Cosplay, che Passione!
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Si é da poco conclusa l'edizione 2016 di Lucca Comics & Games, una fiera che, pur non essendo l'unica, ha il potere di attirare appassionati di ogni genere da tutta Italia e oltre; e tra gli altri ovviamente ci sono anche i Cosplayer. Per l'occasione, Sky Generation HD e WSC hanno affidato al nostro amico Lorenzo “N3rdcore” Fantoni e alla Blogger/YouTuber Violetta Rocks la realizzazione di un documentario sul fenomeno cosplay; in molti probabilmente si sarebbero armati di telecamera e avrebbero atteso l'inizio della Kermesse Toscana per lanciarsi per le piazze intervistando tutti “performer” incrociati, ma i due hanno invece deciso di fare un'opera preventiva andando a visitare tre “mostri sacri” del cosplay Italiano: Leon Chiro, Nadia SK e Giada Robin.
Insieme al loro aiuto e basandoci anche sulle personali esperienze di chi scrive cercheremo pertanto di stabilire che cosa sia esattamente il Cosplay, cominciando dalle basi nozionistiche: la parola é la fusione dei termini Inglesi Costume+Play, quest'ultimo inteso come interpretazione. L'attività si propone quindi di indossare l'abito di un personaggio specifico e interpretarlo in movenze, battute, azioni, pose e quant'altro. L'origine del Cosplay é notoriamente Giapponese e per lungo tempo ha fatto riferimenti a Manga ed Anime, salvo poi diffondersi in tutto il mondo e abbracciare pressoché tutto l'entertainment visivo: videogiochi, film, serie TV, anche non Giapponesi. Cosplay é sia l'attività sia “il personaggio portato”, Cosplayer é la persona che pratica Cosplay.
“Capirai! – dirà qualcuno – Sono secoli che si fa! Si chiama Carnevale, mascherata…” In effetti é innegabile che negli ultimi anni fioriscano sempre più spesso “eventi cosplay” in cui il fatto di indossare un abito particolare é la scusa per riunire tante persone in un contesto festoso in cui balli e giochi poco hanno di differente da quelli carnevaleschi, ma il Cosplay “quello vero” é certamente un'altra cosa.
Lo scopo primario del Cosplay traspare probabilmente nelle parole di Leon Chiro, il quale afferma di aver iniziato praticamente per caso perché voleva interpretare un personaggio dei videogiochi (non specifica quale, forse per evitare pubblicità). Il “voler interpretare” (il “play”) é dunque la motivazione trainante per chi decide di indossare il “costume”: ammirazione, spirito di emulazione, anche di immedesimazione verso un particolare personaggio. Da questo ne consegue la necessità di imparare le pose, le movenze, le battute e le espressioni del personaggio, il farle proprie o, più correttamente ancora, il calarsi nella parte.
E la somiglianza, nel fisico e nel volto? Leon, come molti altri cosplayer, afferma che per fare cosplay e divertirsi questo dato non abbia alcuna importanza e non é dunque raro trovare Cosplayer che interpretano personaggi con cui hanno poca rassomiglianza, anche se invero una certa fetta di “estremisti” reputa questa abitudine sbagliata e “irrispettosa nei confronti del personaggio stesso”. Leon non é di questo partito, sebbene specifichi che le cose cambino quando a livello professionale sono richiesti risultati che rasentino la perfezione. Un esempio pratico l'abbiamo avuto qualche anno fa quando la modella – e bravissima cosmaker (termine che spiegheremo a breve) – Jessica Nigri é stata selezionata come “Juliet ufficiale” nella campagna pubblicitaria di Lollipop Chainsaw.
Ovviamente il cosplay non é tutto nel cosplayer in sé ma é anche nell'abito, e in questo Leon passa la palla a Nadia SK: Cosplayer, volto italiano di Assassin's Creed Chronicles: China, costumista professionista a livello internazionale e COSMAKER, ossia “creatrice di Cosplay”. Nadia spiega a Violetta e a noi che la scelta del materiale per la realizzazione dell'abito é molto importante, sia per quanto riguarda i tessuti sartoriali sia per tutte quelle realizzazioni – armi, armatura, gadget e quant'altro – che richiedano un altro genere di lavorazione.
Nadia, che ha cominciato (come molti) facendosi aiutare da qualcuno che avesse una qualche esperienza con la macchina da cucire – nel suo caso la “santa nonna” – ma ha poi affinato la sua arte sperimentando, cercando tutorial su YouTube e confrontandosi con altri cosmaker, illustra il processo creativo dalla base. Come ogni lavoro sartoriale si parte dal cartamodello, ossia uno schema dell'abito in scala 1:1 disegnato su carta velina da ricalcare sul tessuto: a questo segue il taglio e il cucito, mentre la realizzazione delle altre componenti può seguire procedimenti differenti a seconda del materiale.
A questo proposito, tra i materiali che possiamo citare ci sono quelli classici come il legno o la cartapesta, ma molti (non tutti) utilizzano altre sostanze: Plastazote, Forex, PVC, resina a stampo, Worbla. Quest'ultimo soprattutto é molto in voga al momento, dato che é prodotto in fogli termo-modellabili, ossia che diventano particolarmente malleabili col calore ma rimangono rigidi una volta raffreddati. Il laboratorio di un cosmaker può pertanto assumere un aspetto ibrido: in esso si trovano materiali e attrezzi tanto del sarto quanto del falegname, del fabbro, del “termoplastico” (passateci il termine) e dell'elettrotecnico – ad esempio quando ci sono luci a LED da sparpagliare su abito e accessori.
A questo punti molti si staranno chiedendo: “Ma dunque per essere cosplayer é necessario padroneggiare tutte queste tecniche?” La risposta é: dipende… non necessariamente. Nel caso di Nadia e di tanti altri la sfida é totale: dallo studio, alla realizzazione, all'esibizione; se guardiamo a Leon, invece, il lavoro assume un taglio più da equipe. Come per il discorso sulla somiglianza, la community dei cosplayer si spezza spesso sul fatto che il “vero cosplayer” debba o meno realizzare tutto da solo, mentre non sono pochi i “modelli” che ottengono grandi successi con lavori commissionati a cosmaker di grande talento.
L'ultimo appuntamento di Violetta prima della fiera é con la cosplayer Italiana che vanta attualmente il maggior numero di followers sulla sua pagina: Giada Robin. Lo scopo é infatti quello di individuare il lato “social” e “spettacolare” della cosplay-mania: Giada ha in questo senso il medesimo approccio di Leon (che poi é probabilmente quello corretto) ossia il fatto di vivere il fenomeno principalmente come divertimento. Anche lei afferma di aver iniziato a fare cosplay “quasi per gioco” e che le prime soddisfazioni nascono dell'essere riconosciuti per il personaggio: anche chi scrive, nel suo piccolo, può garantire che sia una grandissima soddisfazione sentirsi chiamare col nome del personaggio interpretato per fare una foto da totali sconosciuti.
L'incontro con Giada apre anche una parentesi su quello che é un problema del mondo del Cosplay, ma in realtà di tutta Internet, ossia le critiche feroci e spesso gratuite: i “leoni da tastiera” pronti ad apostrofare in maniera volgare una bella ragazza così come una “troppo in carne” sono purtroppo una realtà, ma Giada consiglia di non farci troppo caso. Più gravi sono sicuramente quelli che arrivano a prendersi confidenze eccessive in seno a una fiera, ma per fortuna questi costituiscono singoli casi facilmente isolabili e in una fiera che si rispetti é certamente presente un attento servizio di sicurezza.
Realizzazione dell'abito, scelta della parrucca, dei materiali, delle pose… tutto per fare delle foto? Per alcuni é così, ma per altri il Cosplay é anche spettacolo, e arriviamo così al concorso in fiera. Anche in questo caso c'é certamente chi si limita a mostrare il suo operato, ma molti sfruttano il palcoscenico per realizzare delle vere e proprie esibizioni: c'é chi replica scene famose dell'opera da cui il personaggio é tratto, ma c'é anche chi “mischia” brand e franchise differenti, c'é chi partecipa in singolo e chi crea dei gruppi, chi realizza intere coreografie o chi si dà ai numeri circensi. C'é, insomma, un po' di tutto e l'unico limite é la fantasia.
Ma soprattutto dall'indagine di Violetta e Lorenzo é emerso un denominatore comune del mondo del Cosplay: che lo si faccia per divertimento o per lavoro, che sia improvvisato o professionale, che serva per un servizio fotografico o a un musical, che rappresenti un personaggio famoso o uno noto a pochi… tutto é sempre accumunato dalla passione. Chi prova il Cosplay per una volta, quasi sempre ci ritorna, perché é difficile cogliere “dall'esterno” quello che si prova “dall'interno”, e anche chi dopo un po' smette, in realtà, non smette mai del tutto e continua a conservare una cartella con la propria “Wishlist” dei personaggi da “portare”. E' una passione che ormai accomuna migliaia di cosplayer in tutta Italia. E siamo sicuri che anche tra i nostri lettori ce n'é più d'uno…
Insieme al loro aiuto e basandoci anche sulle personali esperienze di chi scrive cercheremo pertanto di stabilire che cosa sia esattamente il Cosplay, cominciando dalle basi nozionistiche: la parola é la fusione dei termini Inglesi Costume+Play, quest'ultimo inteso come interpretazione. L'attività si propone quindi di indossare l'abito di un personaggio specifico e interpretarlo in movenze, battute, azioni, pose e quant'altro. L'origine del Cosplay é notoriamente Giapponese e per lungo tempo ha fatto riferimenti a Manga ed Anime, salvo poi diffondersi in tutto il mondo e abbracciare pressoché tutto l'entertainment visivo: videogiochi, film, serie TV, anche non Giapponesi. Cosplay é sia l'attività sia “il personaggio portato”, Cosplayer é la persona che pratica Cosplay.
“Capirai! – dirà qualcuno – Sono secoli che si fa! Si chiama Carnevale, mascherata…” In effetti é innegabile che negli ultimi anni fioriscano sempre più spesso “eventi cosplay” in cui il fatto di indossare un abito particolare é la scusa per riunire tante persone in un contesto festoso in cui balli e giochi poco hanno di differente da quelli carnevaleschi, ma il Cosplay “quello vero” é certamente un'altra cosa.
Lo scopo primario del Cosplay traspare probabilmente nelle parole di Leon Chiro, il quale afferma di aver iniziato praticamente per caso perché voleva interpretare un personaggio dei videogiochi (non specifica quale, forse per evitare pubblicità). Il “voler interpretare” (il “play”) é dunque la motivazione trainante per chi decide di indossare il “costume”: ammirazione, spirito di emulazione, anche di immedesimazione verso un particolare personaggio. Da questo ne consegue la necessità di imparare le pose, le movenze, le battute e le espressioni del personaggio, il farle proprie o, più correttamente ancora, il calarsi nella parte.
E la somiglianza, nel fisico e nel volto? Leon, come molti altri cosplayer, afferma che per fare cosplay e divertirsi questo dato non abbia alcuna importanza e non é dunque raro trovare Cosplayer che interpretano personaggi con cui hanno poca rassomiglianza, anche se invero una certa fetta di “estremisti” reputa questa abitudine sbagliata e “irrispettosa nei confronti del personaggio stesso”. Leon non é di questo partito, sebbene specifichi che le cose cambino quando a livello professionale sono richiesti risultati che rasentino la perfezione. Un esempio pratico l'abbiamo avuto qualche anno fa quando la modella – e bravissima cosmaker (termine che spiegheremo a breve) – Jessica Nigri é stata selezionata come “Juliet ufficiale” nella campagna pubblicitaria di Lollipop Chainsaw.
Ovviamente il cosplay non é tutto nel cosplayer in sé ma é anche nell'abito, e in questo Leon passa la palla a Nadia SK: Cosplayer, volto italiano di Assassin's Creed Chronicles: China, costumista professionista a livello internazionale e COSMAKER, ossia “creatrice di Cosplay”. Nadia spiega a Violetta e a noi che la scelta del materiale per la realizzazione dell'abito é molto importante, sia per quanto riguarda i tessuti sartoriali sia per tutte quelle realizzazioni – armi, armatura, gadget e quant'altro – che richiedano un altro genere di lavorazione.
Nadia, che ha cominciato (come molti) facendosi aiutare da qualcuno che avesse una qualche esperienza con la macchina da cucire – nel suo caso la “santa nonna” – ma ha poi affinato la sua arte sperimentando, cercando tutorial su YouTube e confrontandosi con altri cosmaker, illustra il processo creativo dalla base. Come ogni lavoro sartoriale si parte dal cartamodello, ossia uno schema dell'abito in scala 1:1 disegnato su carta velina da ricalcare sul tessuto: a questo segue il taglio e il cucito, mentre la realizzazione delle altre componenti può seguire procedimenti differenti a seconda del materiale.
A questo proposito, tra i materiali che possiamo citare ci sono quelli classici come il legno o la cartapesta, ma molti (non tutti) utilizzano altre sostanze: Plastazote, Forex, PVC, resina a stampo, Worbla. Quest'ultimo soprattutto é molto in voga al momento, dato che é prodotto in fogli termo-modellabili, ossia che diventano particolarmente malleabili col calore ma rimangono rigidi una volta raffreddati. Il laboratorio di un cosmaker può pertanto assumere un aspetto ibrido: in esso si trovano materiali e attrezzi tanto del sarto quanto del falegname, del fabbro, del “termoplastico” (passateci il termine) e dell'elettrotecnico – ad esempio quando ci sono luci a LED da sparpagliare su abito e accessori.
A questo punti molti si staranno chiedendo: “Ma dunque per essere cosplayer é necessario padroneggiare tutte queste tecniche?” La risposta é: dipende… non necessariamente. Nel caso di Nadia e di tanti altri la sfida é totale: dallo studio, alla realizzazione, all'esibizione; se guardiamo a Leon, invece, il lavoro assume un taglio più da equipe. Come per il discorso sulla somiglianza, la community dei cosplayer si spezza spesso sul fatto che il “vero cosplayer” debba o meno realizzare tutto da solo, mentre non sono pochi i “modelli” che ottengono grandi successi con lavori commissionati a cosmaker di grande talento.
L'ultimo appuntamento di Violetta prima della fiera é con la cosplayer Italiana che vanta attualmente il maggior numero di followers sulla sua pagina: Giada Robin. Lo scopo é infatti quello di individuare il lato “social” e “spettacolare” della cosplay-mania: Giada ha in questo senso il medesimo approccio di Leon (che poi é probabilmente quello corretto) ossia il fatto di vivere il fenomeno principalmente come divertimento. Anche lei afferma di aver iniziato a fare cosplay “quasi per gioco” e che le prime soddisfazioni nascono dell'essere riconosciuti per il personaggio: anche chi scrive, nel suo piccolo, può garantire che sia una grandissima soddisfazione sentirsi chiamare col nome del personaggio interpretato per fare una foto da totali sconosciuti.
L'incontro con Giada apre anche una parentesi su quello che é un problema del mondo del Cosplay, ma in realtà di tutta Internet, ossia le critiche feroci e spesso gratuite: i “leoni da tastiera” pronti ad apostrofare in maniera volgare una bella ragazza così come una “troppo in carne” sono purtroppo una realtà, ma Giada consiglia di non farci troppo caso. Più gravi sono sicuramente quelli che arrivano a prendersi confidenze eccessive in seno a una fiera, ma per fortuna questi costituiscono singoli casi facilmente isolabili e in una fiera che si rispetti é certamente presente un attento servizio di sicurezza.
Realizzazione dell'abito, scelta della parrucca, dei materiali, delle pose… tutto per fare delle foto? Per alcuni é così, ma per altri il Cosplay é anche spettacolo, e arriviamo così al concorso in fiera. Anche in questo caso c'é certamente chi si limita a mostrare il suo operato, ma molti sfruttano il palcoscenico per realizzare delle vere e proprie esibizioni: c'é chi replica scene famose dell'opera da cui il personaggio é tratto, ma c'é anche chi “mischia” brand e franchise differenti, c'é chi partecipa in singolo e chi crea dei gruppi, chi realizza intere coreografie o chi si dà ai numeri circensi. C'é, insomma, un po' di tutto e l'unico limite é la fantasia.
Ma soprattutto dall'indagine di Violetta e Lorenzo é emerso un denominatore comune del mondo del Cosplay: che lo si faccia per divertimento o per lavoro, che sia improvvisato o professionale, che serva per un servizio fotografico o a un musical, che rappresenti un personaggio famoso o uno noto a pochi… tutto é sempre accumunato dalla passione. Chi prova il Cosplay per una volta, quasi sempre ci ritorna, perché é difficile cogliere “dall'esterno” quello che si prova “dall'interno”, e anche chi dopo un po' smette, in realtà, non smette mai del tutto e continua a conservare una cartella con la propria “Wishlist” dei personaggi da “portare”. E' una passione che ormai accomuna migliaia di cosplayer in tutta Italia. E siamo sicuri che anche tra i nostri lettori ce n'é più d'uno…