Correre senza mai voltarsi: l’incomprensibile Marathon showcase
Marathon di Bungie si mostra in un nuovo showcase: tanta atmosfera, ma ancora pochi dettagli su gameplay e struttura del videogioco.
È il più banale dei sabati sera, uno di quelli destinati ad essere dimenticati al primo giro di calendario. Rincaso a piedi attraversando, annoiato, il centro storico del mio paesino natale dopo un rigenerante rendez-vous con un paio di amici in chiusura di settimana lavorativa; almeno c’è una bella atmosfera nell’aria, con il primo sole primaverile a scaldare i sanpietrini e animare una piazza lasciata sempre più a morire. Valeva la pena essere all’aperto anche solo per quello, ma ora che inizia ad alzarsi la brezza di metà aprile è il momento perfetto per lasciarsi alle spalle i romanticismi sfocati della stagione e tornare nel bianco abbraccio dell’intonaco domestico. Inizio a ragionare sulla cena, magari nel frattempo accendo Twitch per seguire lo showcase di Marathon; finalmente oggi Bungie ci farà vedere qualcosa, lasciandosi alle spalle tutte le voci di corridoio. Non c’è grande hype da parte mia, principalmente per quel dichiarato formato multiplayer live service che proprio non riesce a prendermi. Ma non importa: è Bungie, un nome che per tutti i nati nel ‘95 ha un significato estremamente radicato. L’occasione perfetta per togliere la nebbia da questo progetto e mostrarci un po’ di concretezza. Mi sbagliavo…
Marathon e Il peso del reboot
Altroché se mi sbagliavo…
Ciò che ho visto nella serata italiana del 12 aprile 2025 è stato uno degli eventi più confusi e indecifrabili della mia vita videoludica. Non tanto per i contenuti (anche se persino su quel versante ci sarebbe da spendere diverse righe di inchiostro), quanto per una totale assenza di focus su tutto ciò che circonda Bungie, gli extraction shooter e lo stato del mercato videoludico contemporaneo; come se Marathon potesse prosperare in qualche bolla isolata dal resto della community. Svelato al pubblico Sony durante lo showcase del 2023, il reboot dello storico shooter ha vissuto un rapporto a distanza con i fan con informazioni centellinate e talvolta estorte allo sviluppatore di Bellevue, palesemente impegnato a progettare un post-mortem degno per Destiny 2.
Eppure l’account ufficiale X ha continuato a pubblicare regolarmente un’impressionante quantità di bozzetti, concept art e microcontenuti perfetti per cucinare a fuoco lento una sana speranza per il futuro del gioco. Un futuro appoggiato su basi armoniche solidissime, le cui fondamenta sono innestate in un terreno scavato sapientemente dall’art director originale Craig Mullins: una fantascienza sporca, più industrializzata e cruda della plasticità cyberpunk che ha monopolizzato ogni visione futuristica dell’ultimo ventennio. Nell’estetica dei due Marathon originali ci sono più assonanze con THX1138 e Gattaca rispetto all'iper-citato Neuromante di William Gibson, uno stile in cui i grandi contrasti fra luci e ombre servono ad amplificare la tensione di qualcosa che sta accadendo oppure è appena accaduto.
Marathon e il suo contemporaneo System Shock ci sono arrivati molto prima di tanti altri, settando dei pericolosi paradigmi visivi da cui in molti hanno ripreso dettagli, umori e sensazioni a piene mani. In primis, questo reboot. Joseph Cross, il lead designer del progetto, usa il suo profilo X come un diario di sviluppo, sciorinando in profondità concetti di art direction tutt’altro che banali. Il thread pinnato in alto parla proprio delle sue principali ispirazioni per questo universo in espansione: non mancano i soliti sospetti come Ghost in the Shell, le vecchie pubblicità Sony per promuovere PS2 sul suolo giapponese, il film Under The Skin di Jonathan Glazer e persino la rigidità corporate della moderna Formula 1. Ok, abbiamo avuto Mirror’s Edge e The Substance , ma ben prima di loro sia le installazioni di Simon Stålenhag e le opere audiovisive di Chris Cunningham avevano riavviato con forza un altro modo di guardare alle distopie corporative, fatte di campiture vibranti che si stagliano con forza su fondali bianchi. Marathon ci arriva diagonalmente, promettendo tantissimo, almeno sotto il comparto estetico.
Fucili, fluorescenze e musica techno: l'estetica di Marathon
La conferenza inizia con il piede giusto: il canone visivo, di cui avevamo assaggiato solo vaghi sentori nei famosi estratti social, viene finalmente rispettato in toto. È un universo coerente, ben articolato, costruito con cura millimetrica per essere evocativo ma accessibile, familiare ma alieno. Il comparto sonoro segue a ruota: nonostante quello specifico stile slow industrial techno sia ormai quasi una tassa da pagare per entrare nel club del futurismo videoludico, qui trova una sua giusta collocazione. Quando la colonna sonora riesce a fondersi con le suggestioni giuste — luci stroboscopiche, HUD sintetici, acciaio graffiato e panorami ipercompressi — il risultato è un gol a porta vuota. Facciamo tanto i duri, ma alla fine sentire un pezzo di Gesaffelstein nel 2025 ci strappa comunque un mezzo sorriso. Ed ecco il tanto atteso gameplay reveal: 110 secondi in cui il titolo sfoggia muscoli, riflessi e frame impeccabili.
L’azione è frenetica, pulita, continuamente proiettata in avanti, senza esitazioni e senza mai guardarsi indietro. In mezzo a questo flusso ininterrotto si insinuano anche i primi piani delle classi disponibili: design ancora una volta tecnicamente notevole, ma privo di veri guizzi. E proprio lì, mentre scorrono le ultime inquadrature, mi accorgo che qualcosa si è spento. Se non ci fosse stato il logo iniziale, probabilmente avrei abbandonato a metà. A mente fredda, il pensiero scomodo affiora: sia il titolo ‘Marathon’ che il nome ‘Bungie’ potrebbero essere tranquillamente sostituiti da qualsiasi altro brand, e nessuno se ne accorgerebbe davvero. Anche immaginando che alla fine risulterà l’extraction shooter con il miglior feeling pad alla mano, nulla in ciò che è stato mostrato riesce a distinguersi con forza. Non è colpa del character design, troppo anonimo per suscitare reazioni; non è nemmeno colpa delle animazioni riciclate da Destiny 2. E allora di cos’è colpa?
Bungie e l’arte del non apparire trasparenti
Lo showcase, impostato come un classico panel di approfondimento, continua: gli sviluppatori ci raccontano gli anni di lavoro, cosa li abbia portati ad inclinarsi verso un certo gameplay e perché avesse senso riportare queste specifici ingranaggi dentro al reboot di Marathon. Ne parlano come grandi innovazioni, dinamiche mai viste in uno shooter di questo tipo, ribadiscono ben quattro volte la presenza di “moltissime armi”. Mi raccontano per filo e per segno come funzioni un extraction shooter, ad un passo dal citare direttamente il celebre Reddit meme “drop in, shoot, loot, extract, repeat”. Quello che sto guardando da circa un’ora non è una conferenza volta ad invogliare l’acquisto del gioco; assomiglia molto più ad un pitch a dei potenziali investitori, a cui si promettono grandi obiettivi senza aver ancora delineato i bordi degli strumenti per raggiungerli. La parola “survival” viene citata continuamente senza mai elaborarne meccaniche o importanza.
La promessa, ripetuta innumerevoli volte nelle press release, di uno stile narrativo “mai visto prima, in cui le storie e le scelte dei giocatori multiplayer influiranno attivamente sullo svolgimento e sul world building” non solo non viene dimostrata, ma si riflette in un cortometraggio conclusivo diretto da Alberto Mielgo (Love Death & Robots, Spider-Man: Into the Spider-Verse, Tron: Legacy). Quasi dieci minuti visionari, con eccellenti spunti di montaggio e un grado di sviluppo dei personaggi lontano anni luce da quanto mostrato solo qualche istante prima. È l'ennesimo rinnovo del patto con l’utenza, una parvenza di questa narrativa emergente nascosta nel gameplay, ma senza mai mostrarne le implicazioni pratiche. Il social X, come di consueto, ribolle di insulti e, persino al netto del facile odio, ciò che viene a galla è la più pura confusione: confusione per i contenuti di lancio (sei classi, tre mappe), confusione per la struttura commerciale (verrà confermato di lì a breve che non sarà venduto a prezzo pieno, ma non sarà free-to-play), confusione per quello che sarà di Bungie dopo le disastrose notizie trapelate sullo stato finanziario della società. La ‘bolla isolata’ in cui dovrebbe galleggiare il progetto è la stessa in cui negli ultimi 12 mesi, solo tra i grandi, hanno chiuso nomi come Concord, XDefiant, Foamstars, Suicide Squad e Multiversus. Marathon verrà distribuito tra meno di un semestre e ancora non mi è troppo chiaro che gioco sarà. L’ultima volta che ho avuto questa sensazione è stata guardando Redfall di Arkane; spero vivamente di sbagliarmi. Solo che stavolta al complotto del “gioco nato singleplayer e convertito in corsa” purtroppo credo anche io.