Cultura videoludica e preservazione: la sfida del futuro
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un importante cambio di paradigma nella distribuzione di contenuti multimediali, segnato dal progressivo abbandono del supporto fisico nella forma di dischi ottici (DVD prima e Blu Ray poi) a favore di servizi streaming. Un fenomeno che ha investito indistintamente i principali mercati dell’intrattenimento interessando l’industria cinematografica, musicale e videoludica.
Quest’ultima, tuttavia, per natura dello stesso medium che la muove, sta rispondendo in maniera molto diversa a questa rivoluzione. Contrariamente a cinema e musica, quello dei videogiochi è un mondo di molto più giovane ed estremamente più dinamico. Questi due fattori portano il mondo a relazionarsi con la Cultura generata dai videogiochi in modo marcatamente diverso, sia per interesse nei confronti della sua preservazione, sia per le azioni messe in campo a sua tutela.
Parte della difficoltà di inquadramento della cultura videoludica e del suo valore nasce proprio in seno all’industria dei videogiochi, concepita e percepita da alcuni dei suoi principali attori alla stregua di una filiera produttiva di beni di consumo che come fucina di opere di intelletto e di manifestazioni artistiche della società moderna. Un caso ambivalente è quello di Sony, che se da una parte ha istituito un team per la preservazione delle proprie produzioni passate, dall’altro lato tende ancora a limitare la riproducibilità dei titoli delle scorse generazioni in possesso degli utenti negando loro ogni tipo di emulazione.
Un altro caso è Nintendo che, contemporaneamente ad azioni legali a tappeto volte a scongiurare il proliferare di archivi ROM delle sue vecchie glorie, nel passaggio da Wii a Switch ha ad esempio condannato all’oblio un intero catalogo di giochi non compatibili con la loro odierna ammiraglia. Questo situazione porta a un disimpegno più o meno diffuso nella preservazione della storia dei videogiochi, una circostanza che ne sminuisce la valenza culturale e ne rallenta il consolidamento.
A complicare le cose si aggiunge l’instabilità contenutistica a cui certi titoli sono soggetti: patch correttive e pacchetti scaricabili aggiuntivi rendono arduo definire in modo netto l’opera finale e finita. Sono pochissimi i casi di ristampe, tra i più virtuosi troviamo ad esempio No Man’s Sky di Hello Games, un titolo che dal 2016, anno del suo debutto, ha ricevuto corposi aggiornamenti che hanno ridefinito e rifinito l’opera. Per No Man’s Sky le ristampe sono state addirittura due: una in seguito all’update Beyond del 2019 che ha visto un sostanziale rinnovamento sia contenutistico che grafico per la scorsa generazione, la seconda avvenuta lo scorso ottobre in concomitanza col lancio della versione Switch che ha visto un rilancio del titolo in formato fisico anche per Playstation 5 con una iterazione ulteriormente rifinita e ottimizzata.
Questa versione più recente coincide con l’update 4.0 e all’interno del disco sono già presenti tutte le feature accumulate in più di un lustro di aggiornamenti, tutto codice scritto su Blue-Ray disc e non come add-on da scaricare separatamente in digitale. Questa operazione rende sicuramente più semplice l’archiviazione del titolo in una mediateca, ma non è una soluzione risolutiva considerata la scena hardware, altrettanto soggetta a mutamenti repentini per via dell’obsolescenza che affligge supporti di riproduzione e dispositivi di lettura.
Accettata l'assoluta necessità di conservare la memoria culturale di questo medium (che tanto nuovo ormai non è più) come si può far fronte a questa sfida? Tutto converge verso il bisogno di ripensare il modello produttivo sia hardware che software. Il primo per garantire una riproducibilità diffusa delle opere, libera dalla concorrenza che confina racconti ed esperienze ai singoli dispositivi di lettura, una condizione unica, congenita e cronica dell’industria videoludica che va superata. La seconda per assicurare opere ed esperienze finite e circoscritte, sviluppate e distribuite in un lasso di tempo ragionevole in modo da garantire una corretta fruizione e conservazione per l’utente. Magari adottando una politica di produzione che torni a vedere la chiusura del progetto come definitiva, prassi ormai riscontrabile nella scena indie e in pochi grandi titoli del sol levante.
Qualche segnale positivo c’è già, non resta che attendere cosa ci riserverà il futuro.