Zelda: Majora's Mask
di
Luca Cirillo
Due lustri fa, nel lontano 1999, si palesarono agli occhi entusiasti della stampa due nuovi progetti inerenti alla oggigiorno più che ventennale saga maestra concepita e plasmata in casa EAD (Nintendo Entertainment Analysis and Development). Parliamo ovviamente di Zeruda no Densetsu, la leggenda di Zelda.
Uno di quei due progetti, noto originariamente come Ura Zelda, divenne poi Ocarina of Time: Master Quest; l'altro, Zelda Gaiden, assunse nel 2000 il nome e le fattezze di Mujura no Kamen (Majora's Mask) e, invero, non poteva esserci gioco più adatto per Virtual Console tale da suscitare in noi tanta nostalgia per i tempi d'oro del videogioco.
A far data dal 3 aprile del corrente anno, infatti, gli utenti Wii del Vecchio Continente possono acquistare, dietro il pagamento di 1000 Wii Points, un gioco, Majora's Mask appunto (classificazione PEGI: 12+), che in primo luogo vestì sontuosamente i panni di canto del cigno per una delle console più magistrali della storia videoludica: il Nintendo 64.
Ma questo non é che il primo dei numerosi punti di merito del capolavoro diretto dalle menti di Aonuma Eiji e di Koizumi Yoshiaki.
Per la carriera di Aonuma (classe 1963 ed oggi a capo del EAD Software Group No. 3), del resto, Majora's Mask assume i connotati del classico punto di svolta di una vita.
Già notato da Miyamoto per il buon lavoro svolto in Marvelous: Mouhitotsu no Takarajim (action-rpg simil-Zelda apparso unicamente nei Super Famicom nipponici in quel del 1996), Aonuma affiancherà il Maestro nello sviluppo di sua maestà Ocarina of Time (Nintendo 64, 1998) dedicandosi in quell'occasione al delicato ruolo di dungeon director.
Da quella fruttifera esperienza lavorativa alla scalata della gerarchia aziendale (avviata con la maggiore responsabilità assunta proprio con lo sviluppo di Majora's Mask), il passo fu tanto breve quanto vistoso per la cura del dettaglio dimostrata assiduamente dallo sviluppatore oggi fra i più blasonati a Kyoto e nel mondo.
Il pregio assoluto di Majora's Mask, fu quello di discostarsi dall'illustre predecessore (ancor oggi il più amato dagli appassionati della serie, nonché, con molta probabilità, il miglior videogioco di sempre), tentando ed alfine trovando una via personale al successo ed alla memoria.
La sua alterità da Ocarina of Time e da qualsiasi altro Zelda che lo precedette e lo seguì, così come accadde con l'atipico e splendido Link's Awakening per Game Boy (1993), si denota in primo luogo sul versante dell'atmosfera offerta dal mondo che ospita il videogiocatore (Termina e non Hyrule) e si protrae ovviamente, come diremo di qui a breve, in tutta la struttura ludica.
Ancora pienamente fiabesco, Majora's Mask adotta cionondimeno tinte più sfumate e spesso piacevolmente malinconiche tanto sotto l'aspetto estetico, quanto sotto quello narrativo.
Majora's Mask, a ben vedere, non solo é il miglior Zelda “raccontato” (motivo per cui ci teniamo alla larga da qual che sia indesiderabile spoiler), ma é uno dei pochi, solidi esempi di videogioco ove la trama é narrata senza essere di impedimento al “giocare”.
L'inflessione all'interattività con l'azione su schermo della colonna sonora, frutto del genio di Kondo Koji e di Minegishi Toru, e le eccellenti scelte cromatiche adottate da Inamura Takaya chiudono infine il cerchio di un titolo costruito con meticolosità dal prologo all'epilogo.
Un ulteriore elemento che differenzia Majora's Mask da tutti gli altri Zelda é il fattore “tempo”, concepito qui in maniera più sfaccettata e più profonda rispetto a quanto visto in Ocarina of Time e, certamente, implementato con maggior estro rispetto al discreto Oracle of Ages (Game Boy Color, 2001). Majora's Mask, infatti, si sviluppa lungo l'arco di tre giorni virtuali. Settantadue ore fittizie che, ed ecco il bello, il giocatore può manipolare attraverso la “Song of Time” e gli strumenti musicali.
La canzone citata é al tempo stesso il mezzo con cui procedere al salvataggio dei dati basilari e quello con cui il giocatore diviene appunto padrone del tempo. Del “tempo” di Termina (del suo avvenire) e del tempo dell'intrattenimento e dell'esplorazione (certune sottostorie sono infatti terminabili in uno dei tre giorni e le migliori si sviluppano finanche nell'arco di più giorni).
Nello specifico, d'altro canto, la qualità ludica principale di Majora's Mask risiede nelle sidequest offerte, numerose e di qualità, e nella verosimiglianza (che é cosa diversa dal realismo) con cui ogni abitante di Clock Town, il principale borgo abitato, procede quotidianamente alle sue mansioni ed alle sue personalissime peripezie.
In molti sostengono che il cuore della saga risieda nell'Overworld (i villaggi ed il mondo esterno) più che nell'Underworld (i dungeon). In tal caso Majora's Mask ne sarebbe il degnissimo alfiere.
L'osservazione, l'interazione e l'affetto che si verranno a nutrire nei confronti dei Non-Player Characters toccano nel gioco in analisi vette che a stento sono state anche solo eguagliate a nove anni di distanza (vi ci si avvicina, in quest'ottica, l'ottimo The Wind Waker per Gamecube).
Si passa dalle struggenti vicissitudini di Anju e Kafei alla bizzarra prima apparizione di Tingle; senza dimenticare la Luna dal sorriso beffardo la cui orbita, turbata da una misteriosa entità maligna, minaccia l'esistenza di Termina e si fa vieppiù pericolosamente vicina dall'alba del primo giorno all'imbrunire del terzo.
Non possiamo a questo punto non porre in evidenza il ruolo principe svolto dalle maschere.
Già apparse marginalmente in Ocarina of Time, esse assumono le redini del gameplay in Majora's Mask. Il loro numero é di conseguenza più alto (una ventina) e l'utilità duplice.
Il loro utilizzo può difatti comportare benefici pratici (quali ad esempio il correre più velocemente, il rendersi invisibili a determinati nemici o l'accedere al contenuto delle cassette della posta) e/o benefici per così dire strumentali (taluni camuffamenti danno cioé accesso ai vari oggetti segreti da recuperare: dalle bottiglie di vetro ai frammenti di cuore).
Si rammenti che talune maschere non richiedono un uso facoltativo ma obbligato al fine del completamento dell'avventura. Tra queste, le più rilevanti, sono quelle che consentiranno al piccolo Hylian Link di acquisire l'aspetto e le abilità delle altre principali creature dell'universo fantasy di The Legend of Zelda: gli scaltri, piccoli Deku Scrub, gli abili, aquatici Zora ed i rocciosi, possenti Goron, s'intende.
Uno di quei due progetti, noto originariamente come Ura Zelda, divenne poi Ocarina of Time: Master Quest; l'altro, Zelda Gaiden, assunse nel 2000 il nome e le fattezze di Mujura no Kamen (Majora's Mask) e, invero, non poteva esserci gioco più adatto per Virtual Console tale da suscitare in noi tanta nostalgia per i tempi d'oro del videogioco.
A far data dal 3 aprile del corrente anno, infatti, gli utenti Wii del Vecchio Continente possono acquistare, dietro il pagamento di 1000 Wii Points, un gioco, Majora's Mask appunto (classificazione PEGI: 12+), che in primo luogo vestì sontuosamente i panni di canto del cigno per una delle console più magistrali della storia videoludica: il Nintendo 64.
Ma questo non é che il primo dei numerosi punti di merito del capolavoro diretto dalle menti di Aonuma Eiji e di Koizumi Yoshiaki.
Per la carriera di Aonuma (classe 1963 ed oggi a capo del EAD Software Group No. 3), del resto, Majora's Mask assume i connotati del classico punto di svolta di una vita.
Già notato da Miyamoto per il buon lavoro svolto in Marvelous: Mouhitotsu no Takarajim (action-rpg simil-Zelda apparso unicamente nei Super Famicom nipponici in quel del 1996), Aonuma affiancherà il Maestro nello sviluppo di sua maestà Ocarina of Time (Nintendo 64, 1998) dedicandosi in quell'occasione al delicato ruolo di dungeon director.
Da quella fruttifera esperienza lavorativa alla scalata della gerarchia aziendale (avviata con la maggiore responsabilità assunta proprio con lo sviluppo di Majora's Mask), il passo fu tanto breve quanto vistoso per la cura del dettaglio dimostrata assiduamente dallo sviluppatore oggi fra i più blasonati a Kyoto e nel mondo.
Il pregio assoluto di Majora's Mask, fu quello di discostarsi dall'illustre predecessore (ancor oggi il più amato dagli appassionati della serie, nonché, con molta probabilità, il miglior videogioco di sempre), tentando ed alfine trovando una via personale al successo ed alla memoria.
La sua alterità da Ocarina of Time e da qualsiasi altro Zelda che lo precedette e lo seguì, così come accadde con l'atipico e splendido Link's Awakening per Game Boy (1993), si denota in primo luogo sul versante dell'atmosfera offerta dal mondo che ospita il videogiocatore (Termina e non Hyrule) e si protrae ovviamente, come diremo di qui a breve, in tutta la struttura ludica.
Ancora pienamente fiabesco, Majora's Mask adotta cionondimeno tinte più sfumate e spesso piacevolmente malinconiche tanto sotto l'aspetto estetico, quanto sotto quello narrativo.
Majora's Mask, a ben vedere, non solo é il miglior Zelda “raccontato” (motivo per cui ci teniamo alla larga da qual che sia indesiderabile spoiler), ma é uno dei pochi, solidi esempi di videogioco ove la trama é narrata senza essere di impedimento al “giocare”.
L'inflessione all'interattività con l'azione su schermo della colonna sonora, frutto del genio di Kondo Koji e di Minegishi Toru, e le eccellenti scelte cromatiche adottate da Inamura Takaya chiudono infine il cerchio di un titolo costruito con meticolosità dal prologo all'epilogo.
Un ulteriore elemento che differenzia Majora's Mask da tutti gli altri Zelda é il fattore “tempo”, concepito qui in maniera più sfaccettata e più profonda rispetto a quanto visto in Ocarina of Time e, certamente, implementato con maggior estro rispetto al discreto Oracle of Ages (Game Boy Color, 2001). Majora's Mask, infatti, si sviluppa lungo l'arco di tre giorni virtuali. Settantadue ore fittizie che, ed ecco il bello, il giocatore può manipolare attraverso la “Song of Time” e gli strumenti musicali.
La canzone citata é al tempo stesso il mezzo con cui procedere al salvataggio dei dati basilari e quello con cui il giocatore diviene appunto padrone del tempo. Del “tempo” di Termina (del suo avvenire) e del tempo dell'intrattenimento e dell'esplorazione (certune sottostorie sono infatti terminabili in uno dei tre giorni e le migliori si sviluppano finanche nell'arco di più giorni).
Nello specifico, d'altro canto, la qualità ludica principale di Majora's Mask risiede nelle sidequest offerte, numerose e di qualità, e nella verosimiglianza (che é cosa diversa dal realismo) con cui ogni abitante di Clock Town, il principale borgo abitato, procede quotidianamente alle sue mansioni ed alle sue personalissime peripezie.
In molti sostengono che il cuore della saga risieda nell'Overworld (i villaggi ed il mondo esterno) più che nell'Underworld (i dungeon). In tal caso Majora's Mask ne sarebbe il degnissimo alfiere.
L'osservazione, l'interazione e l'affetto che si verranno a nutrire nei confronti dei Non-Player Characters toccano nel gioco in analisi vette che a stento sono state anche solo eguagliate a nove anni di distanza (vi ci si avvicina, in quest'ottica, l'ottimo The Wind Waker per Gamecube).
Si passa dalle struggenti vicissitudini di Anju e Kafei alla bizzarra prima apparizione di Tingle; senza dimenticare la Luna dal sorriso beffardo la cui orbita, turbata da una misteriosa entità maligna, minaccia l'esistenza di Termina e si fa vieppiù pericolosamente vicina dall'alba del primo giorno all'imbrunire del terzo.
Non possiamo a questo punto non porre in evidenza il ruolo principe svolto dalle maschere.
Già apparse marginalmente in Ocarina of Time, esse assumono le redini del gameplay in Majora's Mask. Il loro numero é di conseguenza più alto (una ventina) e l'utilità duplice.
Il loro utilizzo può difatti comportare benefici pratici (quali ad esempio il correre più velocemente, il rendersi invisibili a determinati nemici o l'accedere al contenuto delle cassette della posta) e/o benefici per così dire strumentali (taluni camuffamenti danno cioé accesso ai vari oggetti segreti da recuperare: dalle bottiglie di vetro ai frammenti di cuore).
Si rammenti che talune maschere non richiedono un uso facoltativo ma obbligato al fine del completamento dell'avventura. Tra queste, le più rilevanti, sono quelle che consentiranno al piccolo Hylian Link di acquisire l'aspetto e le abilità delle altre principali creature dell'universo fantasy di The Legend of Zelda: gli scaltri, piccoli Deku Scrub, gli abili, aquatici Zora ed i rocciosi, possenti Goron, s'intende.
Zelda: Majora's Mask
Zelda: Majora's Mask
Non osiamo dilungarci oltre in questa sede.
Intuiamo solamente che ai tempi del Nintendo 64 alcuni non hanno giocato Majora's Mask; sappiamo che altri, pur possedendo la cartuccia dorata in questione e l'Expansion Pack richiesto, non l'hanno terminato o ne hanno visto i titoli di coda scartando tuttavia alcune se non molte sidequest. Sappiamo che altri ancora saranno in preda alla nostalgia e vorranno cimentarsi una volta di più nell'impresa di salvare Termina. Per tutti costoro la Virtual Console offre la possibilità di giocare un titolo di puro genio ed ingegno, due componenti della creatività che raramente si trovano assieme nel medesimo luogo. Majora's Mask avrà pure pochi Templi (peraltro forieri di uno straordinario level design), ma é bene ricordare che Zelda é sogno e non già contabilità di dungeon.
Intuiamo solamente che ai tempi del Nintendo 64 alcuni non hanno giocato Majora's Mask; sappiamo che altri, pur possedendo la cartuccia dorata in questione e l'Expansion Pack richiesto, non l'hanno terminato o ne hanno visto i titoli di coda scartando tuttavia alcune se non molte sidequest. Sappiamo che altri ancora saranno in preda alla nostalgia e vorranno cimentarsi una volta di più nell'impresa di salvare Termina. Per tutti costoro la Virtual Console offre la possibilità di giocare un titolo di puro genio ed ingegno, due componenti della creatività che raramente si trovano assieme nel medesimo luogo. Majora's Mask avrà pure pochi Templi (peraltro forieri di uno straordinario level design), ma é bene ricordare che Zelda é sogno e non già contabilità di dungeon.