Prey (2006)

di
Spiriti indiani e creature aliene: il tao del videogioco che unisce singleplayer e multiplayer in una spirale sinuosa dove yin e yang sono i poli che attraggono ogni opposto e lo conciliano nell'armonia. Missione impossibile? Indossando lo spesso cappotto del commissario Derrick (visto che Sam Fisher è già dietro le sbarre, l'ispettore Clouseau non molla la pantera rosa e il commissario Montalbano non esce dalla Sicilia) per ripararci dal freddo dell'inverno bavarese Gamesurf si è introdotta nella sede tedesca di TakeTwo, dove ha scoperto le prove di un grande titolo, Prey. Il nome? Niente a che vedere con la preghiera ma, più pericolosamente, con i rapaci e le loro vittime.


MEGLIO TARDI, MEGLIO BUONO
Il progetto di Prey risale a oltre dieci anni fa, quando 3DRealms lanciò l'idea nel 1995. Il titolo sarebbe dovuto essere pubblicato da GT Interactive, che fu poi assorbita da Infogrames. Nonostante un'applaudita presenza all'E3 del 1997, solo un anno dopo 3DRealms decise di sospendere il progetto, preferendo concentrarsi su DukeNukem Forever (!). Nel 2005 finalmente Prey ritrova un degno publisher, questa volta TakeTwo che, per spolverare via la polvere del tempo, installa sul progetto il motore grafico di Doom3. Nuovo motore grafico, nuovo publisher ma anche nuovo developer: arriva Human Head Studios il cui CEO, Timothy Gerritsen, ha ospitato Gamesurf a Monaco rivelandoci queste informazioni.

OMBRE UFO, OVVERO QUANDO GLI ALIENI INCONTRANO GLI INDIANI
Per apprezzare con piena soddisfazione la giocabilità di Prey occorre lasciarsi avvolgere dal suo filo narrativo. Lo so: attribuire valore alla storia di un FPS può sembrare inutile. Ma non è il caso di Prey, che invece investe pesantemente su questo versante. La storia ha dell'incredibile, sia per i contenuti, che per la loro organizzazione. Dunque: Tommy è un abile meccanico appena uscito dall'esercito americano che ritorna a "casa". Fin qui niente di nuovo, se non fosse che le virgolette indicano una stamberga di bar in mezzo al deserto dell'Okhlaoma. Lì il suo misero locale è gestito insieme alla fidanzata Jenny e al nonno, di origini indiane. Tutto procede nella più assoluta monotonia fino a quando non si verificano strani fenomeni legati ad oggetti volanti non identificati UFO. L'avventura di Tommy inizia quando un raggio verde penetra nel suo locale risucchiando lui, la fidanzata e il nonno in un'astronave aliena. In preda al panico cieco, i tre sventurati si accorgono di essere finiti dentro ad una titanica macchina semi-organica che rapisce ogni forma di vita in giro per l'universo allo scopo di utilizzarla come combustibile e nutrimento per i suoi abitanti. Ma anche la razionalità aliena è limitata come quella umana traduzione: la sfiga è universale e capita che gli ingranaggi che stanno trasportando Tommy a fare la fine di una lametta di tonno si inceppino quel tanto che basta per permettergli di scampare. E così inizia il suo viaggio dentro all'astronave sulla via della fuga. Da solo però, perché Jenny e il nonno, come tanti altri esseri umani rapiti dagli UFO, vengono maciullati davanti ai suoi occhi. Scherzi a parte, le sequenze video che TakeTwo ci ha mostrato sono realmente agghiaccianti per il realismo delle urla delle vittime "abducted" dagli alieni, per la rappresentazione fantascientifica dell'astronave che assomiglia ad un organismo vivente, per i dettagli raccapriccianti con cui le vittime umane subiscono il "trattamento". E' un vero piacere per il gusto narrativo dei palati desiderosi di qualcosa di più di una narrazione da Big-Mac in cui le vicende sono semplicemente affastellate le une sopra le altre. Il pathos c'è; le emozioni non mancano; il gusto del thrilling si fa sentire e i colpi di scena martellano il sistema nervoso del giocatore come una batteria dei Led Zeppelin.


NON E' IL SOLITO FPS
Ma la via di fuga non è una lotta impari contro un potere sovrastante. Anche Tommy potrà calare il suo asso nella manica nel poker contro gli alieni. Infatti il nonno, grande sacerdote dei culti indiani legati alla trasmigrazione degli spiriti, riuscirà ad infondere nel nipote i poteri sovrumani per affrontare la sfida per la libertà. E' iniziata l'avventura di Tommy. Attraverso spazi a gravità zero, in cui potrà camminare sui muri, dove incontrerà differenti razze aliene, Tommy si munisce degli arsenali tipici di una tecnologia aliena che concilia meccanica e biologia anziché da proiettili, le armi faranno fuoco utilizzando microrganismi.
A diversificare quest'ultima versione di Prey è l'inserimento di elementi innovativi come l'assenza di gravità, oppure come i poteri spirituali di Tommy che non rappresentano solo un'arma in più, perché aggiungono un fattore diverso dal semplice uccidi-e-difenditi. S'inserisce quindi un livello minimo di strategia che invita ad abbassare le armi per puntare la razionalità. La stessa costruzione degli scenari è tale da richiedere l'utilizzo dei poteri speciali di Tommy, il cui uso però è soggetto ad una stringente logica di opportunismo, con forti dosi stealth che impongono massima attenzione.

MULTI-PLAYER, MOLTO DIVERTIMENTO
Sano e genuino, è un'insalata fresca di deathmatch condita con le spezie di mappe molto ampie, con spazi a gravità zero, con ponti che collegano parti opposte della mappa, e scenari differenziati, dagli angusti sotterranei dell'astronave fino a paesaggi astrali. L'impressione che correva sulla pelle dei nostri polpastrelli durante la prova del multiplayer era quella di una struttura di gioco completa, che includeva modalità tradizionali del multiplayer su cui però si incanalano significative novità. Le mappe sono effettivamente molto ampie, invitando numerosi giocatori e/o squadre corpose. Al momento, il numero massimo di posti per il multiplayer è fissato ad otto, che comunque non avranno problemi di... spazio!

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