Chi sono i Thunderbolts?

Scopri l'evoluzione dei Thunderbolts, da squadra di antieroi nei fumetti Marvel al loro esordio cinematografico nel film in uscita il 30 aprile 2025.​

Chi sono i Thunderbolts

Scordatevi l’eroismo da copertina: il 30 aprile 2025 nei cinema italiani debutta Thunderbolts*, ultimo tassello della Fase Cinque Marvel e banco di prova per un MCU deciso a rilanciare la formula del “team imperfetto”. Alla regia c’è Jake Schreier, con il produttore Kevin Feige a ribadire che l’obiettivo è «dare a ogni personaggio un punto di partenza fresco» persino al veterano Bucky Barnes, in giro dal 2011. Il risultato? Un cast corale che raduna Yelena Belova, Il Soldato d’Inverno, Guardiano Rosso, U.S.Agent, Taskmaster, Ghost e, a sorpresa, Sentry (Bob Reynolds) – antieroi che, fumettisticamente parlando, raramente hanno condiviso la stessa pagina, ora costretti a cooperare sotto l’occhio vigile (e manipolatore) di Valentina Allegra de Fontaine.

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Se i Thunderbolts cartacei nacquero nel 1997 come colpo di scena orchestrato dal Barone Zemo, la pellicola punta invece su un filo rosso tematico: redenzione difficilissima e morale grigia, senza perdere l’ironia tagliente che contraddistingue gli outsider Marvel. Per il pubblico occasionale il film promette un action indipendente, ma chi segue i fumetti coglierà riferimenti a run storiche e divergenze sostanziali (a cominciare dall’assenza di Zemo e dall’inserimento di un personaggio cosmico come Sentry). In breve, l’MCU riaccende i riflettori su figure ruvide e fallibili, pronte a dimostrare che la salvezza del mondo non è prerogativa dei “buoni per contratto”.

Panoramica del Team Cinematografico – Chi Sono i Thunderbolts dell’MCU?

Nella lunga storia Marvel, i Thunderbolts hanno cambiato pelle più volte: dalla famigerata formazione del Barone Zemo del 1997 alle versioni guidate da Norman Osborn durante Dark Reign o da Hulk Rosso “Thunderbolt” Ross, ciascuna incarnazione ha piegato l’idea di “squadra di antieroi” alle necessità del momento . Sul grande schermo, invece, la Marvel sceglie di ripartire da un gruppo che il pubblico conosce già, incastrando tasselli provenienti da film e serie recenti.

L’ago della bussola è Yelena Belova, interpretata da Florence Pugh: ex assassina Red Room e sorella putativa di Natasha, la “seconda Vedova Nera” approda al comando sul campo grazie a quell’ironia pungente che le permette di tenere insieme personalità altrimenti inconciliabili . Di fianco a lei ritroviamo Bucky Barnes, il Soldato d’Inverno di Sebastian Stan: veterano segnato dai lavaggi cerebrali dell’HYDRA, ossessionato dall’idea di un riscatto che continui a sfuggirgli . A spezzare il tono plumbeo interviene l’esuberanza sovietica di Alexei Shostakov, il Guardiano Rosso di David Harbour, convinto di essere ancora l’equivalente russo di Capitan America nonostante il costume un po’ troppo stretto .

La linea dura arriva con John Walker / U.S.Agent: Wyatt Russell incarna un super-soldato che ha imparato a colpire prima di chiedere permesso, bruciato dall’occasione mancata di sostituire Steve Rogers e disposto a tutto per dimostrare di meritare un’altra medaglia . Sul versante tecnico spicca Antonia Dreykov, la Taskmaster interpretata da Olga Kurylenko, capace di replicare in tempo reale le mosse degli Avengers e ora finalmente libera dal controllo paterno . L’elemento più etereo — in tutti i sensi — è Ava Starr / Ghost: Hannah John-Kamen ritorna con i suoi poteri di “fase shift”, utilissimi per infiltrazioni ma causa di un isolamento emotivo che la rende un’incognita continua . Chiude il cerchio la vera mina vagante, Robert “Bob” Reynolds / Sentry: Lewis Pullman porta nella squadra un uomo che racchiude “l’energia di un milione di soli esplodenti” e, al suo interno, l’ombra distruttiva di The Void — un potere tanto enorme quanto instabile .

Chi sono i Thunderbolts?

Sullo sfondo agisce Valentina Allegra de Fontaine (Julia Louis-Dreyfus), regista occulta che recluta gli emarginati dell’MCU non per idealismo, ma per una realpolitik spietata che sostituisce la bussola morale degli Avengers con l’opportunismo dell’intelligence.

In queste righe abbiamo osservato i personaggi esclusivamente per come appaiono nel Marvel Cinematic Universe: volti, motivazioni e fratture emotive che il pubblico incontrerà in sala. Nel prossimo paragrafo entreremo invece nelle loro radici fumettistiche, ripercorrendo le tappe editoriali che li hanno resi, ciascuno a modo suo, perfetti candidati per una squadra dove la “redenzione” è sempre una parola provvisoria.

Schede flash – le origini fumettistiche in un’unica inquadratura

Dalla Red Room di Yelena Belova, prima comparsa nel 1998 e oggi ribattezzata White Widow, al cammino tormentato di Bucky Barnes, ex eroe caduto e poi ricondizionato come Winter Soldier, il nucleo dei Thunderbolts affonda le radici in storie di condizionamento e riscatto. A riportare nell’equazione un diverso sentore di Guerra Fredda c’è Alexei Shostakov, collaudatore sovietico promosso Red Guardian, mentre l’ambiguità più spiccatamente USA si incarna in John Walker, lo U.S.Agent plasmato per impersonare la forza a stelle e strisce ma pronto a piegare le regole quando la missione lo esige. Il talento mimetico irrompe con Antonia Dreykov, la Taskmaster che replica qualunque stile di combattimento, mentre la tragicità più intima veste il volto di Ava Starr, Ghost phasica che oscilla fra dolore cronico e bisogno di controllo quantico. E quando Robert “Bob” Reynolds, il Sentry dal potere pari a “un milione di soli esplodenti”, porta con sé l’ombra distruttiva del Void, il quadro si completa: un insieme eterogeneo di vite segnate dal tentativo di dominare – o sfuggire – all’arma che le definisce.

Se la carta racconta ascesite, cadute e rinascite incessanti, il film sembra puntare proprio su quel bagaglio di colpe e seconde possibilità: le anteprime mostrate al CinemaCon rivelano che Valentina Allegra de Fontaine non ha riunito il gruppo per formare un super-team, bensì per mandarli l’uno contro l’altro e testare un’arma vivente come Sentry; l’esplosivo primo incontro – un trasporto blindato che degenera in sparatoria e tradimenti – conferma che la fiducia è merce rarissima tra questi compagni di cella improvvisati. L’aspettativa, quindi, è quella di assistere a un film dove la minaccia esterna (la forza cosmica del Void) si intreccia con guerre intestine, con il rischio concreto che uno di loro – forse la stessa Taskmaster – non arrivi ai titoli di coda. E, stando alle parole del regista, lo scontro finale lascerà aperto il destino di Sentry per i prossimi Avengers, suggerendo che le scelte morali dei Thunderbolts peseranno sull’intero MCU.

Un’occasione (per ora) mancata: i Thunderbolts di Norman Osborn

Fra le molte incarnazioni del team, quella guidata da Norman Osborn resta la più cinematografica che i fan possano immaginare. Durante Civil War (2006) – l’evento in cui l’Atto di Registrazione Spandex spacca la comunità super-eroistica – il governo affida la caccia ai vigilanti ribelli proprio ai Thunderbolts, ora diretti da un Osborn ancora “riabilitato” agli occhi dell’opinione pubblica. I numeri #103-106 della serie (Thunderbolts 2006) mostrano ex-criminali come Moonstone, Radioactive Man e Swordsman braccare Capitan America per conto della legge, mentre il loro nuovo leader tesse la sua rete di ambizioni politiche.

Chi sono i Thunderbolts?

Quella svolta, applauditissima perché incastonava l’idea di “villain per contratto” nel contesto sociale della Civil War, si sarebbe tradotta perfettamente sul grande schermo: immaginate un Green Goblin in giacca e cravatta che manipola l’opinione pubblica e tiene a bada un manipolo di psicopatici sotto bandiera governativa. In più, il passaggio naturale da questi Thunderbolts alla successiva era Dark Reign – quando Osborn sostituisce gli Avengers con la sua squadra di “Eroi in Vendita” – avrebbe offerto un arco narrativo coeso e politicamente pungente.

Per ora il MCU ha scelto una via diversa, ma conoscere questa parentesi cartacea aiuta a capire quanto il marchio Thunderbolts, nato come colpo di scena e poi evoluto in commento satirico sul potere, resti un laboratorio narrativo ideale per esplorare i compromessi fra sicurezza nazionale, manipolazione mediatica e redenzione forzata. Se l’attuale line-up cinematografica dovesse funzionare, chissà che un giorno non vedremo anche Osborn salire sul palcoscenico, pronto a farci chiedere di nuovo: sono davvero i cattivi a indossare la maschera… o chi gli dà il mandato?

 

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