Videogioco e cultura: dall'utopia alla realtà (?)
di
Gabriele Cazzulini
Videogioco e cultura: dall'utopia alla realtà (?)
Suona festosa l'ultima campanella dell'anno scolastico ma arrivano anche le bocciature. Ad esempio in italiano, come succede a Dante's Inferno, videogioco targato EA che pretende di ispirarsi al capolavoro della cultura italiana. Come preannuncia il titolo, l'esito é veramente infernale, ma soltanto per gli strafalcioni - come credere che la Divina Commedia sia soltanto l'Inferno. Va bene che siamo al tempo di Twitter e dei messaggi stringati, telegrafici, compatti. Ma non ignoranti. E' un pugno nell'occhio leggere che Dante si addentra nella selva oscura, aspra e selvaggia, per liberare Beatrice dall'inferno! Bastano due neuroni messi in croce per intuire che una creatura innocente come Beatrice non può essere finita in mezzo ai peggio dannati. Castronerie che disturbano il riposo eterno di Dante, quello vero. Ma offendono anche la cultura italiana, che trova proprio nella Commedia la culla dove é cresciuta la sua identità. Ma neppure il sito di Dante's Inferno prevede la versione in italiano. Quattordici lingue, ma non l'italiano. Sentiti ringraziamenti! Grazie alla potenza e ai capitali di EA, Dante's Inferno non sprofonderà nel ridicolo. Ma la pena del contrappasso non cade mai in prescrizione. Infatti Dante's Inferno é la perfetta antitesi del videogioco che volta le spalle alla banalità per camminare verso un orizzonte culturale. Almeno le clamorose sviste di Dante's Inferno servono per mettere a fuoco il motore immobile di tutto il ragionamento: qual é il rapporto tra videogioco e cultura?
Uscire dal ghetto [appello per l'emancipazione culturale dei videogiochi]
Finora i videogiochi sono stati ghettizzati nell'indifferenza, nella superficialità, nell'infantilismo rispetto ad altre forme creative come il cinema, la letteratura e la musica. La prova? Perché i videogiochi non sono venduti insieme ai libri? Perché invece i videogiochi sono spesso venduti insieme a lavatrici, microonde ed altri elettrodomestici che non sono proprio il massimo della cultura? Alla fine s'impone il deprimente pregiudizio per cui i videogiochi non fanno cultura - ecco la targa sul ghetto. La falsità di questa affermazione é facilmente dimostrabile. Dal lato del consumo i videogiochi richiedono abilità, destrezza, riflessi pronti, competenze tecnologiche, impegno e passione. Dal lato della produzione il videogioco rappresenta un puro distillato di evoluzione tecnologica, riversato in quegli eleganti calici che sono le console e degustato da palati sempre più raffinati ed esigenti. Ma tecnologia non fa rima con cultura. Manca ancora un elemento molto semplice: la comunicazione di un messaggio, di un senso, di un simbolo, di un dramma, di un'emozione che incarna un fatto sociale, raffigura un'epoca storica, porta alla coscienza un problema attuale, esprime la realtà, i sogni e gli incubi di una generazione. E' quello che fa un film, un romanzo, una canzone, un quadro. Punto. Perché non può farlo anche un videogioco. Punto di domanda.
AAA Cercasi Next Generation Culturale [astenersi geek, no smanettoni]
E' chiaro: il videogioco come genere artistico attraversa ancora la sua fase adolescenziale. Ma é altrettanto chiaro che il passo seguente non può essere sempre e solo la tecnologia. Serve un salto quantico per rivoluzionare la mentalità con cui il videogioco si rapporta alla vita sociale. Allora: cosa vuol fare da grande il videogioco? Se il miglioramento della sola dimensione tecnica rappresenta l'unica via di sviluppo del videogioco, a sbarrare i cancelli del loro ghetto saranno stati proprio i videogiochi. La ludosfera ha un bisogno vitale di emanciparsi dal suo stato di inferiorità, di figlio di un dio minore rispetto ad altre forme culturali, perché il suo arsenale tecnologico promette un'evoluzione culturale altrettanto poderosa. Per conquistarla c'é bisogno di un upgrade sistematico nella narrazione, nei temi, nel senso dell'attualità, nell'estetica, nel design, nella caratterizzazione dei personaggi. C'é bisogno di un'alta definizione anche per le idee che creano i videogiochi. Non basta più picchiare duro sugli istinti animaleschi e delegare tutto ad gioco di ruolo calato nel vuoto di contenuti veri.Confinare il videogioco allo sfogo delle ansie represse con una caterva di botte é come servire un succulento filetto in mezzo a due fette di pane secco. Scintillanti e avvolgenti, i nuovi mondi partoriti dalla fantasia degli sceneggiatori diventano presto un deserto se restano lo sfondo per i soliti combattimenti e le solite storie scontate. Bisogna chiudere questo copione e iniziare una nuova avventura, che parta dall'appello per la liberazione della fantasia dagli stereotipi e per il coinvolgimento attivo del videogioco nell'animo della società. Cercasi disperatamente videogioco “embedded”, radicato nella società e capace di veicolare un suo messaggio anche quando la console é spenta. Un videogioco capace di far parlare del suo senso, della sua storia, dei suoi protagonisti, delle domande che ha saputo porre e delle risposte che é riuscito a dedurre. Ci vuole un videogioco con la sua identità, schierato sui grandi problemi, con la volontà di trasmettere un pensiero, un'idea, uno stile, un messaggio, una tendenza, una moda. Non solo punti e classifiche. Al capo progetto di Microsoft che mi chiedeva se avessi letto i romanzi di Halo, io risposi chiedendogli se lui avesse mai letto Dostoevskij. Ad oltre un secolo dalla sua morte, leggiamo ancora i Fratelli Karamazov, mentre fra cinque anni forse nessuno saprà chi era Master Chief.
Yes we can [I have a dream]
Da queste altezze Dante's Inferno appare un caso irrilevante. Non c'é bisogno di citazioni falsamente erudite per ottenere la laurea in letteratura italiana. La vera cultura non é tutta chiacchiere nozionistiche e distintivo enciclopedico. E' la forza di incidere sulle coscienze, sui pensieri, sugli atteggiamenti sociali. No. Il videogioco ha le analisi del sangue in regola per competere a fianco degli altri generi artistici e consegnare all'umanità un piccolo scrigno di tesori unici, per divertire ma anche per riflettere, dubitare, ripensare. Fra vent'anni guarderemo ancora film di quarant'anni prima. Sarebbe bello rivedere anche un videogioco che ha segnato un'epoca, é diventato una leggenda, é entrato nelle icone della storia, senza imprimersi solo nelle retine degli occhi, ma anche nei ventricoli dei cuori e nelle sinapsi del cervello. Non dev'essere solo un sogno.
p.s. La Divina Commedia é una lezione valida ancora oggi, per chi ha umiltà e grandi progetti: il videogioco deve uscire dal limbo infernale di anonimato e inferiorità per raggiungere il paradiso della cultura e dell'arte - e finalmente uscire a... rivedere le stelle.
Suona festosa l'ultima campanella dell'anno scolastico ma arrivano anche le bocciature. Ad esempio in italiano, come succede a Dante's Inferno, videogioco targato EA che pretende di ispirarsi al capolavoro della cultura italiana. Come preannuncia il titolo, l'esito é veramente infernale, ma soltanto per gli strafalcioni - come credere che la Divina Commedia sia soltanto l'Inferno. Va bene che siamo al tempo di Twitter e dei messaggi stringati, telegrafici, compatti. Ma non ignoranti. E' un pugno nell'occhio leggere che Dante si addentra nella selva oscura, aspra e selvaggia, per liberare Beatrice dall'inferno! Bastano due neuroni messi in croce per intuire che una creatura innocente come Beatrice non può essere finita in mezzo ai peggio dannati. Castronerie che disturbano il riposo eterno di Dante, quello vero. Ma offendono anche la cultura italiana, che trova proprio nella Commedia la culla dove é cresciuta la sua identità. Ma neppure il sito di Dante's Inferno prevede la versione in italiano. Quattordici lingue, ma non l'italiano. Sentiti ringraziamenti! Grazie alla potenza e ai capitali di EA, Dante's Inferno non sprofonderà nel ridicolo. Ma la pena del contrappasso non cade mai in prescrizione. Infatti Dante's Inferno é la perfetta antitesi del videogioco che volta le spalle alla banalità per camminare verso un orizzonte culturale. Almeno le clamorose sviste di Dante's Inferno servono per mettere a fuoco il motore immobile di tutto il ragionamento: qual é il rapporto tra videogioco e cultura?
Uscire dal ghetto [appello per l'emancipazione culturale dei videogiochi]
Finora i videogiochi sono stati ghettizzati nell'indifferenza, nella superficialità, nell'infantilismo rispetto ad altre forme creative come il cinema, la letteratura e la musica. La prova? Perché i videogiochi non sono venduti insieme ai libri? Perché invece i videogiochi sono spesso venduti insieme a lavatrici, microonde ed altri elettrodomestici che non sono proprio il massimo della cultura? Alla fine s'impone il deprimente pregiudizio per cui i videogiochi non fanno cultura - ecco la targa sul ghetto. La falsità di questa affermazione é facilmente dimostrabile. Dal lato del consumo i videogiochi richiedono abilità, destrezza, riflessi pronti, competenze tecnologiche, impegno e passione. Dal lato della produzione il videogioco rappresenta un puro distillato di evoluzione tecnologica, riversato in quegli eleganti calici che sono le console e degustato da palati sempre più raffinati ed esigenti. Ma tecnologia non fa rima con cultura. Manca ancora un elemento molto semplice: la comunicazione di un messaggio, di un senso, di un simbolo, di un dramma, di un'emozione che incarna un fatto sociale, raffigura un'epoca storica, porta alla coscienza un problema attuale, esprime la realtà, i sogni e gli incubi di una generazione. E' quello che fa un film, un romanzo, una canzone, un quadro. Punto. Perché non può farlo anche un videogioco. Punto di domanda.
AAA Cercasi Next Generation Culturale [astenersi geek, no smanettoni]
E' chiaro: il videogioco come genere artistico attraversa ancora la sua fase adolescenziale. Ma é altrettanto chiaro che il passo seguente non può essere sempre e solo la tecnologia. Serve un salto quantico per rivoluzionare la mentalità con cui il videogioco si rapporta alla vita sociale. Allora: cosa vuol fare da grande il videogioco? Se il miglioramento della sola dimensione tecnica rappresenta l'unica via di sviluppo del videogioco, a sbarrare i cancelli del loro ghetto saranno stati proprio i videogiochi. La ludosfera ha un bisogno vitale di emanciparsi dal suo stato di inferiorità, di figlio di un dio minore rispetto ad altre forme culturali, perché il suo arsenale tecnologico promette un'evoluzione culturale altrettanto poderosa. Per conquistarla c'é bisogno di un upgrade sistematico nella narrazione, nei temi, nel senso dell'attualità, nell'estetica, nel design, nella caratterizzazione dei personaggi. C'é bisogno di un'alta definizione anche per le idee che creano i videogiochi. Non basta più picchiare duro sugli istinti animaleschi e delegare tutto ad gioco di ruolo calato nel vuoto di contenuti veri.Confinare il videogioco allo sfogo delle ansie represse con una caterva di botte é come servire un succulento filetto in mezzo a due fette di pane secco. Scintillanti e avvolgenti, i nuovi mondi partoriti dalla fantasia degli sceneggiatori diventano presto un deserto se restano lo sfondo per i soliti combattimenti e le solite storie scontate. Bisogna chiudere questo copione e iniziare una nuova avventura, che parta dall'appello per la liberazione della fantasia dagli stereotipi e per il coinvolgimento attivo del videogioco nell'animo della società. Cercasi disperatamente videogioco “embedded”, radicato nella società e capace di veicolare un suo messaggio anche quando la console é spenta. Un videogioco capace di far parlare del suo senso, della sua storia, dei suoi protagonisti, delle domande che ha saputo porre e delle risposte che é riuscito a dedurre. Ci vuole un videogioco con la sua identità, schierato sui grandi problemi, con la volontà di trasmettere un pensiero, un'idea, uno stile, un messaggio, una tendenza, una moda. Non solo punti e classifiche. Al capo progetto di Microsoft che mi chiedeva se avessi letto i romanzi di Halo, io risposi chiedendogli se lui avesse mai letto Dostoevskij. Ad oltre un secolo dalla sua morte, leggiamo ancora i Fratelli Karamazov, mentre fra cinque anni forse nessuno saprà chi era Master Chief.
Yes we can [I have a dream]
Da queste altezze Dante's Inferno appare un caso irrilevante. Non c'é bisogno di citazioni falsamente erudite per ottenere la laurea in letteratura italiana. La vera cultura non é tutta chiacchiere nozionistiche e distintivo enciclopedico. E' la forza di incidere sulle coscienze, sui pensieri, sugli atteggiamenti sociali. No. Il videogioco ha le analisi del sangue in regola per competere a fianco degli altri generi artistici e consegnare all'umanità un piccolo scrigno di tesori unici, per divertire ma anche per riflettere, dubitare, ripensare. Fra vent'anni guarderemo ancora film di quarant'anni prima. Sarebbe bello rivedere anche un videogioco che ha segnato un'epoca, é diventato una leggenda, é entrato nelle icone della storia, senza imprimersi solo nelle retine degli occhi, ma anche nei ventricoli dei cuori e nelle sinapsi del cervello. Non dev'essere solo un sogno.
p.s. La Divina Commedia é una lezione valida ancora oggi, per chi ha umiltà e grandi progetti: il videogioco deve uscire dal limbo infernale di anonimato e inferiorità per raggiungere il paradiso della cultura e dell'arte - e finalmente uscire a... rivedere le stelle.
Videogioco e cultura: dall'utopia alla realtà (?)
Videogioco e cultura: dall'utopia alla realtà (?)
La Divina Commedia é una lezione valida ancora oggi, per chi ha umiltà e grandi progetti: il videogioco deve uscire dal limbo infernale di anonimato e inferiorità per raggiungere il paradiso della cultura e dell'arte - e finalmente uscire a... rivedere le stelle.