Al Peach Party di Nintendo il mondo videoludico parla di diversità: le donne ci sono, ma c’è ancora tanto da fare
Al lancio internazionale di Princess Peach: Showtime Nintendo Italia parla di diversità nel mondo videoludico: i segnali positivi ci sono ma c’è ancora tanto da fare.
È ormai da molto tempo che la Principessa Peach non sta più che le mani in mano, in attesa che Mario e Luigi la salvino dalle grinfie di Bowser. Una volta bionda principessa di nobile lignaggio da salvare, oggi Peach è protagonista di molti videogiochi che portano il suo nome e la vendono spendersi in prima persona. L'ultimo, in uscita in queste ore, è Princess Peach: Showtime!, in cui Peach prova a vestire i panni di professioni e identità molto differenti . Per avanzare nei vari livelli di gioco non le basta più la sua identità di principessa. Diventerà pasticcera, sirena, ninja, detective e tanto altro. Una pletora di ruoli per un gioco che assicura una marea di sorprese e molto divertimento.
Nintendo ha deciso di presentarlo con un vero e proprio P-Day, il Peach Day, celebrato a livello internazionale. Nintendo Italia non ha ovviamente voluto mancare queste 24 ore di celebrazioni per il lancio di Princess Peach: Showtime!, organizzando un Peach Party nel cuore di Milano. L'evento rosa Peach prevedeva postazioni per il trucco, photobooth, adesivi con i vari costumi di Peach e un set Lego dedicato, rinfresco e bevande cromaticamente consone al mondo rosa e a tinte pastello di Peach.
Peach, Nintendo e inclusività nel mondo videoludico: il panel dedicato al Peach Party
Il cuore della serata, prima di scatenarsi in una lunga festa di musica e danze, è stato un panel dedicato a un tema che riguarda il mondo videoludico da vicino. Così come Peach si è affrancata dal ruolo di principessa da salvare, così come i videogiochi hanno cominciato gradualmente a dare più spazio, profondità ed introspezione ai personaggi femminili, così anche il dietro le quinte dell'universo gaming fa i conti (letteralmente) con la presenza femminile nei suoi processi produttivi.
Quante donne ci sono nell'industria videoludica oggi? È un comparto produttivo che offre possibilità alle ragazze e alle donne o le discriminazioni sono ancora forti?
Le pioniere del comparto, entrate in questa realtà qualche decennio fa, hanno lasciato spazio a un manipolo di donne che si è creato una spazio, ma c'è ancora tantissimo da fare. Se ne è parlato in un panel tutto al femminile, tenutosi proprio prima del Peach Party e dedicato alle voci femminili e italiane dell'industria dei gaming di casa nostra. Tutti gli aspetti della videoludica sono stati rappresentati e raccontati. Da chi i giochi li produce e li fa a chi li racconta: producer, content creator, videogiocatrici professioniste. Storie importanti da raccontare e ascoltare, che parlano di un mondo dei videogiochi in cui le donne non sono più mosche bianche ma in cui i cambiamenti avvengono ancora molto lentamente.
In Italia ci sono più di 5 milioni di videogiocatrici
D'altronde le donne, anche se spesso poco raccontate, sono un pilastro dell'industria, in quanto videogiocatrici: nella sola Europa un sondaggio ne ha censite oltre 60 milioni d'ètà compresa tra i 6 e i 64 anni. L'età media delle giocatrici europee è di 33 anni e le piattaforme di gioco preferite sono smartphone e tablet. Gli stessi device sono i più utilizzati dalle videogiocatrici nostrane: in Italia, le donne che giocano ai videogiochi sono oltre 5 milioni.
Lo racconta anche Ilaria Bonero di Iidea, che presenta sul palco i dati in chiaro scuro di vari studi presi in esame: "Rileviamo una sempre maggiore presenza delle donne tra gli occupati di questo settore. In Europa il 23,7% di occupate nell'ambito videoludico sono donne, in Italia si sfiora il 24% di donne impiegate nella produzione di videogiochi." Rimane però un problema di fondo. Se nelle posizioni apicali si cominciano a vedere anche manager donna, se nella promozione e nella comunicazione la presenza è fissa, le donne che lavorano allo sviluppo dei videogiochi vero e proprio sono rare. Mancano programmatrici, designer, laureate in discipline STEM che vogliano creare i videogiochi di domani.
Nel mondo dei videogiochi ci sono ancora poche programmatrici
A mancare non sono solo le figure professionali laureate nelle discipline scientifiche. Alle volte anche chi ha le competenze adeguate ad ambire a un ruolo nella "stanza dei bottoni" dei videogame fa un passo indietro, perché donna. A mancare infatti sono candidate che pensino di avere una possibilità, come racconta Cristian Nava di Ubisoft Milan: "Anche nella nostra realtà facciamo veramente fatica a trovare giovani ragazze che vogliano fare le programmatrici o ricoprire altri ruoli tecnici. Purtroppo non si presentano, non ci provano nemmeno a venire ai colloqui. Che consiglio darei a una ragazza che sogna un futuro in questo comparto? Bisogna perseverare, crederci e sapere che le porte in faccia saranno tantissime. Non bisogna mollare e, da persona all’interno dell’industria, vi dico: abbiamo bisogno di voi."
Le fa eco Francesca Prandoni, che lavora proprio in Nintendo Italia. Fu lei, anni fa, una delle voci a presentare al mondo la console Nintendo Wii; quella che portò allo spostamento dei device pensati per il gioco dalle camerette dei bambini ai salotti. Di esperienza ne ha tanta e ha visto le cose cambiare, ma non abbastanza: "Lavoro in questo settore da 18 anni. Ho visto con i miei occhi che le cose sono cambiate da quando ho iniziato. Allora la rara assunta di sesso femminile aveva una posizione di supporto nei team. Piano piano la situazione sta cambiando, ma molto lentamente. Si vedono qualche dirigente donna e qualche sviluppatrice donna, ma bisogna ancora fare tantissimo."
Nintendo in questo senso raccoglie già risultati importanti. In Giappone la sede centrale della multinazionale ha aumentato in 5 anni del 30% l’occupazione femminile interna, anche grazie a una legge nipponica molto lungimirante che la incentiva nel settore. Nintendo Italia in questo senso è un'eccellenza: 37 dipendenti, 20 donne e 17 uomini. Un unicum, un traguardo di cui andare fieri.
Dall'altra parte della barricata, la situazione rimane complessa, come spiega la content creator Roberta Sorge, che ha reso la sua passione per la comunicazione un lavoro proprio grazie ai giochi: "Io ai videogiochi debbo tutto a livello professionale, molto a livello umano. Il ricordo più bello degli inizi della mia carriera è quando muovevo i primi passi e giocavo a Professor Layton. Quando ho cominciato a giocarci in diretta streaming non mi sono nemmeno resa conto che ci fosse questo divario di genere. Le difficoltà, i distinguo, le limitazioni sono arrivate più tardi. Questo titolo Nintendo ha la fortuna di avere una fanbase enorme e molto differenziata, per cui quando giocavo online non percepivo un così grande discrimine tra maschi e femminile che mi seguivano via streaming ed erano appassionati come me di Layton."