che, sotto l’influenza di Christine, inizia a evidenziare insospettabili tratti psicopatici. Un cast quasi esordiente, a parte il grandissimo Harry Dean Stanton, è mosso in maniera perfetta da un Carpenter in grande spolvero, capace di creare alla perfezione l’insano rapporto uomo/macchina, anche se proprio questo elemento centrale differisce profondamente da quanto accaduto nel libro.


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It (2017)

L’anno di pubblicazione è d’obbligo, non tanto per una mancanza di rispetto nei confronti della miniserie originale, quanto proprio evidenziare come, almeno da queste parti, abbiamo preferito il taglio più horror e sanguinolento dell’opera rispetto alla versione edulcorata apparsa in TV. La storia la conosciamo tutti: nella piccola cittadina di Derry, un mostro si risveglia ogni trent’anni, per cibarsi delle paure dei bambini che dapprima terrorizza in un gioco che somiglia a quello del gatto con il topo, e poi rapisce per portarli “a galleggiare” nelle fogne. Un gruppo di giovanissimi, decidono di affrontare il mostro (e non solo), in una partita che si giocherà a cavallo tra l’adolescenza e l’età adulta. Anche se la nostra valutazione è legata alla prima metà del film (la seconda parte di IT vedrà la luce il prossimo Settembre), abbiamo preferito la trasposizione realizzata da Andres Muschietti rispetto alla mini serie TV diretta da Tommy Lee Wallace che, per ovvie ragioni, non poteva calcare troppo la mano sugli aspetti più sanguinolenti della mastodontica opera originale.


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Stand by me

Altro Masterpiece e altro film che niente ha a che vedere con l’horror più classico. Stand By me è l’ennesimo film che parla del percorso che i protagonisti compiono nel passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza. Un momento critico nella vita di ognuno di noi, dove cresce la consapevolezza della conseguenza delle nostre scelte. Nel raccolto di King (contenuto anch’esso in Stagioni Diverse), quattro amici decidono di partire all’insaputa dei propri genitori per vedere il cadavere di un loro coetaneo investito e ucciso da un treno. Un film “di formazione”, dove paure, ansie e le profonde differenze nelle vite dei quattro componenti del gruppo si misceleranno in una sospensione perfetta. Rob Reiner firma una pellicola da antologia, azzeccando anche un cast che vede, tra gli altri, lo sfortunato River Phoenix, Wil Wheaton, Kiefer Sutherland e Richard Dreyfuss. La sceneggiatura non originale del film vinse il Premio Oscar nel 1987.


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Shining

Tasto dolente per tutti i fan del Re. Perché Shining è un capolavoro. Punto. Ma è anche uno dei film più bistrattati dal Re, che non ha perdonato a Kubrick di essersi allontanato troppo dall’opera originale e, soprattutto, di non aver seguito lo stesso climax del libro, presentando un Jack Torrence/ Jack Nicholson, che fin dalla prima inquadratura portava in sé tutti i segnali della pazzia che sarebbe esplosa da lì a qualche minuto, contrariamente alla lenta discesa nella follia dell’opera letteraria. Ma, come dicevamo in apertura, Shining è uno di quei film che DEVONO essere visti ed è praticamente perfetto da qualsiasi angolazione lo si voglia vedere. Interpretazioni perfette da parte di tutti i protagonisti e uno stile quasi “geometrico” nella direzione di Kubrick, che è diventato un punto di riferimento in qualsiasi scuola di regia. Nel 1997 fu realizzata una miniserie TV (sei puntate da 45 minuti ciascuna), che mirava a essere molto più fedele al libro rispetto a quanto fatto da Kubrick, i cui risultati sono stati comunque disastrosi, con buona pace di King.


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Misery non deve morire

Cosa fareste se, da fan numero uno, vi trovaste di fronte il vostro idolo in pericolo di vita? Annie Wilkes ha le idee chiare in proposito e, purtroppo per lui, Paul Sheldon vedrà i frutti dell’amore folle che Annie ha per lui. Seconda pellicola firmata di Rob Reiner (che ha anche fondato una casa di produzione chiama Castle Rock Entertainment) e secondo capolavoro. Un set quasi claustrofobico, formato da una singola camera da letto che “imprigiona” il celebre scrittore Paul Sheldon e la sua aguzzina. Kathy Bates e James Caan sono gli interpreti principali di un film dall’incedere lento che procede a lunghe falcate verso un finale violentissimo. Un film eccezionale, molto meno aggressivo rispetto al libro, ma con una sceneggiatura e un taglio registico perfetti. Piccola curiosità: Misery è in realtà una grande metafora della condizione dello Stephen King di quel periodo. Annie, l’infermiera vestita di bianco rappresenta in realtà la cocaina da cui King fu dipendente per un periodo della sua vita.


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La zona Morta

Altro grande regista alla guida di una trasposizione di uno dei libri più riusciti di King: David Cronenberg. Dopo un incidente stradale, il mite insegnante Johnny Smith rimane in coma per diversi anni. Al suo risveglio riscopre di aver perso lavoro e affetti, ma di aver anche acquisito il particolare potere di vedere il futuro di chiunque lo tocchi. Un potere, ma anche una maledizione che di lì a poco lo vedrà alle prese con un futuro presidente degli Stati Uniti che sarà l’artefice della terza guerra mondiale. Altro grandissimo film sul sovrannaturale con un Cristophen Walken perfettamente nella parte e un Martin Sheen che da lì a qualche anno interpreterà nuovamente i panni del presidente USA in The West Wing.


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L’allievo

Terzo film tratto dalla raccolta “Stagioni diverse”, che conteneva quattro racconti. Un giovane studente (Interpretato dallo sfortunato Brad Renfro), è convinto che uno dei suoi insegnanti sia in realtà un ex nazista sfuggito al processo di Norimberga e inizia a perseguitarlo per conoscere la verità e dare il via ad un lento gioco che lo porterà alla follia. Grandissima pellicola firmata da Bryan Singer, che per il ruolo di Kurt Dussander chiama nientemeno che Ian McKellen. Un film che poggia tutto sull’interpretazione dei due attori ma che risulta essere magnetica e inquietante.


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E ora, dopo aver visto il meglio della produzione, veniamo al lato oscuro dell'orrore.

L'occhio del male

Tratto da un romanzo firmato da King come Richard Bachman (storico pseudonimo del Re), L’occhio del Male (Thinner nell’edizione inglese), è un mediocre film che vede al centro della vicenda la maledizione che uno zingaro lancia ad un avvocato reo di aver ucciso la figlia a seguito di un incidente automobilistico. Ma l’avvocato in questione, interpretato da Robert John Burk, ha una rete di amicizie che lo aiutano a non finire in galera per la sua colpa. Ma niente può contro la maledizione dello zingaro che lo punirà nel modo più orribile, costringendolo a prendere la decisione più difficile della sua vita. Detta così la trama de L’occhio del male potrebbe anche non essere delle peggiori. Peccato che regista e interpreti non siano assolutamente all’altezza della situazione e, complice anche effetti speciali al limite del ridicolo, il prodotto finale è veramente di infima qualità, passando quasi del tutto inosservata. Per la cronaca: il film è appena atterrato su Amazon Prime, se avete qualche ora da buttare…


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I sonnambuli

Quello sceneggiato dallo stesso King è un film creato ad hoc per il cinema, basato su un suo scritto che non ha mai visto la luce. Una pellicola confusa e stiracchiata, dove una incestuosa coppia di vampiri (madre e figlio), arrivano in una tranquilla cittadina del Maine, costretti ad una vita nomade per non essere perseguitati per le loro attività notturne. La prassi vede il giovane vampiro, interpretato dal belloccio Brian Krause, cercare di ingraziarsi i favori della giovane ragazza di campagna di turno (Madchen Amick) per poi farne una facile preda da servire alla madre. I vampiri hanno un solo punto debole: odiano i gatti, e saranno proprio questi a mandare a monte i loro piani. In mezzo, effetti digitali davvero trascurabili, e una trama piatta e prevedibile. Si fa davvero fatica ad arrivare all’ultimo dei 90 minuti di pellicola. Unica nota positiva, i camei di tanti mostri sacri del cinema horror, da Landis a Barker e allo stesso King. Per il resto, evitatelo.


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Il Tagliaerbe

Film forse non terribile in sé, ma una trasposizione che prende solo il nome da un racconto di King, senza rispettarne il contenuto. Se nello scritto originale il Taglierbe era “semplicemente” un tizio che, ingaggiato per tosare un prato, ha la brillante idea di denudarsi e fare lui stesso da Tagliaerbe (vado a memoria, eh), nel film il concetto viene completamente stravolto. Una cosa che niente a che vedere con il libro (il film parla di Realtà Virtuale), e che costringe King a portare in tribunale la New Line affinchè il suo nome venga rimosso dai credits. Pierce Brosnan e Jeff Fahey sono i protagonisti di una pellicola guardabile, ma non sotto l’ottica kinghiana.


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La torre nera

Che tonfo. La saga più ambiziosa dello scrittore ridotta ad un agglomerato senza troppo senso di “soli” 90 minuti. Una produzione lunga e difficile, passata di mano in mano fino ad arrivare alla regia di Nikolaj Arcel. L’idea era quella di rappresentare L’ultimo Cavaliere e cercare di dare vita ad una vera e propria saga cinematografica o, alla peggio, un enorme Pilot per una possibile serie TV. Idris Elba e Matthew McConaughey sembravano essere la giusta per comunicare al grande pubblico la grandiosità del progetto ma il risultato finale è davvero molto lontano da quello sperato, sia in termini qualitativi che in quelli relativi al Box Office, facendo battere in ritirata anche Amazon che si era dimostrata interessata a portare la serie TV sulla propria piattaforma. 


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Brivido

Qui il fallimento è tutto del Re. Tratto da “Camion”, racconto breve contenuto nella raccolta “A volte ritornano”, Brivido vede un piccolo gruppo di persone asserragliate all’interno di un fast food per far fronte all’improvvisa ribellione delle macchine. Complice il passaggio di una cometa che ha evidenti ripercussioni su tutti i sistemi elettronici, le macchine prendono coscienza per ribellarsi al genere umano. Il diretto risultato del film, diretto dallo stesso Stephen King, è quello di essere involontariamente comico, facendo perdere quasi completamente il lato inquietante della vicenda, tra bancomat che danno dello “stronzo” allo stesso King improvvisato attore e flipper impazziti. E’ evidente che il linguaggio romanzato e quello cinematografico siano due cose completamente diverse e King (che tra l’altro ammise di essere in uno dei periodi in cui faceva uso di stupefacenti), ha dimostrato di non essere in grado di padroneggiarlo con la stessa maestria.


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The Cell

Già il romanzo non era il massimo (ammettiamolo, dai), il film non poteva essere altrimenti e non sono bastate due star come John Cusack e Samuel Jackson a risollevare le sorti di un film nato male e finito peggio. Un peccato, perché lo spunto iniziale non è dei più stupidi e utilizza i normali smartphone come veicolo per un virus informatico che “zombizza” gli sfortunati possessori dei telefoni incriminati. Solo una piccola parte della popolazione sopravvive a questo olocausti tecnologico che cercheranno di far fronte ad una situazione diventata ovviamente ostile. Ma è proprio qui che il film zoppica e cade malamente, perché ad un incipit tutto sommato interessante fa seguito una progressione banale e scontata che non offre nessuno spunto di genialità rispetto ai dettami del cinema di genere.


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Unico indizio La Luna Piena

Il libro in questione venne scritto da King durante una vacanza (quasi interamente in aereo, per la verità) ed era stata originariamente pensata come una favola per il figlio più piccolo. Ovviamente nell’accezione del termine secondo l’ottica kinghiana, precisiamo. E’ la storia di un giovane ragazzino costretto alla sedia a rotelle che deve far fronte, assieme al resto della sua famiglia, ad una serie di misteriose sparizioni attribuibili ad un lupo mannaro. E se già di per sé la situazione è di quelle toste, le cose si complicano quando i bambini scoprono chi, realmente, si cela dietro il la figura del licantropo. Peccato, però, che alla regia non ci sia John Landis, ma l’esordiente Daniel Attias (che poi, infatti, finisce per lavorare unicamente sulle serie TV) e il risultato finale è proprio quello di un film senza mordente e piatto in termini di emozioni, mettendo in secondo piano gli effetti speciali capitanati da Carlo Rambaldi.


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The Mangler

Per la serie “Di macchine possedute abbiamo già Christine”, ecco arrivare addirittura una pressa industriale che sceglie attentamente le sue vittime per trangugiarle per intero, o a tocchetti. Il grande Tobe Hooper qui prende un abbaglio e mette la firma su un prodotto scadente in tutti i settori, sceneggiatura, storia, effetti e che si appoggia troppo al protagonista, in quel momento universalmente riconosciuto come vera incarnazione dello spirito horror più assoluto: Robert Englund. Peccato che il suo William Gartley non si avvicini nemmeno a Freddy Krueger e i limiti della pellicola emergono dopo qualche minuto, trascinandosi stancamente fino alla fine. Shame on you, Tobe


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Desperation

Film per la TV sceneggiato dallo stesso King e tratto dall’omonimo romanzo pubblicato contestualmente a “I Vendicatori”, scritto con lo pseudonimo di Richard Bachman. I due romanzi condividevano situazioni e personaggi anche se, ovviamente, con storie differenti. Due turisti capitano casualmente a Desperation e vengono tratti in arresto dallo Sceriffo Entragian che, dopo un iniziale colloquio del tutto informale, inizia a dare i primi segni di squilibrio e follia. Lo sceriffo, interpretato da Ron Perlman, è sotto il malefico influsso di una presenza demoniaca liberata durante uno scavo nella miniera del paese. Perlman sembra essere la versione horror di un Pozzetto che continua a ripetere “Taaaak” e il film naufraga in tutta una serie di situazioni al limite del ridicolo, sposando alla perfezione il concetto che lo stesso King ha descritto in uno dei suoi romanzi dove dichiarava che Horror e comico sono due dei generi letterari più complessi. Se messi in mani inesperte possono essere facilmente confusi. Ipse Dixit.


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Il gioco di Gerald

Altro film per la TV, dove viene preso in esame uno dei libri meno ispirati di King. Anche in questo caso il set è claustrofobico, perché il tutto avviene all’interno di una camera da letto. Un gioco erotico tra Jessie (Carla Gugino) e Gerald (Bruce Greenwood) finisce in tragedia. Gerald muore per un attacco cardiaco, lasciando la moglie ammanettata al letto. La coppia si trova in una casa isolata e nessuno può sentire le grida d’aiuto della donna, lasciata al suo destino. Da qui in poi i pensieri di Jessie vagherà all’interno della sua psiche, costringendola a scovare, all’interno della sua problematica infanzia, una possibile soluzione al problema, che la costringerà però a dover fare un importante sacrificio. Il tutto mentre il cadavere del marito viene fatto oggetto delle attenzioni degli animali della zona, attirati dagli odori della decomposizione e da una misteriosa figura che sembra fare periodicamente visita alla donna, che riesce però soltanto a scorgere la sua ombra. Un film (e un romanzo), molto lento e senza particolari spunti di genio, se non per una connessione telepatica che in un particolare momento del romanzo, mette in comunicazione Jessie con Dolores Claiborne (altro romanzo di King). Delude soprattutto il finale, davvero molto insipido.


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