Trappola di cristallo: tutto sul primo Die Hard, che lanciò la carriera di Bruce Willis

Uno speciale dedicato a una pietra miliare del cinema action

di Chiara Poli

Trappola di cristallo. Così arrivò da noi, il 29 settembre del 1988. Ma negli USA uscì, in un numero di limitato di sale per poi raggiungerle tutte 5 giorni dopo, il 15 luglio 1988, con un titolo destinato a scrivere un pezzo di storia del cinema d’azione: Die Hard.

Il film che qui è diventato un classico da vedere e rivedere durante le feste natalizie - vista l’ambientazione - ma che appartiene a quella tradizione perduta che vedeva la distribuzione dei “titoloni” in piena estate (da Lo squalo - qui tutto sulla produzione del primo blockbuster - in poi).

Per la prima volta, un Bruce Willis reduce dal successo clamoroso di Moonlighting, la serie in cui interpretava uno scanzonato investigatore privato, indossava i panni di quello che sarebbe diventato il suo personaggio più famoso: il poliziotto John McClane.

La trama di Die Hard - Trappola di cristallo


Il poliziotto newyorkese John McClane vola a Los Angeles per raggiungere la moglie, Holly Gennaro (Bonnie Bedelia), e i figli. John e Holly si sono separati e lui arriva in California per stare con i ragazzi, con la non segreta speranza di sistemare anche le cose con la moglie.

Ma quando arriva al grattacielo Nakatomi Plaza, in cui lavora Holly, John assiste al momento in cui un gruppo di terroristi capeggiati da Hans Gruber (il compianto Alan Rickman) prendono in ostaggio l’intero grattacielo. E da solo, senza scarpe e in canottiera, John McClane combatte i terroristi per salvare Holly e tutti gli altri ostaggi…

Un cult pieno di azione e ironia


Insieme a Die Hard nasce ufficilmaente la carriera di Bruce Willis come eroe dei film d’azione con una predilezione per le battute. Il talento comico mostrato dall’attore in Moonlighting, infatti, fece pensare al regista John McTiernan, reduce dal successo di Predator dell’anno precedente, che l’attore avrebbe fatto faville nei panni di McClane. Non sbagliava.

Il primo Die Hard, con quel titolo italiano che richiamava vagamente il cult dei catastrofici anni ’70 L’inferno di cristallo, è una pietra miliare del genere.

Girato negli studi principali della 20th Century Fox a Los Angeles, dove è stato ricostruito il Nakatomi Plaza, il film è costato circa 28 milioni di dollari - la location permise alla Fox di non risparmiare su sparatorie e distruzioni varie - e ne ha incassati quasi 144 ai botteghini. Bruce Willis, che fece gran parte delle scene senza stunt, venne pagato 5 milioni di dollari. Una bella cifra, nel 1988, per un singolo film. Ma soprattutto una cifra non certo usuale a Hollywood.

Alan Rickman fu visto a teatro nel 1987, in primavera, dal produttore Joel Silver e dal regista John McTiernan mentre assistevano alla messa in scena de Le relazioni pericolose. S’innamorarono istantaneamente del grande talento dell’attore inglese, che però - quando gli offrirono il ruolo di Hans - era molto restio ad accettarlo. Temeva di rimanere intrappolato nel ruolo del cattivo, visto che Trappola di cristallo fu il suo primo film dopo tanto teatro.

Ma il lavoro di Silver e McTiernan per convincerlo, grazie anche al fatto che Hans era un “terrorista colto”, che nei dialoghi non manca di ricordare come sia una persona erudita, alla fine Rickman accettò. E sì, spesso gli vennero offerti ruoli “da cattivo” (come lo storico Professor Piton nella saga di Harry Potter), ma grazie alla sua bravura, anche quei ruoli diventavano personaggi di spessore.

Il perfetto mix di azione e ironia, ottenuta grazie all’ironia di John in qualsiasi momento - pronta a stemperare perfino i più drammatici - ha creato una formula vincente che non solo la saga di Die Hard, ma anche tanti altri film, hanno ampiamente sfruttato.

Reginald V. Johnson, che l’anno successivo avrebbe debuttato nella fortunata sitcom Otto sotto un tetto, interpreta il sergente Al Powell, l’unico poliziotto che intercetta la richiesta d’aiuto lanciata da John e chiama poi un esercito di forze dell’ordine. Il rapporto di amicizia che nasce fra i due - Al sarà presente anche nel sequel: 58 minuti per morire - si fonda sull’approccio scanzonato e ironico alla vita che i due agenti di polizia condividono. E sulla solidarietà che Al dimostra a un collega, sebbene venga da un’altra città.

Moltissime le battute che sono entrate di diritto nell’immaginario collettivo, dal grande classico in cui John imita Holly (“Vieni in California, vedrai che bello, ci divertiremo da matti…”) a quello in cui prende in giro la guida di Al (“Ma chi è che guida, Stevie Wonder?”), dall’immortale - e scritto - “Ora ho un fucile mitragliatore. HO-HO-HO” accompagnato dal cadavere di un terrorista. Senza dimenticare la perla di saggezza, nonostante le strazianti ferite ai piedi: “Meglio senza scarpe che senza pantaloni”.

Un capolavoro d’improvvisazione


La sceneggiatura del film, firmata da Roderick Thorp, Jeb Stuart e Steven E. De Souza, venne più volte cambiata durante le riprese. E fu proprio questo il segreto del successo di Die Hard: lasciando ampio spazio all’ottimo cast, il copione accettava l’inserimento delle battute e delle gesta improvvisate dai protagonisti, a cominciare da Willis e Rickman, che fornirono parte del materiale più brillante presente nei dialoghi e nelle scene.

Bruce Willis ha sempre raccontato che John McClane è stato il suo preferito fra tutti i personaggi a cui ha dato vita nel corso di una lunga e prolifica carriera, e il fatto che la sceneggiatura fosse anche in parte sua lo rende perfettamente plausibile: nonostante la fatica fisica, l’attore non si è mai divertito tanto come nella saga di Die Hard.

Willis ha anche frequentemente ricordato che, mentre si preparava al ruolo affiancando dei veri poliziotti, scoprì il loro senso dell’umorismo dark, molto simile a quello usato da McClane nel film. Paradossalmente, una parte della critica sostenne che il personaggi di John non era credibile proprio perché nella realtà i poliziotti non scherzano così…

Fu lo stesso Willis a proporre al regista di ingaggiare Bonnie Bedelia per il ruolo di Holly dopo averla vista nel film Dragster: vivere a 300 all’ora ed essere rimasto affascinato dalla sua performance, perfetta per interpretare la moglie “fredda e distaccata” di McClane. Ma pronta a mostrare carattere.

Tanti, tantissimi aneddoti dal set


Gli aneddoti su questo film, che si studia nelle Scuole di Cinema di tutto il mondo, sono praticamente infiniti.

Alan Rickman si lesionò un ginocchio durante il primo giorno di riprese. Il medico gli disse che doveva usare le stampelle per stare in piedi e non appoggiare il peso sulla gamba ferita. In gran parte delle prime scene in cui è Hans è in piedi, il suo interprete sta in realtà in equilibrio su una gamba sola, con una protesi che simula anche l’altra in appoggio.

Il celebre “Yippee-ki-yay, motherfucker!” di John ricorre nell’intera saga, in tutti e cinque i film con John McClane, ed è diventata una delle frasi più celebri di tutti i tempi pronunciata in un film.

La sceneggiatura è ispirata al romanzo Nothing Lasts Forever, i cui diritti erano stati precedentemente acquisiti da Clint Eastwood, che voleva trarne un film all’inizio degli anni ’80. Poi, preso da altri progetti, rinunciò e passò i diritti alla Fox.

Il direttore della fotografia era Jan De Bont, futuro regista di Speed e Twister. Mentre lavorava sul set di Trappola di cristallo rimase chiuso in un ascensore. Fu in quel momento che gli venne l’idea della scena iniziale di Speed.

Il capo di Holly, ricco uomo d’affari giapponese, interessava moltissimo a George Takei, l’amato signor Sulu di Star Trek. Il regista era entusiasta ma alla fine l’ingaggiò non andò a buon fine per via della confusione fatta dall’agente di Takei che, non contento di non aver potuto partecipare al film, lo licenziò in tronco.

Il ruolo del protagonista venne offerto, prima di Bruce Willis, a una schiera di attori all’epoca ben più popolari.

Mel Gibson, Harrison Ford, Robert De Niro, Sylvester Stallone, Richard Gere, Clint Eastwood e Burt Reynolds sono solo alcuni degli interpreti che rifiutarono il ruolo. Per fortuna di Bruce Willis, che divenne una star proprio grazie a questo film.

Ma non lo era, all’inizio: sui primi poster promozionali di Die Hard troneggiava esclusivamente il Nakatomi Plaza, senza Bruce Willis. Dopo i primi entusiastici riscontri ai botteghini, venne distribuita la locandina in cui compariva anche il volto di Willis.

Che oggi, col senno di poi, risulta essere l’unico, il solo e il sempre perfetto John McClane dei nostri cuori.