P.T - I 10 anni dell'horror di Hideo Kojima che non ha mai visto la luce
Nel decennale di P.T ritorniamo in quel corridoio e ricordiamo come Hideo Kojima è stato in grado di creare una pietra miliare del genere horror in soli 15 minuti di gioco
Siamo alla Gamescom di Colonia del 2014, Jim Ryan ha da poco salutato Hideo Kojima, che ha presentato Metal Gear Solid 5.
L’hype delle persone è a mille, un annuncio del genere non è cosa da poco però gli organizzatori dell’evento sanno come gestire il pubblico e quindi lanciano il trailer di un prodotto dello studio indipendente 7780s Studio.
Il trailer si apre con una serie di messaggi criptici su schermo, per poi lasciare lo spazio a un messaggio di colore rosso che invita gli spettatori a risolvere un enigma.
Una busta di carta invita a fare attenzione poiché oltre la porta su schermo, la realtà è diversa da come la si conosce; una serie di riprese di un corridoio, l’annuncio del primo teaser interattivo e il titolo P.T che precede le reazioni di alcuni giocatori che hanno messo mano al titolo.
È l’inizio della leggenda di P.T, demo di un gioco che non vedrà mai la luce.
Playable Teaser. AKA, Silent Hills
Tanti giocatori si fiondano a scaricare P.T.
Il trailer è così ben fatto da stuzzicare la curiosità di centinaia di migliaia di persone, inoltre, in tanti sono incuriositi da questo nuovo studio indipendente di cui nessuno prima d’ora aveva sentito parlarne.
Nel giro di un paio d’ore i primi giocatori concludono il teaser e scopriranno la notizia che diventerà uno dei soggetti principali dell’anno in ambito videoludico.
P.T sta per Playable Teaser ed è l’annuncio della collaborazione tra il papà di Metal Gear Hideo Kojima, il premio oscar Guillermo Del Toro e la star di The Walking Dead Norman Reedus, per il nuovo titolo di Silent Hill(s).
15 minuti, un corridoio, due stanze e tantissimi dettagli
P.T è l’ennesima burla di Hideo Kojima, che già ha abituato i fan della saga di Metal Gear ai suoi scherzetti, e che ha utilizzato il nome di un falso team di sviluppo per annunciare un suo gioco mentre era letteralmente ancora sul palco della Gamescom.
Una porta che si apre, un lungo corridoio e un orologio bloccato alle 23:59 così P.T accoglie i giocatori.
Mentre si avanza in questo corridoio in sottofondo la radio racconta di come un padre ha acquistato un fucile a pompa dal negozietto in fondo alla strada con il quale ha poi ucciso moglie e figli prima di suicidarsi.
Pillole e bottiglie sul pavimento, strani rumori, foto di famiglia al muro, quadri sbiaditi; una porta finalmente si apre e… Siamo di nuovo in quel corridoio, dove tutto è iniziato.
Questo perché P.T è ambientato sempre nello stesso corridoio e le stesse due stanze, con la semplice differenza più si ripete il loop, più i dettagli aumentano.
P.T si costruisce su una serie di stereotipi: una casa infestata, un feto abbandonato nel lavandino, un orologio bloccato; eppure gli elementi di gioco sono inseriti in una maniera tale da far immergere totalmente il giocatore in quello che sta avvenendo davanti ai suoi occhi.
Mentre la ricerca dei vari indizi comincia a creare un senso di terrore e ansia nei giocatori, la radio comincia a raccontare la storia dell’omicidio suicidio in una maniera diversa, aggiungendo qua e la frasi del tipo: “non ti fidare dell’acqua del rubinetto”, “non toccare quella manopola” e il fatidico “non ti girare!, non ti girare”.
Sorpresa, nel momento in cui ci si gira, c’è la spettro della cara Lisa pronto ad ammazzarci e rimandarci al punto iniziale.
Da quel momento, P.T riesce a donare una tensione ancora maggiore al giocatore, creando un vera e propria sensazione di essere costantemente seguiti; sensazione poi confermata quando una volta nel bagno notiamo che lo spettro è sempre dietro di noi, quasi come a essere infestata non è la casa, bensì noi.
Una storia dell’orrore americana
Sin dal suo primo capitolo, la saga di Silent Hill ha fatto uso della cittadina statunitense per raccontare le storie dei vari personaggi e i sentimenti che questi vivono: per Harry Mason Silent Hill rappresenta il terrore di perdere sua figlia, per James Sunderland la città è una manifestazione della sua volontà di voler nascondere, o forse evitare di fare i conti, con il fatto di aver ucciso sua moglie malata terminale.
Nel caso di P.T, il corridoio rappresenta una sorta di limbo nel quale siamo imprigionati e dove dobbiamo fare i conti coi sensi di colpa per aver ucciso la nostra famiglia; limbo da quale il giocatore riesce a uscire per affrontare le conseguenze delle proprie azioni; o almeno questo è quello che si intuisce dalla scena finale dove si sente
Eppure, se i vari titoli della saga hanno sempre fatto leva sul paranormale, P.T racconta una storia dell’orrore moderna, nata dai problemi quotidiani dei giorni nostri.
Mentre raccogliamo gli indizi cercando di capire cosa sia accaduto tra quelle mura, ci troviamo faccia a faccia con il feto nel lavandino che ci racconta che dieci mesi prima il protagonista ha perso il proprio lavoro e la moglie si è trovata a portare sulle sue spalle il peso dell’intera famiglia. Tuttavia, a lavoro la moglie attirava le attenzioni del suo manager, motivo per cui non la licenziava.
Tutto ciò avveniva 10 mesi prima degli avvenimenti di P.T.
Tutti gli indizi si collegano.
Il protagonista, stressato per aver perso il lavoro e per la sua situazione economica ha visto il suo stato mentale crollare, poi un giorno ha realizzato che sua moglie Lisa portava in grembo il figlio del suo manager.
È la goccia che fa traboccare il vaso, il protagonista, come un moderno Dr. Jeckil e Mr. Hyde, diventa altra cosa dal premuroso padre raffigurato nelle foto di famiglia del corridoio; il bagno diventa il luogo dove tutto accade: Lisa viene uccisa e il feto gettato nel lavandino.
È qui, la magia, o la maledizione, di Silent Hill avviene. Il protagonista si ritrova in una sorta di limbo, dove Lisa in realtà non lo segue; è un qualcosa di ancor più profondo ed emozionale, Lisa è connessa al protagonista.
Il feto, invece, che non ha alcun legame con il protagonista, se non l’atto violento dell’omicidio, si ritrova a diventare quasi una rappresentazione del male accaduto tra quelle mura; non ancor nato e già colpevole.
Ecco, perché il feto diventa la rappresentazione di un qualcosa di maligno, pronto a spingere i protagonista a fare i conti con le sue azioni.
L’eredità di P.T
In questo decennale di P.T non voglio parlare di come la fine del rapporto tra Hideo Kojima e Konami, bensì di come P.T, nonostante la sua manciata di ore di durata, abbia lasciato un segno profondissimo nel mondo dei videogiochi.
P.T può essere analizzato sotto due punti di osservazione: P.T come esercizio di game design e P.T come anticipatore di una nuovo modo di concepire il videogioco.
Il modo in cui P.T riesca a raccontare una storia tanto profonda e a far immergere così tanto il giocatore utilizzando solo un corridoio e due stanze rappresenta una vera e propria lezione di game design per tanti designer alle prime armi, ma anche per i più navigati.
In P.T c’è un sapiente uso dello spazio, il quale viene riproposto su vari livelli nella medesima forma ma con l’aggiunta di diversi dettagli che, livello dopo livello, raccontano pezzi della storia avvenuta,
Ogni singolo elemento è studiato per raccontare qualcosa; le bottiglie e le pillole raccontano l’instabilità mentale del protagonista, le numerose foto di famiglia tracciano un solco tra la famiglia felice della casa e l’evento terrificante avvenuto nel bagno, l’orologio fermo alle 23:59 trasmette la sensazione di essere bloccati nel tempo e nello spazio.
A mio parere, P.T andrebbe fatto giocare a chiunque vuole avvicinarsi alla scrittura creativa; che sia un videogioco, film, serie TV o libro, in tanti hanno da imparare da P.T.
C’è poi il P.T videogioco horror capace di intercettare quelle trasformazioni che di lì a poco sarebbero state necessarie per rivitalizzare il genere.
Il 2014 è stato l’anno del ritorno di Shinji Mikami, il quale con The Evil Within ha donato ai giocatori un survival horror vecchio stile che rimandava tantissimo ai primi Resident Evil, ma anche l’anno in cui Alien Isolation ha portato al grande pubblico un modo di comprendere l’horror che fino a quel momento era rimasto relegato ai giochi indie.
L’utilizzo della prima persona, ambientazioni che raccontano parte della storia e la presenza di nemici costantemente alle nostre costole.
P.T prende tutto ciò e lo riporta in un contesto di horror psicologico, anticipando ciò che Capcom avrebbe fatto con Resident Evil 7, rilanciando il brand, e tracciando la strada per una nuova wave di giochi come Madison e Visage - entrambi arrivati sul mercato con l’appellativo di nuovo P.T o di eredi di questo.
I rimpianti di P.T
P.T è un progetto che non vedrà mai la luce, tuttavia è facile dedurre che dalle ceneri del defunto Silent Hills siano nate tante idee che hanno poi portato il dream team Kojima, Del Toro, Reedus a creare Death Stranding.
Nel titolo di Kojima Productions troviamo tantissimi riferimenti a P.T - con tanto di easter egg nella director’s cut - come la presenza di una Lisa soggetta a eventi non proprio piacevoli, la centralità di neonati e feti, i collegamenti fisici tra i morti e il mondo dei vivi, esattamente come Lisa è collegata al protagonista in P.T.
Chiaro, non possiamo classificare Death Stranding come un horror, tuttavia ci dà un’idea, e tanti rimpianti, riguardo cosa P.T sarebbe potuto essere.
Tuttavia, gli amanti del genere hanno di che sperare dato che Kojima, in collaborazione con Jordan Peele, è al lavoro su OD - Overdose - nuovo titolo horror esclusiva di Microsoft che sembra aver dato al game designer giapponese la possibilità di cimentarsi di nuovo con ambientazioni capaci di terrorizzare i giocatori.