Echoshift
di
Davide Ottagono
Pensavate di esservi liberati di enigmi e rompicapi vissuti attraverso gli occhi di manichini stilizzati? Sbagliavate, e di grosso anche. Il successo di Echochrome, puzzle game approdato in passato su PSP (e, in questo caso, anche PS3) ha spinto Sony a riprendere la sua neo-saga e ad impacchettarne uno scintillante seguito. Questa sorta di pensierino pasquale prende il nome di Echoshift. Echoshift che, a parte le somiglianze nel nome e nei protagonisti, ha in realtà ben poco a che spartire con il già citato Echochrome. Infatti, se quest'ultimo basava la sua fortuna sulle illusioni ottiche e sulle “prospettive pazze” (guardate un qualsiasi quadro di Escher e capirete), il nuovo capitolo fa un passettino indietro per quanto riguarda l'innovazione, andando di fatto ad abbracciare un concetto di base molto più in voga, seppur ugualmente ammaliante.
Seguendo il cammino tracciato da produzioni come Braid e il più recente Winterbottom, Echoshift catapulta il giocatore in livelli bidimensionali colmi di ogni tipo di ostacoli. Il modo per uscirne? Scimmiottare con i balzi spazio-temporali e cooperare con le copie registrate di sé stessi, ovviamente. Il titolo regala più di cinquanta livelli di difficoltà variabile, e ognuno di essi offre a sua volta tre obiettivi differenti da raggiungere. Il risultato é un puzzle-game a prezzo contenuto, pieno di cose da fare e con DLC nel proprio futuro, stando alle parole degli sviluppatori, oltre che appositamente studiato per la portabilità della console.
Lo scopo é semplice: progredire nei vari mondi entrando da una porta e uscendo dall'altra. Ovviamente, non é altrettanto semplice capire come. Dei tutorial ci introdurranno a buona parte dei livelli, differenziati tra loro non solo nei percorsi da seguire ma anche e soprattutto dai tipi di ostacoli da superare. Potrà capitare di imbattersi in piattaforme mobili, in pulsanti da attivare con il peso o in contemporanea con i cloni, oltre che in veri e propri nemici. “Varietà” sarà la parola d'ordine: proprio quando penserete di aver padroneggiato dei particolari meccanismi, ci penserà il gioco a mescolare ancora una volta le carte, rivoltando le regole come un calzino e continuando a sorprendere, enigma dopo enigma. Purtroppo, non tutti i rompicapi promettono sfide degne di questo nome. Non sarà infatti raro filare lisci per una buona manciata di ore, arrivando ad impegnarsi seriamente solo dalla seconda metà in poi. Niente di troppo grave, essendo comunque una questione puramente soggettiva e dipendente dalle qualità del singolo individuo.
Sin dall'inizio verranno messe a disposizione fino ad un massimo di dieci copie: il loro numero, quindi, non é pensato in relazione alla complessità del livello ma ad una sorta di pagella finale. Durante il caricamento, infatti, potremo vedere quanti saranno i cloni massimi utilizzabili per vincere un certo numero di stelle (da un minimo di uno ad un massimo di tre). Una cooperazione perfetta tra i personaggi é per l'appunto richiesta solo nelle fasi più avanzate: il giocatore che non vuole sforzarsi troppo, dal canto suo, può benissimo farsi aiutare da una vagonata di sosia, quando poi in linea di massima ne serviranno solo un paio (ai più bravi) per venire a capo della matassa. Lo scopo degli sviluppatori, quindi, é stato quello di aprire il prodotto ad una fetta d'utenza più grande (e, ammettiamolo, non sempre abituata ad utilizzare la materia grigia).
Per quanto riguarda i cloni, anche le loro regole sono piuttosto semplici da assimilare. A differenza dei titolo sopraccitati, non saremo noi a decidere quando iniziare o terminare una “registrazione di sé stessi”: appena potremo muovere i primi passi, infatti, il recording partirà in automatico. Finiti i 20/30 secondi a disposizione per completare il livello, passeremo meccanicamente ad un altro personaggio, capace di muoversi in contemporanea al “ricordo” del precedente, e così via. Una volta terminato un livello, nuove opzioni verranno sbloccate. Se all'inizio il nostro scopo é quello di raggiungere un punto predefinito, in seguito potremo cimentarci nel recupero di varie chiavi sparse in giro, capaci di rendere la risoluzione degli enigmi (e di conseguenza la sfida) sempre più ardua, o ancora in “time trials” estremi in cui - oltre alla corsa contro il tempo - si aggiungerà la possibilità di “saltare” veri e propri pezzi della pellicola per risparmiare preziosi istanti.
Così come Echocrome aveva lasciato il segno anche grazie ad uno stile particolare, anche Echoshift non farà eccezione. Omini stilizzati torneranno ad essere i protagonisti, mentre scenari semplicistici e monocolore contorneranno una direzione artistica ancora una volta sublime. Il classico binomio bianco/nero, però, ha lasciato spazio a qualcosa di più vivo e bello da vedere. Colori come il viola, il verde o il rosso faranno la loro primissima apparizione e, di certo, non ci é dispiaciuto. Musiche rilassanti e una soave voce di sottofondo aiuteranno, nel mentre, a rilassare il cervello tra un rompicapo e l'altro.
Seguendo il cammino tracciato da produzioni come Braid e il più recente Winterbottom, Echoshift catapulta il giocatore in livelli bidimensionali colmi di ogni tipo di ostacoli. Il modo per uscirne? Scimmiottare con i balzi spazio-temporali e cooperare con le copie registrate di sé stessi, ovviamente. Il titolo regala più di cinquanta livelli di difficoltà variabile, e ognuno di essi offre a sua volta tre obiettivi differenti da raggiungere. Il risultato é un puzzle-game a prezzo contenuto, pieno di cose da fare e con DLC nel proprio futuro, stando alle parole degli sviluppatori, oltre che appositamente studiato per la portabilità della console.
Lo scopo é semplice: progredire nei vari mondi entrando da una porta e uscendo dall'altra. Ovviamente, non é altrettanto semplice capire come. Dei tutorial ci introdurranno a buona parte dei livelli, differenziati tra loro non solo nei percorsi da seguire ma anche e soprattutto dai tipi di ostacoli da superare. Potrà capitare di imbattersi in piattaforme mobili, in pulsanti da attivare con il peso o in contemporanea con i cloni, oltre che in veri e propri nemici. “Varietà” sarà la parola d'ordine: proprio quando penserete di aver padroneggiato dei particolari meccanismi, ci penserà il gioco a mescolare ancora una volta le carte, rivoltando le regole come un calzino e continuando a sorprendere, enigma dopo enigma. Purtroppo, non tutti i rompicapi promettono sfide degne di questo nome. Non sarà infatti raro filare lisci per una buona manciata di ore, arrivando ad impegnarsi seriamente solo dalla seconda metà in poi. Niente di troppo grave, essendo comunque una questione puramente soggettiva e dipendente dalle qualità del singolo individuo.
Sin dall'inizio verranno messe a disposizione fino ad un massimo di dieci copie: il loro numero, quindi, non é pensato in relazione alla complessità del livello ma ad una sorta di pagella finale. Durante il caricamento, infatti, potremo vedere quanti saranno i cloni massimi utilizzabili per vincere un certo numero di stelle (da un minimo di uno ad un massimo di tre). Una cooperazione perfetta tra i personaggi é per l'appunto richiesta solo nelle fasi più avanzate: il giocatore che non vuole sforzarsi troppo, dal canto suo, può benissimo farsi aiutare da una vagonata di sosia, quando poi in linea di massima ne serviranno solo un paio (ai più bravi) per venire a capo della matassa. Lo scopo degli sviluppatori, quindi, é stato quello di aprire il prodotto ad una fetta d'utenza più grande (e, ammettiamolo, non sempre abituata ad utilizzare la materia grigia).
Per quanto riguarda i cloni, anche le loro regole sono piuttosto semplici da assimilare. A differenza dei titolo sopraccitati, non saremo noi a decidere quando iniziare o terminare una “registrazione di sé stessi”: appena potremo muovere i primi passi, infatti, il recording partirà in automatico. Finiti i 20/30 secondi a disposizione per completare il livello, passeremo meccanicamente ad un altro personaggio, capace di muoversi in contemporanea al “ricordo” del precedente, e così via. Una volta terminato un livello, nuove opzioni verranno sbloccate. Se all'inizio il nostro scopo é quello di raggiungere un punto predefinito, in seguito potremo cimentarci nel recupero di varie chiavi sparse in giro, capaci di rendere la risoluzione degli enigmi (e di conseguenza la sfida) sempre più ardua, o ancora in “time trials” estremi in cui - oltre alla corsa contro il tempo - si aggiungerà la possibilità di “saltare” veri e propri pezzi della pellicola per risparmiare preziosi istanti.
Così come Echocrome aveva lasciato il segno anche grazie ad uno stile particolare, anche Echoshift non farà eccezione. Omini stilizzati torneranno ad essere i protagonisti, mentre scenari semplicistici e monocolore contorneranno una direzione artistica ancora una volta sublime. Il classico binomio bianco/nero, però, ha lasciato spazio a qualcosa di più vivo e bello da vedere. Colori come il viola, il verde o il rosso faranno la loro primissima apparizione e, di certo, non ci é dispiaciuto. Musiche rilassanti e una soave voce di sottofondo aiuteranno, nel mentre, a rilassare il cervello tra un rompicapo e l'altro.
Echoshift
Echoshift
Non é facile parlare di Echoshift in senso assoluto. Da un lato, la saga - prendendo spunto dai suoi concorrenti - ha sicuramente perso quel tocco di innovazione che Echochrome era riuscito a dare al mondo dei puzzle games; dall'altro, é inutile negare che ci troviamo di fronte ad un signor gioco, divertente e geniale quanto e più del predecessore, seppur non sempre ostico come un appassionato vorrebbe. A questo prezzo, poi, avere sempre in tasca decine di livelli così vari, cervellotici e mutevoli é un vero e proprio affare. Un degno esponente del suo genere, oltre che una scelta quasi obbligata se si é in cerca di qualcosa di simile su PSP.
Voto: 8
Voto: 8