Come ti taglio la tassa sui videogames (ma solo in UK)

Per quanto abbia oramai superato il suo sesto decennio di età (si hanno i primi riscontri addirittura nel 1952), l'argomento “videogioco” é certamente qualcosa di molto moderno ed in costante evoluzione: un'industria che, pur non essendo totalmente immune alla crisi, offre ancora parecchie possibilità di guadagno, sia nel piccolo mercato (il cosiddetto Indie) sia in quello “Grande e Grosso” (titoli AAA). Considerando le possibilità di introito che le software house spesso raggiungono a livello mondiale, alcune nazioni hanno deciso di sovvenzionare l'industria all'interno dei loro confini; é una legge elementare di mercato: produrre qualcosa “in casa” per venderlo “fuori” equivale a incrementare il capitale nelle tasche dei cittadini.

Se un governo intende sovvenzionare un'industria, ha essenzialmente a disposizione due strade: il finanziamento diretto o gli sgravi fiscali. Una delle prime nazioni ad aver applicato la seconda politica é stato certamente il Canada: non é un caso se negli scorsi anni abbiamo assistito alla nascita di diversi studi a Montreal, Toronto, Vancouver. Dal 2006, però, anche il Regno Unito ha deciso di intraprendere la strada degli sgravi fiscali, e nel 2008 é nata la TIGA, l'associazione degli sviluppatori di videogiochi britannici, che ha ventilato la prima proposta concreta.

Come ti taglio la tassa sui videogames (ma solo in UK)
Richard Wilson CEO del TIGA


Nel 2010 la proposta sembrò quasi arenarsi quando il Governo Inglese la etichettò come “mal mirata”; ciò non di meno, la discussione rimase sui tavoli delle trattative e giunse ad una forma definitiva - almeno per gli standard dell'UK - nel 2012, quando il Cancelliere George Osborne la riconobbe come “un investimento sulla gente che lavora” e affermò che “vogliamo portare il Regno Unito al centro dell'Europa tecnologica”. Il provvedimento prevedeva per le Software House Britanniche uno sgravio fiscale del 25% sui guadagni, a patto che questo non superasse l'80% dei costi di produzione: immediata e positiva é stata ovviamente la reazione dei movimenti interessati. Il gruppo UKIE si dichiarò addirittura pronto ad offrire assistenza e supporto alle future nascenti attività nel campo.

Ma a livello di politica ed economia internazionale, tra il dire e il fare c'é di mezzo... l'Unione Europea. Le nazioni aderenti al trattato, infatti, devono sottostare anche alla clausola che controlla e regola i cosiddetti “aiuti di stato” per la salvaguardia della concorrenza nel mercato (una clausola che in Italia conosciamo tristemente bene). Stabilire quando uno sgravio fiscale o un finanziamento pubblico rientrino in “investimento” e quando in “aiuto di stato” nei confronti di un'azienda privata é un problema che a volte può essere molto delicato, sconfinando quasi nella soggettività.

Fu così che lo sgravio fiscale, approvato nel 2012 dal governo Britannico e previsto in esecuzione a partire dal 1 Aprile 2013, venne bloccato dalla Commissione Europea intenta a svolgere “indagini”: l'obiezione posta si basava sul fatto che il mercato non fosse in “evidente pericolo di chiusura” e che si stessero producendo videogiochi anche senza bisogno dell'intervento statale. Mancavano insomma le condizioni necessarie per autorizzare i succitati “aiuti di stato”. “Il mercato dei videogiochi é dinamico e commercialmente promettente - dichiarò all'epoca Joaquin Almunia della commissione per la tutela della concorrenza - Non é chiaro il motivo per cui il fisco dovrebbe agevolare questa attività. Un simile favoritismo potrebbe addirittura danneggiare la concorrenza.”

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Jo Twist, CEO del UKIE


Fortunatamente per gli sviluppatori Britannici, la cosa non si é chiusa qui, ed il Governo ha deciso di giocare la carta “culturale”. Negli ultimi anni si é più volte discusso del fatto se i videogiochi possano o meno essere considerati una forma d'arte e cultura: nel momento in cui questi prodotti sono sviluppati da personale Britannico che parte da idee Britanniche, possono in quest'ottica essere riconosciuti come patrimonio artistico-culturale dell'UK e dunque godere appieno delle sovvenzioni statali acconce”, trattando l'argomento anche nel contesto della “fuga dei cervelli”.

C'é voluto un anno perché la tesi convincesse la Commissione Europea, ma finalmente da Bruxelles é arrivato l'OK... salvo ovviamente l'aver dovuto tracciare le linee guida che stabiliscano senza possibilità di errore cosa sia effettivamente “patrimonio artistico-culturale” e cosa sia invece “produzione commerciale di stampo internazionale”. Non tutte le Software House con sede in UK e non tutti i videogiochi sviluppati dunque potranno godere della sospirata agevolazione, ma solo ciò che risponderà ad un certo numero di requisiti.

L'elenco completo di questi requisiti é stato pubblicato sulle pagine di Develop e lo trovate a QUESTO LINK. In concreto, si tratta di un “Test Culturale” in cui determinati aspetti del gioco e del team di sviluppo sono analizzati e valutati con appositi “punti”: per aver accesso allo sgravio, un prodotto dovrà “totalizzare” 16 punti o più. Per fare un esempio, il progetto guadagna 4 punti se é presente una storia, o comunque una collocazione geografica, che si svolga per almeno il 75% in territorio Britannico; questi punti scendono a 3 se la percentuale é compresa tra il 66% e il 75%, a 2 se va dal 50% al 66% e a 1 per il gap 25%-50% - nessun punto se la trama “passa” per Albione in meno del 25% della sua totalità.

Altri punti sono attribuiti in base al cast, ossia su quanti di questi sono di origine o nazionalità Britannica; altri punti ancora si basano sull'utilizzo della lingua Inglese (e a questo proposito ci si chiede come saranno posti in futuro questi prodotti di fronte ad un mercato estero desideroso di traduzione). Altri punti ancora saranno assegnati in base ai contenuti veri e propri, ossia a seconda di quanto il prodotto “contribuisca alla promozione, allo sviluppo e all'incremento della Cultura Britannica” - un punto piuttosto delicato che speriamo non porti a diatribe e polemiche nel futuro.

Vengono assegnati ulteriori punti in base ai componenti del team di sviluppo, sia considerando la percentuale della forza-lavoro, sia analizzando determinate figure chiave come il capo del progetto, il capo della programmazione, il compositore, l'art-designer. Infine, gli ultimi punti sono assegnati in base a quanta parte dell'aspetto “produttivo” del gioco si svolgerà su territorio Britannico: parliamo sostanzialmente della realizzazione e registrazione della musica, dell'audio e dei doppiaggi, nonché delle produzioni grafiche.

Come ti taglio la tassa sui videogames (ma solo in UK)
Joaquin Almunia della Commissione Europea


Insomma, l'accordo stretto tra il Governo UK e la Commissione Europea é tale da impedire a qualsiasi gruppo estemporaneo di aprire una ragione sociale a Londra e cominciare a sfornare titoli prettamente commerciali realizzati da terzi. Sebbene raggiungere i succitati 16 punti, con la vastità di parametri in esame, non sia assolutamente impossibile, é innegabile che il progetto debba effettivamente presentare una certa impronta Britannica nel concept e/o nella realizzazione. Tanto basta per poter affermare senza tema di essere smentiti che non siamo al cospetto di un “compromesso di comodo” studiato per fare la Commissione Europea “fessa e contenta”, ma di un provvedimento estremamente interessante che ha effettivamente un occhio di riguardo per la componente artistica e culturale (e economica) dell'UK.

“I nostri dubbi iniziali sono stati eliminati - ha infatti dichiarato Almunia - La proposta di aiuto per i videogiochi é effettivamente focalizzata su un piccolo quantitativo di giochi Britannici distinti e culturali che hanno crescenti difficoltà a trovare finanziamenti privati.” Resta ovviamente da scoprire quale impatto effettivo avrà questo provvedimento sulle produzioni Britanniche: le parole di Almunia sembrano infatti strizzare l'occhio al mercato Indie, mentre i progetti iniziali del TIGA, specie considerando ciò che avviene dall'altra parte dell'Atlantico, sembravano puntare a qualcosa di più vasto. Stando ad una prima stima orientativa, circa il 25% dei progetti con sede in UK rispondono ai requisiti fissati, ma sempre secondo il TIGA c'é da aspettarsi un incremento degli investimenti di circa 188 Milioni di Sterline (circa 227 Milioni di €) .

Ad ogni modo, i feedback positivi abbondano: ecco cosa ha dichiarato Jo Twist, CEO del gruppo UKIE, ai microfoni di VG247: “Si tratta di una spinta enorme al settore giochi e interattività dell'UK e l'inizio di una nuova grande era di produzione. Siamo lieti che la Commissione Europea abbia riconosciuto il chiaro declino del mercato per la produzione di giochi con un sapore Britannico ed Europeo.” Twist ha concluso ringraziando le persone e le società che hanno creduto nel progetto e hanno sostenuto il gruppo nella sua lotta.

La nostra domanda, adesso, é: quale sarà la prossima nazione Europea che, seguendo l'esempio del Regno Unito, proporrà simili agevolazioni? E la successiva domanda é questa: l'Italia saprà porsi in prima fila?

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George Osborne, Cancelliere Britannico


Come ti taglio la tassa sui videogames (ma solo in UK)

Come ti taglio la tassa sui videogames (ma solo in UK)

Il Regno Unito convince l'Unione Europea e riesce a varare, un anno dopo quanto previsto dalla tabella di marcia, un provvedimento mirato ad agevolare lo sviluppo di videogiochi all'interno dei suoi confini, a patto che questi rientrino in determinati requisiti artistici, culturali, logistici ed economici. Un esempio da seguire? Solo il futuro ci dirà se sarà proficuo o meno...