8 Giochi così brutti da fare il giro e diventare belli

Battute datate, grafica scadente, dialoghi lasciati a metà e concept fuori di testa. Eppure questi 8 giochi sono ancora in gradi di regalare ore di sano divertimento

8 Giochi così brutti da fare il giro e diventare belli

L’industria dei videogiochi è stata in grado di regalarci una serie di titoli capaci di restare scalfiti nella nostra mente come le avventure di Joel ed Ellie, Snake nella sua lotta contro i Patriots, John Marston che guadagna tempo per salvare la sua famiglia e tanti altri momenti che riescono a darci la pelle d’oca solo pensandoci.

Tuttavia, la vita dei videogiocatori è crudele e per ogni capolavoro esistono almeno 50 giochi che, purtroppo, inducono a sensazioni totalmente opposte.

Tuttavia, in questo mare di ciofeche D.O.V (Di Origine Videoludica) possiamo trovare una sottocategoria di giochi scientificamente chiamati Giochi talmente brutti da fare il giro e diventare belli.

Dimenticatevi quindi storie strappalacrime, grafiche mozzafiato e gameplay adrenalinici e preparatevi a una bella scorpacciata di giochi brutti, ma veramente tanto, che però tutti avete giocato o ne avete sentito parlare e che, sotto sotto, sono rimasti nel cuore di qualcuno di voi.


Pepsiman

8 Giochi così brutti da fare il giro e diventare belli

Nel 2015 la rivista Retro Gamer lo ha inserito al 18esimo posto della lista dei “20 migliori giochi per PlayStation 1 che non avete mai giocato”  e nel 2013 Justin Amirkhani di Complex lo ha inserito nella lista dei giochi promozionali che non fanno schifo; che premesse!

Con il suo giro di basso e il record di numero di loghi mostrati per secondo, Pepsiman è il primo titolo di questa bizzarra lista.
Basato sulla mascotte che Pepsi ha creato per il mercato giapponese, Pepsiman è stato sviluppato da KID e rilasciato nel 1999 e ci mette nei panni dell’omonima mascotte che corre in giro per salvare le persone dalla disidratazione dandogli delle lattine di Pepsi.

Il gioco non varcò mai, ufficialmente, i confini del Giappone, tuttavia era facilmente acquistabile ai vari mercatini grazie ai miracoli della pirateria che hanno permesso a tantissimi giocatori di mettere le mani su questo capolavoro.

Ride to Hell Retribution

8 Giochi così brutti da fare il giro e diventare belli

Grafica di bassa qualità, doppiaggio scadente, Intelligenza Artificiale non pervenuta, Quick time event ogni 3 secondi, scene di sesso con i personaggi che indossano ancora i pantaloni e donne usate come semplici oggetti.

Se tutto ciò non vi basta, ecco la ciliegina sulla torta: la somma delle recensioni su Metacritic per le versioni Xbox 360, PC e PlayStation 3 è un bellissimo 48; sì, la somma.

In realtà Ride To Hell Retribution sarebbe dovuto essere ben altro: Un open world a bordo di una Harley Davidson dove avremmo potuto divertirci a fare a botte con poliziotti e membri di gang di motociclisti. Insomma, una sorta di Days Gone prima che arrivassero gli zombie.


La realtà ci ha però donato un gioco lineare, dove le sezioni in moto sono abbastanza deprimenti e il gameplay è più basico delle collezioni di H&M.
Eppure, se amate i videogiochi, Ride To Hell è un must del trash: saltate in sella alla vostra moto, che non è manco più una Harley, scommettete la vostra donna (perché la casa è superata) e fate sesso senza alcun senso con ragazze random con ancora il posto pantalone di pelle addosso.


Van Helsing

8 Giochi così brutti da fare il giro e diventare belli

Personalmente non posso parlare male di Van Helsing poiché da ragazzino ho amato sia il film che il videogioco, poi in età adulta ho rimesso le mani su entrambi e ho provato imbarazzo per me stesso.

Il gioco di Van Helsing ripercorre pari pari gli avvenimenti del film di Stephen Sommers, con tanto di Hugh Jackman nei panni del personaggio principale, portandoci in giro per l’Europa ad affrontare i vari Mr.Hyde, Frankstein e Dracula.

Van Helsing presenta una serie di criticità come la camera fissa che è gestita veramente male, l’intelligenza artificiale dei nemici che potremmo definire “stupidità artificiale” e il suo voler forzatamente copiare Devil May Cry.
Dall’altro lato quando vi ricapita l’occasione di ammazzare vampiri, licantropi e mostruosità varie nei panni di Hugh Jackman? E sì, questa è l’unica motivazione che vi d per giocarlo: basta e avanza.

Deadly Premonition

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Deadly Premonition è forse il gioco che meglio rappresenta l’essenza del gioco che nasce come brutto per fare poi un lungo giro e diventare un cult; cosa testimoniata anche dal record dei primati che  il gioco di Rising Star ha vinto per aver letteralmente diviso la critica, beccandosi o voti altissimi o voti bassissimi, nessuna via di mezzo. 
P.S. Il nostro Luca Gambino gli ha dato 7/10 all’epoca.

Deadly Premonition è un’accozzaglia di cose. L’ispirazione maggiore è chiaramente Twin Peaks - anche se parlare di ispirazione è riduttivo dato che in certi momenti il gioco sembra essere un copia incolla dell’opera di Lynch - e la cosa gli dà un enorme spessore sul piano della narrativa. Il problema è tutto il resto. Graficamente il gioco è datato, sul piano del gameplay sembra di avere tra le mani una brutta copia di Resident Evil 4 e GTA 4 - con tanto di gare automobilistiche - e l’attenzione ai dettagli è veramente bassa.

Eppure al netto di tutto, Deadly Premonition è riuscito a ritagliarsi una sua fetta di fan che hanno fatto del gioco un cult, tanto da indicarlo come antenato di Alan Wake e spingere Rising Star a dare vita a un sequel.


BloodRayne

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Vampiri, nazisti, mostri ed esoterismo. Non vi basta? La rivista Play Generation classificò Rayne, il protagonista principale di BloodRayne, come terzo personaggio meno vestito dei videogiochi usciti su PlayStation 2. 
Game. Set. Match.

Sviluppato in 2 anni e con un budget di tutto rispetto, tra i 6 e i 7 milioni di dollari, BloodRayne ci mette nei panni di una vampira vestita di pelle e latex, che armata di lame e armi da fuoco varie deve dare la caccia a un’organizzazione nazista dedita all’esoterismo conosciuta come Gegen Geist Group. 
BloodRayne, in realtà non è nemmeno un brutto gioco. A parte i movimenti del protagonista principale e l’IA che si può tradurre in “i nemici si lanciano verso di te senza nemmeno provare a ucciderti” e il fatto che ci sono numerosi glitch che fanno fare la break dance ai nemici appena colpiti, il gioco ha un buon gameplay e delle meccaniche divertenti.

La vera pecca di BloodRayne è nel suo personaggio principale. La buona e cara Rayne non è stata eletta terzo personaggio meno vestito per caso. 
Terminal Reality ha apertamente affermato di aver creato il personaggio di Rayne con l’obiettivo di attirare gli uomini tra i 17 e i 34 anni: ecco quindi che la videocamera si sofferma molto sul seno della protagonista, quando succhia il sangue dei suoi nemici emette suoni che ricordano altro e non disdegna di regalare agli spettatori una serie di mosse che Stellar Blade vattene proprio.

Inutile dire che a suo tempo l’ho finito svariate volte di file e mi sono fiondato a comprare il sequel BloodRayne 2.

Darkest of days

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Uno degli achievement di questo gioco consiste nel dare un pugno in faccia a un cavallo. Punto.

Darkest of the days ci mette nei panni di un soldato proveniente dal futuro che si trova a viaggiare indietro nel tempo per rivivere e sistemare alcune grandi battaglie del passato come le guerre tra americani e nativi, la guerra civile statunitense, le due guerre mondiali e anche episodi appartenenti all’Antica Roma, con una ricostruzione di Pompei quasi maniacale.

Darkest of the day è un gioco capace di offrire sensazioni contrastanti; da una parte vi è una forte attenzione ai vari contesti storici, dall’altra vi è una quasi totale assenza di attenzione verso la realizzazione tecnica, con tantissimi bug che affliggono il gioco a causa dei tantissimi elementi su schermo.

Potendolo definire un antenato del tanto acclamato e atteso Kingsmakers, Darkest of days punta a essere tamarro e ci riesce in un modo semplicissimo; invitando i giocatori ad ammazzare poveri soldati del passato con delle armi futuristiche
Ti piace vincere facile?

Duke Nukem Forever

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Ci sono voluti 14 anni e 43 giorni di sviluppo per poter mettere le mani su Duke Nukem Forever, cosa che gli è valso anche il Guiness World record per lo sviluppo più lungo per un videogioco.
E i 14 anni di sviluppo il Duca se li è portati veramente tutti sul groppone.

Alla sua pubblicazione, il gioco sembrava provenire da un’altra epoca e non offriva quasi nessun aggiornamento rispetto al meglio riuscito Duke Nukem 3D, anzi il gioco tendeva ancora a basarsi su battute volgari, parolacce buttate qua e la e donne poco vestite che appaiono ogni minuto sullo schermo; roba che manco un cinepanettone.

Però c’è un motivo se i cinepanettoni hanno avuto tanto successo: scene imbarazzanti e battutine senza alcun senso.
E potremmo dire lo stesso di Duke Nukem Forever. Se si riesce a chiudere un occhio sulla grafica datata e sul misoginismo forzato, Duke Nukem forever è uno sparatutto divertente, con una serie di buoni momenti come ricaricare la barra dell’ego del Duca, lo scaricare caricatori interi sui boss e lanciare escrementi sui nemici.

50 Cent: Blood On The Sand

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50 Cent e la G-Unit sono ingaggiati per un concerto in un paese del Medio Oriente e alla fine di questo vengono pagati con un teschio umano tempestato di diamanti e gemme. Il teschio viene però rubato da un gruppo terrorista e 50 Cent e la sua band decidono di riprenderselo a ogni costo e durante lo scontro coi terroristi scoprono che in realtà la situazione è ben più pericolosa, così 50 Cent finisce per salvare il mondo.

Questa semplice descrizione dovebbe bastare a convincervi ad acquistare una copia di 50 Cent: Blood On The Sand, sequel di 50 Cent: Bulletproof e ultimo titolo dedicato a uno dei rapper più famosi dei primi 2000.

50 Cent: Blood On The Sand non è un brutto gioco: al netto di una serie di dialoghi che si riducono a persone con l’accento arabo che offendono 50 Cent e lui che risponde con parolacce varie, il gioco è godibile graficamente e a livello di gameplay ricorda tanto i primi Gears Of War, inoltre il gioco può essere giocato in co-op e la cosa non fa altro che aumentare il divertimento nello smitragliare a destra e sinistra con 50 Cent e la sua band.

Ciliegina sulla torta è che il gioco alle volte può essere troppo stravagante poiché lo sviluppo è stato pesantemente influenzato dal figlio di 50 Cent, che all’epoca aveva 12 anni, e chiedeva agli sviluppatori di aggiungere cose random come elicotteri, lanciarazzi, fuoristrada e armi più grosse.

Bello de papà.