Out: la prima volta di Disney+ nell'universo dell'omosessualità
Si è appena concluso il mese di Giugno e tra lotte, censure e proteste, si è festeggiato il mese del Pride. Molte sono state le campagne pubblicitarie o le iniziative che hanno coinvolto le principali piattaforme di streaming o le maggiori case di moda.
Appare, quindi, necessario far emergere dalle retrovie un corto presente sulla piattaforma in streaming di casa Disney. “Out” è approdato su Disney+ lo scorso mese di maggio, ma è poco probabile che esso sia arrivato veramente al pubblico più vasto considerato che si tratta di un corto dalla durata complessiva di una quindicina di minuti e che non ha lo stesso respiro che potrebbero avere le solite pellicole portate in sala dalla major.
Il palinsesto della piattaforma è difatti pregno di titoli che, nel corso degli anni, sono stati in grado di normalizzare atteggiamenti o stereotipi figli dell’età in cui i prodotti nascevano. Basti pensare a come Frozen abbia, ad esempio, solidificato l’idea della donna forte e indipendente che non ha la necessità di avere un uomo accanto per poter regnare. Terminato il mese dell’orgoglio, va dunque ricordando che tale Pride dovrebbe essere normalizzato al pari di altri valori di uguaglianza, per poter abbattere in via definitiva qualsivoglia tipo di disparità. Siamo ormai nel 2020 e la Disney inizia a fare dei passi proprio sotto questo aspetto distribuendo il primo corto indipendente di casa Pixar nella quale vi è una coppia omosessuale. I temi principali si possono ben intuire. Ci si muove tra cambiamento e accettazione in una storia che racconta un coming out, in modo fantastico, ammettendo e sconfiggendo ciò di cui si ha avuto paura fino a quell’istante.
Out è il venir fuori di Greg. La storia ci presenta i personaggi protagonisti di questo corto alle prese con un trasloco. Fin da subito, la conversazione che si tiene tra Greg e il suo compagno Manuel lascia intuire al pubblico quale sia la reale ragione che lo spinge ad imballare la propria roba: non ha confessato il suo amore per un "lui" alla sua famiglia. Ma, proprio mentre stanno ultimando la chiusura delle ultime scatole, i suoi genitori gli piombano in casa e, ancora una volta, si vede costretto a dover nascondere chi lui sia.
Greg non vorrebbe far altro che trascorrere la propria vita lontano da tutti per non ferire chi ama, così da poter essere libero di vivere la sua vita con Manuel. Qualcosa di magico, però, sta per accadere nella sua vita, grazie a un cane e un gatto apparsi da una dimensione alternativa, il collare del cane della coppia viene incantato. Nel momento in cui Greg tocca il collare finisce con lo scambiare il proprio corpo con quello del suo cucciolo.
Attraverso questo espediente, il ragazzo avrà la possibilità di sentire la confessione che la madre fa pensando di star parlando semplicemente con il fidato cucciolo, una conversazione franca che gli permetterà di capire quanto la madre realmente e profondamente lo conosca. Attraverso le parole della donna è possibile comprendere il messaggio di amore e accettazione che questo corto vuol trasmettere al suo pubblico. La dolcezza con cui avviene la confessione fa trasparire la difficoltà dell’affrontare il discorso con il figlio, ma sentendosi libera di poter parlare con un silente ascoltatore fa emergere il bisogno di quel contatto e la volontà che ella ha di appianare la situazione con il figlio. Lei non vorrebbe che lui si trasferisse, vorrebbe però vederlo felice, e vorrebbe che lui trovasse un lui che lo ami. Si riesce immediatamente ad entrare in empatia con la donna, riuscendo quindi a far proprio il messaggio del “love is love”.
Si è dovuto aspettare un corto per veder compiere un passo verso qualcosa di diverso dalla eterosessualità. Il pride month celebra un orgoglio che rinasce giorno dopo giorno dalle sue stesse ceneri dal 1969 e, nonostante la bellezza di questo corto, farne un semplice plauso dalla Pixar è davvero insufficiente. Dar vita a ciò solamente adesso è insufficiente. Siamo davanti a una major che sulla sua piattaforma in streaming, non in sala, ha portato un corto indipendente, non un film completo.
Un “Corto indipendente” proprio perché nonostante sia parte di un progetto finanziato dalla Pixar, i suoi registi hanno carta bianca per la creazione dei suoi contenuti. La SparkShorts, infatti, è un progetto che mira alla creazione di corti animati low budget affinché si possano unire la capacità di nuovi registi alla creazione di nuovi team di lavoro in grado di usufruire di tecniche per l’animazione e la narrazione sempre più innovative. La Pixar annunciò per la prima volta la creazione di questo programma il 18 gennaio 2018.
Prima dell’avvento della piattaforma di Disney+, la visione dei corti era disponibile solo sul canale YouTube della Pixar stessa; visione che quasi certamente vale la pena di recuperare proprio per la capacità che questi corti hanno di colpire alla bocca dello stomaco il proprio pubblico. In pochi minuti riescono, infatti, a far notare la propria potenza narrativa diventando “arte dell’accettazione”. Femminismo, diversità, disuguaglianza, pregiudizio, barriere che, in un modo o nell’altro, nei minuti di diegesi vengono completamente spazzati via per poter sedimentare un piccolo sassolino nella mente dello spettatore. La SparkShorts, così, riesce a far riflettere puntando il suo occhio su tematiche sociali molto attuali che, però, potevano essere affrontate di petto anche qualche anno fa. In un modo tutto loro riescono a raccontare la verità odierna, la dolcezza diviene essenziale permettendone la visione e la comprensione ad un pubblico di piccolissimi. Pearl, Float, e KitBull sono forse tra i titoli più conosciuti, ma sono solo alcuni dei titoli in cui si parla di amore e si cita il diverso. Un diverso che sempre si evolve in puro amore.
La verità della storia narrata è plausibile al di là dell’elemento magico che è stato inserito. Il cane e il gatto spaziali, che sembrano essere una coppia, sono non solo il simbolo di accettazione in quanto abbattono lo stereotipo nel quale cane e gatto sono nemici giurati, ma sono anche permeati di quei colori che rendono caratteristiche le manifestazioni del pride. Quasi come se i due provenissero da una realtà alternativa nella quale si possa sempre far festa dipingendo il proprio volto con i colori dell’arcobaleno nella quale l’orgoglio di essere chi si è diviene legge universale.
Sostanzialmente si può inquadrare questo corto come un piccolo passo che può costituire un incentivo per la Disney per la creazione di contenuti LGBTQ+; così che questa realtà, quella in cui viviamo, possa essere sempre più sdoganata e rappresentativa di ogni individuo. Perché il compito di una casa di produzione o di distribuzione non è quello di mettere una postilla pre-visione del film, quella non cambia il pensiero di nessuno, ma il suo compito è quello di creare uno specchio della società rappresentandone ogni prismatico aspetto. Rimandiamo a settembre la Disney e la Pixar affinché si arrivi a una sempre più ampia rappresentazione della realtà così che si possano rendere normali ciò che normale effettivamente è.