Bodycount

di Luca Gambino
La prima volta che abbiamo parlato di Bodycount é stata nel corso della puntata 29 del nostro podcast OndaLudica. Dopo averlo visto e toccato con mano in quel di Los Angeles il nostro Ferdinando Saggese lo definì come un gioco "rotto". Un aggettivo curioso per un videogioco che però spiega più di mille parole la condizione del titolo Codemasters. Difficile infatti non avvisare uno stato di "scollamento" tra le intenzioni concettuali di Bodycount e quanto effettivamente messo sul campo. Eppure le premesse della produzione, frutto dello studio di Guilford di Codemasters, erano piuttosto basiche.



Si puntava tutto sulla semplicità. Le intenzioni erano quelle di offrire uno sparatutto senza troppe pretese concettuali, che puntasse tutto sull'azione frenetica concedendo il minimo sindacale al versante narrativo che, per la cronaca, vede contrapporsi su campi di battaglia in Africa e Asia due agenzie (Target e Network ) chiamate rispettivamente a conquistare e salvare il mondo. Ovviamente il vostro compito é quello di rompere le uova nel paniere alla Target e per far questo la vostra agenzia vi spedisce (da soli) nel vivo dell'azione. Un incipit narrativo ovviamente di bassa lega che ha però il solo scopo di "accendere la miccia" e lasciare poi il meglio nelle vostre capienti mani.

Il problema però arriva una volta scesi realmente sul campo di gioco perché é proprio lì che si avvisa quello "scollamento" di cui abbiamo parlato qualche riga più su. Una volta in battaglia, infatti, ci troveremo davanti un titolo che quasi prende le distanze da quanto si era prefisso. Se avete davanti agli occhi i movimenti felini e le esecuzioni "creative" di un titolo come Bulletstorm pensate a Bodycount come una versione noiosa e in slow motion del titolo Epic. Lento, noioso. Rotto.

Un parco armi insolitamente misero per un gioco che, al contrario, dovrebbe fare degli scontri a fuoco il suo cavallo di battaglia, una velocità di gioco non certo frenetica, un'intelligenza artificiale avversaria del tutto inesistente (d'accordo é insito nel genere ma qui davvero si esagera) e un level design piatto e poco intrigante. Ecco gli ingredienti del poco invitante piatto proposto da Codemasters e poco incide il sistema di copertura inserito che a onor del vero riesce a fare il proprio dovere, pur risultando piuttosto basico nelle meccaniche (Niente a che vedere con quello di F3AR, per intenderci).
Due le armi concesse al nostro personaggio, da scegliere tra le poche messe a disposizione all'interno di speciali torrette raggiungibili in alcune parti della mappa.





Purtroppo sarà impossibile rubare le armi dei vostri avversari, mossa questa che probabilmente avrebbe concesso una qualche variante in più ad gameplay che associa al solito spara spara senza ritegno anche alcuni bonus, attivabili dal D-Pad, che consentono per alcuni secondi di godere di privilegi come l'invincibilità, proiettili potenziati e in alcuni frangenti anche di attacchi aerei. L'intelligenza artificiale avversaria é ovviamente in linea con le prerogative del gioco e si distanzia ben poco dallo status di "bersaglio immobile" che sicuramente ben si configura con il genere di riferimento. Per cui se siete alla ricerca di emozioni forti il consiglio é quello di settare il livello di difficoltà a livelli consoni alla vostra skill perché altrimenti il risultato potrebbe essere di una noia mortale.

Come detto in apertura l'azione di gioco di Bodycount si svolge principalmente sul continente africano ed asiatico a cui si devono poi aggiungere diversi livelli all'interno di misteriosi bunker sotterranei della Target. La realizzazione tecnica, nel suo complesso, ci é sembrata piuttosto scarna, con modelli poligonali scarsamente definiti e animati senza troppi fronzoli. Una prova piuttosto scadente per l'EGO, il motore grafico di proprietà della Codemasters che abbiamo visto in situazioni più congeniali in altri titoli (Operation Flashpoint e Dirt, per esempio), che va a sommarsi ad un quadro complessivo già di per sé piuttosto scadente, ma una grafica sottotono non é sicuramente il maggiore dei problemi di Bodycount. Aggiungiamo, per dovere di cronaca, la distruttibilità parziale degli ambienti di gioco, ma dopo Battlefield e compagnia é un qualcosa che fa veramente la differenza? Certo, potrebbe farla se la distruzione dei possibili ripari fosse totale a tutti gli effetti ma dal momento che così non é, anche questo elemento di gameplay rimane un'incompiuto, come molte altre cose relative alla produzione Codemasters.

Quello che ci ha lasciato maggiormente con l'amaro in bocca é un'azione di gioco blanda, fatta da un continuo ping pong che ci porta dal checkpoint A a quello B con motivazioni scadenti (Disattiva la chiave elettronica, apri la porta, ruba i dati dal terminale) che altro non fanno che appiattire un gameplay che dovrebbe fare della varietà e del ritmo il suo vero punto di forza. Invece Bodycount pecca proprio negli scontri a fuoco, puntando più sulla quantità degli scontri (leggasi ripetitività estenuante) piuttosto che sulla qualità e sulla creatività degli stessi. Certo, ogni esecuzione particolare é evidenziata con le classiche scritte di circostanza ma si sente la mancanza di una concatenazione di bonus e moltiplicatori (un pò alla "The Club", ricordate?) che avrebbero fatto solo il bene di uno shooter arcade di questo tipo che, alla prova dei fatti, risulta utile più ai "cacciatori di Achievements" (vista la semplicità con cui si sbloccano), che non a chi sia alla ricerca di un titolo veramente meritevole. Insomma, se cercate un erede spirituale di quel Black che tanto bene fece al genere degli shooter, farete bene a guardare altrove. Bodycount non é roba per voi.