True Crime, una gemma nascosta dell'era PlayStation 2

Riscopriamo insieme quanto era figa la saga di Activision che si poneva come alternativa a GTA

di Domenico Colantuono

È il 2003 e il mondo del gaming si sta ancora riprendendo dalle avventure di Tommy Vercetti e le insegne luminose di GTA Vice City, il sistema di gioco open world era ormai sdoganato e in tante software house volevano provare a prendersi una fetta di quel mercato che Rockstar stava letteralmente divorando.

Tra queste software house c’era Activision, la quale attraverso Luxoflux porta sul mercato un titolo che sin da subito viene bollato come “il primo clone di GTA”: True Crime: Streets of Los Angeles.
True Crime: Streets of LA ci mette nei panni di Nick Kang, un poliziotto sospeso dalla polizia di Los Angeles e richiamato in attività dalla E.O.D - Elite Operations Division - una divisione creata per aver a che fare con i peggiori criminali della città.

In principio era la città di Los Angeles

Se le basi della trama non sono delle migliori, va a migliorare non vi preoccupate, è nel gameplay che True Crime Streets of LA dà il suo meglio. 
È proprio il gameplay che fa sì che l’appellativo “clone di GTA” stia strettissimo a True Crime. Luxoflux crea un gameplay che va oltre la semplice guida e sparatorie; in True Crime abbiamo di tutto: un buon sistema di shooting, un ottimo sistema di combattimento corpo a corpo, una buona gestione dei vari veicoli e degli inaspettati elementi RPG.
E se il sistema di base ricorda, per ovvie ragioni, la saga di GTA, è il resto che tende a differenziare True Crime dalla saga di Rockstar Games.

True Crime ribalta la narrazione del criminale intento in un’ascesa al potere per piazzarci dall’altro lato della barricata. Nel tempo libero tra una missione e l’altra, il gioco non ci incoraggia a compiere omicidi di massa per divertimento, bensì a risolvere casi quotidiani come risse, furti e tante altre rogne con cui un poliziotto ha a che fare.
Fare del male ai civili è comunque possibile e ci mette contro l’intera forza di polizia della città; di conseguenza è comunque abbastanza divertente.

Nella nostra lotta quotidiana al crimine, il dipartimento di Los Angeles non è di grande aiuto; infatti all’inizio della storia saremo solo armati di un semplicissimo revolver, un’auto di quarta mano e qualche mossa di finto Kung Fu. 
Il nostro Nick può però migliorare le sue statistiche allenandosi nei vari dojo della città, andare ai poligoni di tiro e vincendo una serie di sfide legate alla guida.
Sconfiggere criminali sempre più forti ci farà salire di grado e avere di conseguenza accesso a nuovi training, documenti e missioni.

Rivoluzionario per l’epoca è poi il sistema “poliziotto buono e poliziotto cattivo”, un sistema morale che dà la libertà al giocatore di agire come un poliziotto buono e rispettoso di tutte le regole - come bloccare un malvivente e ammanettarlo - oppure un poliziotto cattivo - e aggredire fisicamente il suddetto malvivente. Le azioni che ci definiscono come poliziotto buono o cattivo hanno un impatto sul finale del gioco; il gioco dispone infatti di 3 finali in cui Nick è buono, cattivo e neutrale.

Il piano grafico è quello che chiaramente sente maggiormente il peso dei 21 anni trascorsi, eppure guardandolo con gli occhi dell’epoca, True Crime Streets of LA proponeva delle ottime animazioni facciali, una buona realizzazione dei movimenti e una Los Angeles credibile e ben dettagliata, con una quasi assenza di caricamenti tra un quartiere e l’alto, a ciò va aggiunta l’alta distruttibilità degli scenari - feature assente nei GTA dell’epoca - sia interni che esterni, senza dimenticare l’ottima realizzazione dell’esplosione delle auto, le quali non esplodono improvvisamente, ma vanno in fiamme per poi esplodere poco dopo in caso di colpi d’arma da fuoco al serbatoio.

True Crime Streets of LA eccelle anche sul sound design, con un serie di doppiatori di altissimo livello, tra i quali spicca Cristopher Walken, che in quel periodo aveva da poco finito di recitare in Batman di Tim Burton e l’anno dopo avrebbe interpretato Capitano Koons in Pulp Fiction.
Avere un attore del calibro a bordo ha fatto sì che i dialoghi del gioco fossero credibili e rimanessero impressi nella mente dei giocatori. 
Alla prova attoriale dei doppiatori, si aggiunge poi un ottimo sound degli ambienti che riesce a catapultare il giocatore nella città di Los Angeles.

Chiaramente, True Crime Streets of LA non era tutto oro, vi erano anche dei lati negativi.
La mappa di gioco, pubblicizzata come una delle feature migliori del gioco, è troppo grande e ciò crea un vero e proprio senso di smarrimento nel giocatore, il quale si ritrova a vagare per una mappa enorme senza riuscire ad assimilare dei punti di riferimento.
Se è vero che la grafica eccelleva sul piano delle animazioni, è altrettanto vero che questa non era al passo con le produzioni dell’epoca, nello stesso anno era uscito Final Fantasy X-2.

Il fatto poi che il gioco si confrontasse letteralmente con il già citato Vice City, non ha aiutato True Crime ad esplodere definitivamente. Tuttavia, le 600.000 copie vendute in un mese - in totale il gioco ha venduto 3 milioni di copie - hanno spinto Luxoloft a dare vita a un secondo capitolo.

Un poliziotto a New York

Pubblicato nel 2005, portandosi con sé quindi il pesantissimo paragone con GTA San Andreas, True Crime:New York City prende quanto di buono fatto dal primo capitolo e lo eleva all’ennesima potenza. I giocatori possono infatti ora entrare in tantissimi edifici, comprare vestiti e veicoli, imparare nuove mosse di combattimento e dispongono di un arsenale molto più grande.

In New York City ci troviamo a guidare un nuovo personaggio, Marcus Reed, figlio di un signore del crimine, il quale però viene convinto da un amico di famiglia, il poliziotto Terrence Higgins, a diventare un poliziotto. Reed accetta l’offerta e si prepara per entrare a far parte della OCD - Organized Crime Division - tuttavia, il giorno del suo “esame” Reed vede Higgins assassinato sul lavoro e la sua domande per entrare nell’OCD rifiutata; si trova quindi costretto ad accettare il ruolo di poliziotto in borghese.

Da quel momento, la missione di Marcus è di capire per quale motivo Higgins sia stato assassinato e durante il suo viaggio nella verità, si scontra con vari signori del crimine e della mafia di New York.

Con True Crime:New York City, Luxoloft dimostra di aver fatto i compiti a casa sin dall’inizio; la trama è molto più articolata e i personaggi sono più credibili e reali, con dei background ben costruiti che guidano le loro azioni, nel bene e nel male. 
Il piano grafico è molto migliorato, il sonoro viene reso ancora meglio e la qualità attoriale, già di altissimo livello nel primo capitolo della saga, viene portata a un livello superiore con la presenza di attori del livello di Laurence Fishburne e Mickey Rourke, oltre al già presente nel primo capitolo, Christopher Walken.

Sul piano del gameplay, New York City migliora tanto quanto visto nel primo capitolo. Le missioni sono diversificate e i compiti da poliziotto si integrano alla perfezione con quello che è l’andazzo del gioco. Alle volte possiamo essere chiamati per sedare una rissa tra senzatetto, altre volte per fermare un pazzo alla guida di un bus, altre ancora per qualcuno che sta provando ad avvelenare il cibo in un ristorante. 
Anche qui si ritrova il sistema di morale che spinge a scegliere se essere un buono o cattivo poliziotto, e la cosa va anche oltre le semplici scelte in determinati momenti; alle volte potremmo fermare un malvivente per strada e decidere di accettare di farci corrompere e lasciarlo andare, tutto regolare.

L’enorme diversità delle missioni secondarie aiuta a nascondere un leggera ripetitività della formula che accompagna quelle primarie, le quali si costruiscono per lo più attorno alla formula: fai irruzione, uccidi o arresta, acchiappa il boss di turno.
Chiaramente, ci sono altre tipologie di missioni principali, le quali finiscono per restare maggiormente impresse anche per via della loro diversità; come la fuga dal manicomio o la corsa in limousine.

Il gioco si distingue anche per le molteplici vie per progredire nella storia. Nel caso un interrogatorio finisca male, e non si è quindi in possesso dell’informazione necessaria, è sempre possibile andare da uno degli informatori sparsi per la città, fare una missione per loro e ricevere l’informazione.

Esattamente come nel primo capitolo, la mappa di True Crime: New York City è enorme. I team di sviluppo ha ricostruito l’intera Manhattan, rendendola viva e credibile. Data la vastità della mappa, e del conseguente traffico, alle volte sarà più semplice prendere la metro per raggiungere un determinato punto anziché guidare. 

Nonostante True Crime New York City migliorasse tutto ciò che si era visto nel primo capitolo della saga, alla sua pubblicazione ha ricevuto verdetti totalmente contrastanti. IGN ha dato un buon 7.8 al gioco, mentre Eurogamer lo ha accolto con un 6 su 10.
A ciò si aggiunsero le critiche della società statunitense, con il dipartimento della polizia di New York che invitava a boicottare il gioco, e il paragone dei giocatori con GTA San Andreas. 
Tutto ciò si è tradotto in dei dati di vendita molto al di sotto delle aspettative che hanno compromesso del tutto il futuro della saga, portando Luxoflux a cancellare un sequel per la storia di Marcus Reed e Activision a cancellare del tutto la saga, fino al 2007, quando qualcosa cambia.

True Crime: Honk Kong, no anzi, Black Lotus. No, famo Sleeping Dogs

Nel 2007, Activision prova a lanciare una nuova IP open world e contatta United Front Games per lo sviluppo. La bozza che ne viene fuori è la storia di un poliziotto sotto copertura tra le strade di Hong Kong, dal titolo Black Lotus. 

Dopo un anno di sviluppo il gioco diventa talmente simile al defunto True Crime, nell’idea di base, nelle meccaniche e nella tipologia di missioni, che Activision decide di inserire il titolo nell’universo di True Crime, dando una nuova possibilità alla saga.
Il gioco viene annunciato per l’autunno del 2010, per essere poi rinviato al 2011 per far sì che il gioco venisse migliorato, tuttavia, nel febbraio del 2011, Activision decide di cancellare il progetto, dando il via a una vera e propria telenovela con United Front Games.

Lo studio di sviluppo affermava che il gioco era pronto ad essere pubblicato ed era perfettamente giocabile, Activision, dal canto suo sottolineava come il gioco non rispettasse i requisiti di qualità richiesti e che non avrebbe retto il confronto con la saga di GTA e il neonato Red Dead Redemption.

Nell’agosto dello stesso anno, Sqaure Enix decide di acquistare i diritti relativi al gioco sviluppato da United Front Games, ma non di True Crime, e rinomina il titolo come Sleeping Dogs, il quale viene pubblicato nel 2012 e diventa l’erede spirituale della saga di True Crime.

Esattamente come già accaduto con True Crime: New York City, il titolo riceve voti contrastanti dalla critica; con score che vanno dal 9 al 6, e nonostante le quasi 3 milioni di copie, Square Enix ha annunciato nel 2013 che il titolo non ha raggiunto gli obiettivi prefissati, finendo quindi con il cancellare il sequel Sleeping Dogs 2 e lo spin-off Triad Wars.

L’eredità di True Crime

Al netto della sua fine poco onorevole e dei risultati non eccezionali, la saga di True Crime prima e Sleeping Dogs poi, hanno mostrato che era possibile pubblicare qualcosa che, pur essendo simile nel gameplay, si differenziasse dal colosso di Rockstar Games, GTA.

L’idea di base di True Crime viene infatti poi ripresa dalla stessa Rockstar nella creazione di L.A Noire, che pubblicato a 6 anni di distanza da New York City, riporta sullo schermo le stesse tematiche della saga di Activision.

I due True Crime e Sleeping Dogs hanno inoltre lasciato un ottimo ricordo nella memoria dei fan, che in un periodo di remake quale quello che stiamo vivendo, chiedono a gran voce di poter rigiocare le avventure di Marcus Reed sulle console dell’attuale generazione, e sperano in un seguito dei due franchise.

Ad oggi, tuttavia, Activision ha abbandonato il brand e a meno che qualche altra casa di sviluppo non decida di riprenderlo, True Crime rischia di restare nel cassetto dei ricordi, lasciando a tutti l’amaro in bocca per quel potenziale inespresso e per quello che sarebbe potuto essere stato in futuro.