House of the Dragon, cosa ci raccontano i primi sei episodi

Il prequel di Game of Thrones è un inno ai fan della serie originale, pur riducendo di molto l’azione e le battaglie. Un’introspezione sui protagonisti che ci permettono di guadagnare un maggior contesto su Westeros e su Approdo del Re

di Mario Petillo

Il prossimo 22 agosto sarà il momento di tornare a Westeros per vivere la serie prequel di Game of Thrones, House of the Dragon, per scoprire chi regnasse prima di Robert Baratheon e per entrare maggiormente in contatto con la famiglia Targaryen, gli antenati di Daenerys. Su Sky Atlantic e su NOW arriverà la prima stagione della serie, suddivisa in dieci episodi, uno a settimana, dei quali abbiamo avuto la possibilità di vedere i primi sei, per raccontarvi il fuoco e il sangue scritto da George Martin.

House of the Dragon è ambientata 172 anni prima della guerra che ha condotto Daenerys Targaryen a Westeros con l’obiettivo di riconquistare il Trono di Spade. Prima di lei, la sua famiglia viveva in maniera agiata e gestiva una egemonia tale da permettersi di poter essere distrutta solo da sé stessi: è così, infatti, che nasce un nuovo gioco di potere, con la successione a tenere banco, come sempre. Perché l’ambito ruolo del re attira tutti, anche quelli che meno lo meriterebbero. È così, quindi, che Viserys, un uomo giusto e cordiale, con modi sempre molto garbati, è chiamato a decidere chi gli succederà, in assenza di un figlio maschio. Da un lato suo fratello, Daemon, dall’altro sua figlia Rhaenyra, destinata alla grandezza, ma ancora molto giovane e chiamata a uno sviluppo interno ed esterno tale da condizionare l’intera serie.

Il ritorno al Gioco del Trono

House of the Dragon parte col presupposto di voler ripercorrere in maniera pedissequa quanto scritto da George Martin, ma allo stesso tempo di offrire a tutti i fan di Game of Thrones un ritorno a Westeros. I toni sono gli stessi delle prime stagioni della serie che tanto ci aveva conquistato, così come gli intrighi per il potere: Daemon, che abbiamo già definito una commistione tra Jamie e Tiryon Lannister riesce a gestire il suo doppiogioco in maniera sempre molto viscida, esaltando le sue doti da combattente e anche quelle a letto, quando c’è da mettere in mostra la passione carnale. È la sua evoluzione, al pari di quella di sua nipote Rhaenyra, a finire sotto l’occhio dei riflettori, perché House of the Dragon punta più sull’introspezione, sulla crescita dei personaggi.

Le battaglie, così come ce le ha insegnate Game of Thrones, sono poche: bisogna attendere la fine della terza puntata per poterne vivere una, che è fondamentale per lo snodo narrativo che vede come protagonista Daemon, ma si risolve in poco tempo. Sono più, invece, i momenti di conflitto interiore oppure di confronti vis a vis tra due o pochi più personaggi, protagonisti o no. Questo rende la serie meno avvincente dell’originale, soprattutto nel caso in cui foste in cerca di nuove truculenti sfide all’arma bianca.

Tra sangue e violenza, Westeros piange ancora

Ciò che resta è la violenza, è il sangue, che fanno capolino nella serie sin dalla prima puntata, mostrando ancora una volta quanto persino un re buono e giusto possa essere egoista e decisionista. Manca, però, quel piglio gagliardo che aveva Game of Thrones, quella capacità di sorprenderti con una morte atroce dei protagonisti, quel senso di viscido che poneva nei suoi sotterfugi e in quel consiglio che affiancava il re. In questo prequel sono solo gli interessi personali, tutti abilmente raggiunti in poco tempo, a tenere banco.

Sebbene questa assenza di combattimenti e di battaglie possa gravare sul complesso della produzione, c’è da dire che tutti i dialoghi sono sempre ben orchestrati, quasi da farci sentire come se fossimo a teatro: in ambienti sempre molto contenuti, oppure in grado di darci degli scorci di luoghi mai battuti in Game of Thrones, finiamo per appassionarci ai discorsi che speriamo in italiano possano essere altrettanto soddisfacenti. A proposito dei luoghi, inoltre, attraverso gli occhi di Daemon e di Rhaenyra arriveremo a infilarci tra la gente di Approdo del Re, anfratti visti solo quando Daenerys ne ordinò la distruzione: la cittadina pullula di civiltà, di classi, di vicende da raccontare e finalmente ci viene fornito uno scenario più completo di quella che è la città attorno alla quale tutto gira.

Dracarys

Chiudiamo parlando della presenza dei draghi, leitmotiv fondamentale della famiglia Targaryen. La loro presenza è ancora più maestosa e convincente di quanto sia accaduto in Game of Thrones, sebbene dal terzo episodio in poi il reparto VFX sia dichiaratamente ancora in fase di sviluppo e non ultimato: l’esplosione dovuta alla loro presenza è imponente, è la chiave di volta che rende la Casata quella di maggior interesse tra tutte le famiglie di Westeros. Non è nel drago il focus della serie, essendo molto concentrati sugli intrighi a corte, ma il loro minutaggio è importante sin dal primo episodio e la loro presenza è imponente, così come si sperava.

Non possiamo ancora tracciare un bilancio definitivo per House of the Dragon, sia perché abbiamo visto solo sei episodi e sia perché proprio al sesto c’è un drastico cambio temporale, accompagnato da vicende che mutano anche l’umore dei protagonisti e delle loro vicende. Insomma, un cliffhanger di serie che non ci aspettavamo e che accogliamo con piacere, pur essendo consci di ciò che accadrà, così come chi ha avuto modo di informarsi sul libro spin-off di George Martin al quale si ispira la serie.

Pur ribandendo che non siamo dinanzi a un’opera in grado di poter competere con Game of Thrones sottolineiamo che quella nostalgia che sicuramente stavamo alimentando di anno in anno può essere placata dinanzi a un nuovo progetto importante e imponente, che vuole dare maggior respiro allo scenario sul quale si andò a costruire l’era dei Lannister e dei Baratheon.