Tra dinosauri e panico: monografia di quel capolavoro che è stato Dino crisis

Dalla nascita al suo declino, tutte le tappe di uno dei survival horror più amato e di cui si attende un grande ritorno

Tra dinosauri e panico monografia di quel capolavoro che è stato Dino crisis

Gli anni ‘90 sono stati un decennio capace di avere un impatto sui vari medium e sulla cultura popolare in generale che ancora oggi torna prepotentemente nelle nostre vite.

Tra personal computer e innovazioni nel mondo della medicina, alcune persone ,tra uno sguardo al passato e un occhio al futuro, puntavano a plasmare mode, trend e culture capaci di cavalcare l’onda degli anni senza sembrare mai vecchie.

Tra coloro che guardano al passato, ma tanto passato, c’è Michael Crichton, autore cui dobbiamo alcune delle più belle opere contemporanee come  The Andromeda Strain, The Terminal Man, Sphere e tanti altri ancora.

A inizio anni ‘90, Crichton pubblica due romanzi che riusciranno ad entrare a gamba tesa nella storia della cultura popolare e oltre: Jurassic Park (1990) e Mondo Perduto (1995): due titoli che attraverso l’utilizzo di figure antiche e affascinanti come i dinosauri riescono ad appassionare i lettori, ma anche a porli a riflettere riguardo l’uso estremo e incondizionato del potere scientifico, nello specifico: l’ingegneria genetica - solo un anno dopo Mondo Perduto, verrà clonata la pecora Dolly.

Al netto delle discussioni etiche, i romanzi raccolsero un successo tale nei salotti buoni che Steven Spielberg decise di acquisirne i diritti prima ancora che il primo romanzo fosse ultimato.

Tra dinosauri e panico: monografia di quel capolavoro che è stato Dino crisis

Nel 1993 i cinema sono pronti ad accogliere il film Jurassic Park, creando un successo tale che anche chi non ha mai visto i film riuscirebbe ad elencare alcune delle scene più famose.

Insomma, una serie capace di riuscire appieno in quell’obiettivo di cui si parlava a inizio articolo: plasmare la cultura popolare.

Dino Crisis: dagli Zombies ai Dinosauri

Ma andiamo con ordine.

Il 22 Marzo del 1996 Resident Evil esce sugli scaffali di mezzo mondo portando con se, amplificando, l’orrore ideato da George Romero nel 1978 con il film Zombi.

Il gioco di Capcom è in grado di costruire un concept e un universo moderno e credibile seppur ispirandosi ad un’opera ideata 18 anni prima.

Il successo e l’impatto di Resident Evil sul mondo videoludico e sulla cultura pop in generale è paragonabile alla potenza di una bomba atomica.

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In un contesto fatto di Super Mario 64, Quake e Tomb Raider, Capcom pubblica un gioco che punta a terrorizzare i giocatori prima ancora che divertirli.

Con la sua camera fissa, sfondi pre-renderizzati, nemici ansiogeni, ansia e scarsità di risorse Capcom e il Game Director Shinji Mikami presentano al mondo il genere survival-horror.

Il successo e l’entusiasmo portato da Resident Evil sono tali che nella stessa Capcom nasce un piccolo team di 4 individui, tra cui vi è anche Shinji Mikami, che puntano a creare il prossimo titolo in grado di lasciare il segno.

Il Capcom Production Studio Four, nome del team, ha però una falla: l’assenza di un leader; ciò fa sì che i 4 membri non riescono a trovare un punto d’incontro sulla tipologia di gioco da sviluppare.

Decidono così, di comune accordo, di provare a costruire idee individuali da presentare poi al team.

Una di queste idee è quella di Shu Takami, il quale propone un’avventura ambientata nella giungla ispirata all’universo e alle creature viste sull’isola di King Kong.

Il team accetta l’idea e comincia a lavorarci sù, quando tutto d’un tratto Capcom decide di richiamare i membri a lavorare su un progetto ad altissima priorità: Resident Evil 1.5.

Lo sviluppo di Resident Evil 1.5 fù tortuoso e rubò totalmente le energie dei 4 membri del Capcom Production Studio Four, al contempo però aiutò questi a schiarirsi le idee su come strutturare il “Jungle Game” che balenava nelle loro teste.

Alla fine dei giochi, Resident Evil 1.5 diventò Resident Evil 2 e il lavorare nuovamente su tematiche survival horror portò Shinji Mikami a ripensare del tutto la tipologia di gioco da creare.

Mikami capì che un gioco basato sul combattere gli animali della giungla non poteva concorrere in un campionato dove era presente la saga di Resident Evil, bisognava fare qualcosa di più.
Propose così al team di sostituire gli animali della giungla con dei dinosauri. 

Dal Survival Horror al Panic Horror

L’assunto di partenza era che se gli zombi, che erano lenti e facilmente evitabili, fossero riusciti a creare terrore nelle persone, allora la presenza di nemici veloci e letali come i dinosauri avrebbe alzato l’asticella. 

La scelta di sostituire gli animali della giungla con dei dinosauri fu accettata dal team e anche dallo stesso Takami che dichiarò:

“Quando ho iniziato a lavorare su Dino Crisis non sapevo nulla di dinosauri. Non potevo nemmeno riconoscere la differenza tra un velociraptor e un tirannosauro”

Tra dinosauri e panico: monografia di quel capolavoro che è stato Dino crisis

Rispetto agli zombie che avevano comunque un corpo umano e quindi facilmente “attaccabile”, i dinosauri erano più resistenti alle armi convenzionali, di conseguenza bisognava ideare un metodo per affrontarli in modo credibile: ecco quindi che venne inserita la possibilità di utilizzare dei tranquillanti per affrontare le creature.

I tranquillanti però non sconfiggono del tutto i dinosauri, i quali possono risvegliarsi e ripartire alla caccia del giocatore; il tutto creando un senso perenne di panico.

Insomma, “panico” era la parola chiave attorno a cui Mikami stava girando; tanto che egli stesso definì il gioco non come un “survival horror" bensì come un “Panic Horror”.

Rispetto alla saga di Resident Evil, Dino Crisis abbandona gli sfondi pre-renderizzati e la camera fissa in favore di ambientazioni 3D e una camera che segue Regina tenendola sempre al centro dell'inquadratura. Veniva quindi meno quella scelta tecnica che in Resident Evil aiutava a costruire una sensazione di ansia causati dagli angoli ciechi.

Mikami, attraverso una serie di stratagemmi riesce a ricreare, se non accrescere, il senso di panico e terrore costruendo il fulcro dell’esperienza sulla difficoltà degli scontri e sulla gestione della salute di Regina: non esisteva infatti una vera e propria barra della salute, il giocatore doveva prestare attenzione alle animazioni e al modo di correre di Regina per capire se fosse necessario usare un kit di pronto soccorso.

Diversamente da Resident Evil, le ferite dei dinosauri portavano la nostra protagonista a perdere sangue, cosa che attirava i dinosauri nelle vicinanze se non curata con un laccio emostatico.

Tutto era studiato con l’obiettivo di indurre il panico nel giocatore.

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Tralasciando l’ottima direzione artistica, figlia anche delle innovazioni del tempo, Dino Crisis propone anche una buona scrittura che prende a piè mani dalla tradizione dei B- Movies senza però annoiare il giocatore.

Un esperimento segreto su un’isola dimenticata dal mondo sfugge di mano, l’agente Tom, appartenente all’organizzazione militare Secret Operation Raid Team, viene spedito sull’isola per investigare riguardo cosa sia accaduto e lì scopre che l’intera struttura di ricerca è stato invaso da dinosauri creati dagli esperimenti Del Dottor Edward Kirk, creduto morto da 3 anni.

Il nostro Tom chiede quindi rinforzi per mettere in sicurezza la struttura e recuperare il dottore folle di turno.

Da lì inizia la nostra avventura che ci mette nei panni di Regina, anch’essa appartenente alla S.O.R.T, che girovagando per il complesso di ricerca scopre che il Dottor. Kirk è riuscito a creare una frattura nello spazio-tempo dalla quale sono poi arrivati i dinosauri; dovrà quindi cercare il modo di chiudere tale frattura e tornare a casa sana e salva.

Non vi sembra di aver letto la descrizione del tipico film da divano più sabato pomeriggio?

Lasciati quindi gli zombie a Raccoon City, il giocatore si trovava ad essere un vero e proprio spuntino ambulante per i dinosauri della struttura. Seppur inferiori di numero rispetto agli zombie della serie di Resident Evil, i dinosauri risultavano molto più pericolosi e ansiogeni poiché molto più veloci e aggressivi.

Nelle idee del Capcom Production Studio Four, Dino Crisis avrebbe dovuto implementare molte più innovazioni che furono bloccate dalle limitazioni tecniche imposte dalla PlayStation 1.
Mikami avrebbe voluto sviluppare un’intelligenza artificiale meglio strutturata, che desse una diversa personalità a ogni tipologia di dinosauro.

Inoltre, nella mente di Shinji Mikami, il tirannosauro avrebbe dovuto inseguire il giocatore lungo tutta la durata del gioco; il tutto con l’obiettivo di accrescere sempre di più il senso di panico.

Tutto sommato, nonostante l’etichetta pesantissima di Resident Evil coi dinosauri, l’esperimento di Dino Crisis riuscì alla grande tanto da guadagnarsi un sequel: Dino Crisis 2.

Two is megl che one

Il 13 Settembre del 2000, dopo uno sviluppo ben più lungo rispetto al primo titolo,  il secondo capitolo della saga di Dino Crisis arriva sugli scaffali giapponesi (24 Novembre in Europa).

Dino Crisis 2 aveva dalla sua tutte le esperienze pregresse di Capcom per essere un capolavoro: contava su una fanbase molto affezionata a Dino Crisis 1 e alle sue dinamiche e nasceva sin dall’inizio come un vero e proprio sequel, non come quel travagliato Resident Evil 1.5.

Tra dinosauri e panico: monografia di quel capolavoro che è stato Dino crisis


Tuttavia, Capcom decide di attuare una serie di cambiamenti che rivoluzioneranno del tutto il secondo capitolo della saga.

In primis c’è la decisione di affidare la direzione artistica a Shu Takumi - sì, quello che diceva di non conoscere la differenza tra un velociraptor e un tirannosauro - che sostituisce Shinji Mikami, il quale era occupato a lavorare all’adattamento di Resident Evil su GameCube.

Dino Crisis 2 si allontanava da quella sensazione di panico che puntava a creare il capitolo precedente. Il gioco abbandona le dinamiche horror per abbracciare un’azione più frenetica: sia chiaro, questo non è da intendere come un aspetto negativo.

Se a livello di trama si continuava a scavare nei B-movies, è su tutto il resto invece che Dino Crisis 2 decide di cambiare del tutto.

Rispetto al primo capitolo, Dino Crisis 2 ci metteva nei panni di due protagonisti giocabili: Dylan e Regina.
Diversamente da Resident Evil 2, che anche proponeva due personaggi i quali però seguivano pressoché lo stesso percorso durante il gioco, Dino Crisis 2 proponeva una unica storia lungo la quale il giocatore avrebbe alternato fasi di gioco con Regina a fasi di gioco con Dylan, procedendo con le vicende della trama seguendo i due protagonisti per poi arrivare ad un unico finale.

Questa non era l’unica novità riguardante i due personaggi. Questi infatti avevano armi diverse, in modo da variare il gameplay, e soprattutto oggetti speciali diversi.

Tra dinosauri e panico: monografia di quel capolavoro che è stato Dino crisis

Dylan aveva un machete che permetteva di accedere a determinate aree precluse a Regina e quest’ultima poteva invece accedere ad altre zone precluse a Dylan. Anche a livello di attrezzatura vi era una forte differenza; mentre Dylan privilegia armi pesanti, come i fucili a pompa, Regina utilizza armi più agili, come la mitragliatrice, e può anche utilizzare due armi allo stesso momento.

Una delle più grandi differenze introdotte da Takumi è l’abbandono delle dinamiche da “Survival Horror” (o “Panic Horror” se preferite) in favore di una svolta più action.

I due protagonisti hanno accesso ad un variegato arsenale di armi con cui affrontare i vari dinosauri, inoltre ora Dylan e Regina possono sparare mentre corrono, dinamica che aggiunge maggiore velocità al gioco.

Dino Crisis 2 si basa su un sistema di combo e punteggi in base al numero e alla tipologia di dinosauri sconfitti.

Questi “Punti Estinzione” possono essere utilizzati nei punti di salvataggio per acquistare nuove armi o potenziare quelle già in nostro possesso.

Insomma, rispetto a Dino Crisis 1, che faceva della sensazione di panico e della necessità di fuggire e scappare dai dinosauri due dei suoi pilastri, Dino Crisis 2 si propone come molto più simile ad un arcade, meno basato sulla gestione degli spazi o dell’inventario e più sullo sparare a quanti più nemici possibile.

Tale scelta è stata spiegata dal produttore Hiroyuki Kobayashi con l’intento di “generare euforia nello sconfiggere una serie di dinosauri dietro l’altra”.

Il secondo capitolo della saga invitava ad affrontare quanti più nemici a viso aperto con l'obiettivo di aumentare il proprio punteggio.

A questo radicale cambio di rotta, vi si aggiunsero altre scelte tecniche come il ritorno degli sfondi pre-renderizzati, un gameplay più tradizionale e una trama più vicina ad un film action che alla matrice “residenteviliana” del primo capitolo.

Tali cambiamenti aiutarono la saga di Dino Crisis a scrollarsi da dosso l’etichetta di “fratello minore di Resident Evil” e a far raggiungere al secondo capitolo la quota di 1.8 milioni di copie vendute, nonostante il titolo fosse state pubblicato su PlayStation 1 nel periodo in cui Gamecube e PlayStation 2 arrivavano sul mercato.

Nonostante oggi Dino Crisis 2 venga visto come un passo indietro rispetto al primo capitolo, all’epoca il titolo riuscì ad ottenere anche il favore della critica con un 86/100 su Metacritic e IGN gli diede un bel 9.3. 

Non c’è due senza tre… 

Ora, se fossi una persona dotata di un pizzico d’amor proprio, concluderei qui questo articolo, dopo aver ricordato, senza un pizzico di malinconia, quella saga spettacolare che è stata Dino Crisis.

Tuttavia, l’amor proprio l’ho abbandonato quando, vedovo di Hideo Kojima, ho acquistato Metal Gear Solid Survivor.

Quindi continuiamo il nostro percorso andando a vedere come la saga ha letteralmente fatto harakiri.

Dopo il successo di Dino Crisis 1 e Dino Crisis 2, qualcuno potrebbe pensare che il logico seguito fosse un Dino Crisis 3 che ci raccontasse (spoiler alert) di come Regina fosse tornata indietro nel tempo per salvare Dylan e Paula.

E invece no.

Ma proprio fuori strada.

A inizio 2000 Capcom creò la serie “Gun Survivor” come spin-off della saga di Resident Evil con l’obiettivo di sfruttare al massimo le potenzialità della PlayStation 2 e la bellissima, quanto inadeguata, light gun.

Ecco, senza alcun senso logico, Capcom decide di dedicare un capitolo della serie Gun Survivor a Dino Crisis, pubblicando nel Giugno del 2002 Dino Stalker.

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La storia ci mette nei panni di Mike Wired, un membro dell’aeronautica che durante la seconda guerra mondiale viene colpito mentre è in volo e viene, non statevi a chiedervi troppo come, teletrasportato nel futuro dove si trova ad affrontare un esercito di dinosauri comandati d Trinity, un dinosauro dotato di un'intelligenza tale da guidare e comandare tutti gli altri dinosauri - ripeto, non state qui a farvi troppe domande.

Dopo 1000 peripezie, Mike riesce ad incontrare Dylan, da Dino Crisis 2, che riesce a mandarlo indietro al suo tempo.

Cosa, non ho messo lo spoiler alert?

Che peccato.

Dino Stalker va inteso come uno spin-off e soprattutto come un esperimento e come tale va trattato.

L’idea di usare la light gun era anche carina, tuttavia la disastrosa ottimizzazione dei comandi fece sì che il gioco divertisse più pad alla mano che con la periferica per cui era stato creato.

Durante l’E3 del Maggio 2001 Capcom, conscia del flop di Dino Stalker, annuncia Dino Crisis 3. Il gioco avrebbe dovuto seguire la storia di Dino Crisis 2 e vedere il giocatore indossare nuovamente i panni di Regina in un gioco che seguisse la via action introdotta dal secondo capitolo.

A supporto della presentazione, Yoshiki Okamoto presentò l’immagine di una città in rovina occupata da dinosauri.

L’idea di Kobayashi e Mikami era quella di una trama che si sarebbe evoluta sulla base delle decisioni del giocatore.

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Tuttavia, meno di 4 mesi dopo l’attacco al World Trade Center e le immagini di una New York devastata portano Capcom a fare un passo indietro e rivalutare l’idea di ambientare il titolo in una città in rovina poiché la cosa avrebbe potuto urtare la sensibilità di alcune persone.

Così Capcom si ritrova a dover riscrivere da zero un gioco atteso dalla critica e dai fan sul quale tutti avevano grosse aspettative.

La scelta fù di ambientare il gioco in una stazione spaziale nel 2548. Le nuove scelte non si fermavano qua, infatti questa volta i giocatori non avrebbero affrontato dei veri e propri dinosauri bensì degli esperimenti e il gioco non sarebbe stato un’esclusiva PlayStation come i primi due titoli bensì un’esclusiva Xbox, poiché Kobayashi riteneva che PlayStation 2 non fosse capace di gestire la grafica del gioco, mentre la console Microsoft offriva molta più potenza di calcolo.

Come per Dino Crisis 2, anche nel terzo capitolo si puntò ad offrire un’esperienza di gioco che invogliasse il giocatore a sparare quanto più possibile contro i dinosauri. Con Dino crisis 3 si ritorna agli sfondi in 3D, come quanto stava accadendo contemporaneamente con Resident Evil Outbreak, e la camera seguiva il giocatore.

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Il gioco era ormai stato trasformato in un arcade che aveva perso del tutto l’identità iniziale. Spappolare dinosauri spaziali sulla Seyfert armati di armi e jetpack era abbastanza divertente, però non era Dino Crisis bensì qualcos’altro.

Le recensioni della critica furono miste, ma bene o male tutte concordavano di non trovarsi davanti al gioco che si aspettavano.

IGN lo ha valutato 6 su 10, accusandolo di essere una opportunità persa e attaccando i cambi di trama e gameplay.

GameTrailers ha inserito il gioco tra i 10 peggiori sequel di sempre e Metacritic ha valutato il gioco con 51 su 100.

Capcom aveva previsto di vendere almeno 580 mila copie per la fine dell’anno fiscale 2003, tuttavia il report annuale di Capcom nel 2004 segnalò la crescita del gioco come “lenta” facendo presumere che il gioco non raggiunse l’obiettivo prefissato. 

Insomma, con il suo ennesimo cambio di rotta e i suoi dinosauri spaziali, Dino Crisis 3 ha sancito la fine del franchise.

Eppure negli anni Capcom non ha mai affermato di aver definitivamente abbandonato la saga di Dino Crisis, tant’è che di tanto in tanto esce fuori qualche rumor che parla di eventuali remake.

Quale futuro per il franchise?

Nel 2019 abbiamo assistito ad una vera e propria esplosione di remake legati al genere horror; abbastanza simpatico è che questa ondata di remake sia partita in casa Capcom.

Infatti, negli ultimi anni, in cui il genere horror sembra aver preso una strada indirizzata verso i giochi in prima persona e con pochi o del tutto assenti scontri, abbiamo visto come sia possibile ricreare quella sensazione di terrore e ansia che aleggiava intorno alle vecchie glorie del passato.

È stato prima il momento di Resident Evil 2, con capcom che è stata in grado di creare un remake perfetto del titolo del 1998, seguito poi da Resident Evil 3 Nemesis. Da lì è stato un crescendo di annunci e pubblicazioni che ci hanno portato il remake di Dead Space a opera di Electronic Arts e di Silent Hill 2 da parte di Konami e l’arrivo di Resident Evil 4 Remake che è oramai una questione di giorni, e secondo alcuni rumor, Shinji Mikami sarebbe al lavoro su The Evil Within 3, un titolo horror che non è sicuramente un remake di una vecchia gloria ma cavalca alla grande le modalità di gioco e le ambientazioni dei vecchi horror.

Insomma, in questa ondata di remake a tema horror, sembra che l’unico che manchi alla festa sia proprio Dino Crisis.

Ad accrescere la voglia di un futuro per il franchise vi è anche la rinnovata popolarità che i dinosauri sono riusciti a ritagliarsi nella cultura pop grazie ai revival del franchise di Jurassic Park.

A conferma della cosa vi sono le varie HD remastered fatte dai fan del primo Dino Crisis e il “remake” homemade del secondo titolo.

E sarebbe una bugia dire che non ci è battuto il cuore quando nel 2022 Capcom ha presentato Exoprimal; gioco multiplayer che ci mette nei panni di robottoni pronti ad affrontare orde di dinosauri che cadono dal cielo.

I più attenti hanno da subito notato come il trailer di presentazione del gioco avesse fin troppi punti di contatto con la saga di Dino Crisis: viaggi nel tempo, fratture spazio-temporali, una misteriosa energia (che ricorda vagamente la terza energia di Dino Crisis), collegamenti con un futuro che sembra connettersi con quello visto in Dino Crisis 3 e una forte voglia di sparare ai dinosauri.

A ciò va aggiunto come Capcom abbia inserito nel trailer di lancio un personaggio femminile dai capelli rossi fin troppo simile alla Regina che abbiamo conosciuto nei primi due capitoli della serie.

Tra dinosauri e panico: monografia di quel capolavoro che è stato Dino crisis

L’hype creatosi attorno al lancio di Exoprimal è stato tale che Hiroyuki Kobayashi, che già ha lavorato ai precedenti Dino Crisis ed è ora alla direzione di Exoprimal,  ha voluto sottolineare come il titolo non sia un seguito di Dino Crisis né cerchi di ripassare le orme.

Inutile dire che se da un lato le parole di Kobayashi ci hanno spezzato il cuore, dall’altro hanno fatto tirare più di qualche sospiro di sollievo poiché nel parlare di un remake o continuo del franchise di Dino Crisis, noi desideriamo quel “Panic Horror” cui Shinji Mikami ci ha abituato nel primo capitolo del 1999.

Ecco, in quel caso saremmo disposti letteralmente a lanciare i nostri soldi come il buon caro Philip J. Fry

 

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