10 anni di The Evil Within. Cosa resta dell'horror 2.0 di Mikami

The Evil Within aveva il compito di riportare terrore nel genere horror. Cosa resta oggi del ritorno di Shinji Mikami?

di Domenico Colantuono

Dopo 16 anni di lavoro in Capcom, durante i quali ha dato i natali alla saga horror per eccellenza che ha definito il genere, Resident Evil, Shinji Mikami nel 2007 lascia Capcom, per avere una breve parentesi presso PlatinumGames, all’epoca Seeds Inc, con il quale porterà alla creazione di Vanquish, per dare vita alla sua casa di sviluppo Tango Games.

The Evil Within è il primo gioco sviluppato da Tango Games e rappresenta per Shinji Mikami una sorta di ritorno alle origini sia sul piano lavorativo che creativo, poiché 5 anni dopo la pubblicazione di Resident Evil 4, ritorna a lavorare su qualcosa che appartiene al genere horror.

Ripercorriamo insieme cosa ha rappresentato The Evil Within e il suo sviluppo anomalo.


Project Zewi e la voglia di riscattare il genere horror
La storia di Sebastian Castellanos e Ruvik
Un design con tanto, troppo, sangue
Un Gameplay a metà tra action e survival
Cosa resta oggi di The Evil Within


Project Zewi e la voglia di riscattare il genere horror


Nelle sue interviste Shinji Mikami ha sempre sottolineato che dopo Resident Evil 4, il suo rapporto con il genere horror si era chiuso, tant’è che quando ha creato Tango Games, la sua idea era quella di focalizzarsi su altri generi.

Tuttavia, il fatto che all’alba del 2010 il genere che aveva contribuito a creare si era totalmente allontanato dalle basi “survival” che egli aveva posto per prendere una strada più vicina al genere action, lo ha spinto a pensare a un titolo che portasse tutto in ordine.

Così nella prima metà del 2010, in Tango Games viene aperto il Progetto Zwei, il quale inizialmente prevedeva la presenza di due personaggi giocabili, un uomo e una donna connessi da un qualcosa di oscuro e all’inseguimento di un vampiro. I due personaggi sarebbero potuti essere comandati da un singolo giocatore oppure da due giocatori, sul modello di Resident Evil 5.


Nonostante le buone idee di base e delle dichiarazioni da parte di Mikami e Bethesda che puntavano sul fatto che il game designer avesse “ritrovato la propria concentrazione ed era pronto a creare qualcosa di puramente horror”, l’idea iniziale venne ben presto cambiata portando, modifica dopo modifica al gioco poi annunciato nel 2013: The Evil Within.

La storia di Sebastian Castellanos e Ruvik

The Evil Within ci mette nei panni del detective Sebastian Castellanos, il quale un giorno si trova a investigare su un omicidio di massa avvenuto al Beacon Mental Hospital di Krimson City.
Una volta lì, Castellanos viene preso alle spalle e sedato, per poi risvegliarsi in una sorta di mattatoio dal quale riesce a scappare e riunirsi coi suoi colleghi Joseph Oda e Juli Kidman.

I tre notano sin da subito che qualcosa sta andando terribilmente storto, dato che la città è tempestata da terremoti anomali che distruggono strade e palazzi e le persone sono come possedute da qualcosa che scatena in loro una forte furia omicida.

Lungo il suo percorso verso il faro della città, che sembra nascondere la chiave di cosa sta accadendo, Sebastian incontra uno dei dottori del Beacon, Marcelo Jimenez, e uno dei pazienti della struttura, Leslie Withers. 
Jimenez svela a Castellanos che l’uomo incappucciato che lo sta inseguendo è Ruvik. 
Nato come Ruben Victoriano, Ruvik era l’ultimo figlio della famiglia Victoriano.

Ruvik era un giovane brillante che un giorno è, con la sorella, vittima di una vendetta dei contadini della zona contro la famiglia Victoriano. La sorella viene uccisa e il corpo di Ruvik viene segnato a vita dalle ustioni.

Colmo di odio e rabbia, Ruvik uccide i suoi genitori e costruisce lo STEM; un macchinario attraverso il quale Ruvik può connettere più menti e creare una realtà alternativa dove può rivivere il passato con sua sorella. 

La scoperta di Ruvik attira l’attenzione della Mobius, un’organizzazione segreta che punta a usare il macchinario per i suoi oscuri fini. 
Scoperto il tradimento, Ruvik calibra lo STEM in modo che questo possa funzionare solo con il suo cervello.

La cosa porta la Mobiusa uccidere Ruvik ed estrarre il suo cervello per permettere al macchinario di funzionare. Tuttavia, il passato e la rabbia del ragazzo influenzano negativamente il macchinario creando un mondo in decadenza, dove chiunque sia connesso a esso viene travolto e trasformato dalla rabbia di Ruvik.

La Mobius si mette allora alla ricerca di una mente più stabile e facilmente controllabile, la quale viene individuata in Leslie. Anche Ruvik è però alla ricerca di Leslie poiché ha individuato nel ragazzo un soggetto in grado di reggere la sua psiche e che può permettergli di uscire dallo STEM.

Conscio di ciò, Castellanos cerca di proteggere Leslie dalle minacce sia della MOBIUS che dagli orrori creati dalla mente di Ruvik, dando il via a una serie di eventi che porterà a un finale pieno di colpi di scena e punti interrogativi.

Un design con tanto, troppo, sangue

The Evil Within è un gioco cross-gen e la cosa si intuisce sin da subito dal comparto tecnico del gioco, che, seppur essendo di buon livello, sente i 10 anni passati.
Questo perché, diversamente dai giochi nati per PlayStation 4 e Xbox One che riescono a mantenere un buon livello grafico anche oggi, la maggior parte dello sviluppo di The Evil Within è focalizzato sulle versioni PlayStation 3 e Xbox 360, essendo lo sviluppo iniziato nel 2010.

Tuttavia, il titolo di Tango Games riesce a offrire un buon colpo d’occhio dei vari personaggi, ai quali un’aggiunta di poligoni non farebbe male, e copre per bene le texture delle ambientazioni non proprio ottimali attraverso un ampio uso di sangue, budella e oscurità.

Per quanto riguarda il design nudo e crudo, The Evil Within vive, a mio parere, di una doppia anima.
Alla sua uscita in tanti notarono i tanti più che ovvi riferimenti a Resident Evil 4, che per carità non è un male essendo questo un ottimo gioco, tuttavia il continuo riferimento all’avventura di Leon, vecchia di quasi un decennio, ha fatto sì che The Evil Within perdesse parte della sua anima, risultando la copia di un qualcosa di già visto.

Al contempo, guardato con gli occhi di oggi e alla luce dei vari remake di Resident Evil 2, 3 e 4, di Silent Hill 2 e Dead Space, The Evil Within sembra essere quasi ritornato a essere contemporaneo e riappropriarsi di una forte identità.

Così, antagonisti come il Custode, con la sua cassaforte al posto della testa, il suo martellone gigante e sacco pieno di teste mozzate, Laura, che ci insegue muovendosi come un ragno ed emettendo urla inumane, o L’Amalgam Alpha, mostro formato da una moltitudine di cadaveri, risultano molto più moderni oggi che all’uscita del gioco.

Un Gameplay a metà tra action e survival

Pad alla mano The Evil Within diverte, tuttavia è impossibile non notare anche nel gameplay una forte somiglianza con Resident Evil 4, con l’aggiunta però di una forte componente stealth che distacca il gioco di Tango Games da quello di Capcom.

La centralità delle fasi stealth è dettata dal fatto che, come scritto all’inizio, Mikami voleva che il suo titolo mostrasse un nuovo modo di fare horror; di conseguenza decise di inserire ambientazioni claustrofobiche, scarsità di munizioni e nemici resistenti ai colpi. L’insieme delle scelte funziona e riesce a creare un feeling di perenne pericolo nel giocatore, il quale dev bilanciare ogni singolo colpo sparato, optando nella maggior parte delle volte per un approccio furtivo.

Il gioco non è totalmente sadico e permette di potenziare le statistiche e le armi di Castellanos tramite il liquido verde rilasciato dai nemici o che si trova in giro per la mappa di gioco; tale elemento spinge il giocatore all’esplorazione delle varie aree nonostante il rischio di inciampare in una zona con nemici di troppo, dando quindi una bella spinta al gameplay.

Per quanto riguarda la narrazione degli eventi, la formula usata da Mikami è quella appartenente alla saga di Resident Evil, con gli elementi lineari della trama raccontati tramite cut-scene, mentre altri elementi precedenti ai fatti di gioco o paralleli a questi sono raccontati tramite documenti sparsi in giro per la mappa di gioco.

Cosa resta oggi di The Evil Within

A 10 anni dalla pubblicazione di The Evil Within resta principalmente l’impressione che il ritorno all’horror di Shinji Mikami sia stata una grande occasione persa.
Le motivazioni che hanno spinto il game designer a riavvicinarsi al genere erano più che giuste; gli anni che hanno precedeuto il 2010 hanno visto una forte virata dei giochi horror verso tinte più action.

Tra i migliori giochi horror nel periodo tra il 2007 e 2009 troviamo Obscure 2, Alone in the Dark, Silent Hill Homecoming, Resident Evil 5 e FEAR 2, giochi che a prescindere dalla qualità espressa puntavano su elementi che poco avevano a che fare con l’orrore, di conseguenza l’annuncio di Mikami di voler riportare “equilibrio nella forza” aveva posto forti aspettative.

Il problema è che nel creare The Evil Within Tango Games e Mikami hanno forse guardato troppo al passato, perdendo di vista che il genere horror si stava semplicemente spostando su altri binari, cercando nuove formule per instillare terrore.
Così, mentre The Evil Within guardava a Resident Evil 4, il genere poneva nuove basi sia sul piano del gioco, con Amnesia, Metro 2033, Dead island e Outlast, sia sul piano della narrazione, con The Last Of Us.

Il risultato finale è stato che alla sua uscita The Evil Within è arrivato sul mercato con l’enorme responsabilità di rilanciare il genere horror, che però negli anni aveva trovato nuove ispirazioni e proponeva giochi come Alien Isolation, P.T., Soma e Until Dawn, con la conseguenza finale che The Evil Within puzzava di vecchio sin dalla nascita.

L’enorme problema di fondo è che nella valutazione generale, The Evil Within è un ottimo gioco, e la cosa lascia un forte amaro in bocca, soprattutto alla vista di cosa è accaduto poi con il secondo capitolo della saga.
Mikami ha lasciato il controllo dello sviluppo di The Evil Within 2 a John Johanas, con la conseguenza che il titolo è riuscito a brillare di luce propria, togliendosi di dosso quei continui riferimenti a un passato glorioso mai appartenutogli.

Tuttavia, proprio quando le cose sembravano andare per il meglio, Tango Games ha pubblicato Ghostwire Tokyo, il quale inizialmente sarebbe dovuto essere il terzo capitolo di The Evil Within, Microsoft ha chiuso lo studio, Mikami sembra essersi ritirato e il promettente Johanas è ancora fuori dall’industria.

Il tutto ha distrutto le speranze dei fan di The Evil Within che speravano nel terzo capitolo per la consacrazione finale del brand.