Speciale The Umbrella Academy stagione 2
Il 31 luglio, sulla piattaforma di Netflix, è approdata l’attesissima seconda stagione di “The Umbrella Academy”. Lo scorso anno avevamo già parlato della prima stagione, evidenziando quanto quelle prime dieci puntate costituissero quasi un prologo per le avventure dei nostri protagonisti. Con la seconda stagione, infatti, si sono aggiunti nuovi fondamentali tasselli; personaggi e azioni vengono approfonditi finendo con i creare un’adrenalinica serie tv che però, ancora una volta, farà restare con il fiato sospeso i suoi spettatori.
La storia, in ogni caso, ormai la conosciamo tutti; gli stessi 7 protagonisti ci hanno fatto fare un bel ripassone prima di riprendere la narrazione da dove l’avevamo lasciata.
È il 1° aprile del 2019, e la terra è stata distrutta da un cataclisma, miliardi di persone sono state disintegrate in una manciata di minuti. I sei sopravvissuti all’apocalisse sono gli stessi fratelli che l’avevano causata.
Nella prima stagione era stato necessario soffermarsi sull’analisi di alcuni dei personaggi per poter cercare di comprendere davanti a che tipo di serie televisiva ci trovassimo; in questa seconda stagione l’attenzione deve essere posta sui restanti fratelli. Nel 2019 tutto l’interesse era sostanzialmente stato calamitato da Numero Cinque (Aidan Gallagher) e da Klaus (Robert Sheehan): il primo era colui che doveva cercare di sventare l’apocalisse; il secondo era così fuori dal comune che era inevitabile non amarlo. Gli anni ’60, però, sono riusciti a dare più ampio respiro a personaggi come quello di Alison (Emmy Raver-Lampman), di Diego (David Castañeda) e anche di Luther (Tom Hopper).
Alison nella prima stagione ci ha dato modo di conoscere la sua versione da attrice e, sostanzialmente, lei non faceva altro che muoversi tra la famiglia che l’aveva cresciuta e quella che aveva creato. In un rapporto complesso sia con il marito che la figlia; ma anche come nodo centrale per alcune dinamiche interne all’accademia. Il suo personaggio era per lo più definito dal suo rapporto con Luther e da quello con Vanya, ma ella restava comunque ancorata alla voglia di restare in contatto con la figlia. In questa stagione, però, sembra essersi completamente dimenticata della sua presenza della bambina, cosa che appare decisamente strana; pensare ad una madre che ha lasciato una figlia non nominandola neanche una volta spinge notevolmente a rivalutare il personaggio. È pur vero che lei, negli anni ’60, ha trovato la sua nuova voce e attraverso essa riesce ad incarnare delle importantissime tematiche socio-culturale come quelle della discriminazione non solo razziale, ma anche di genere.
Diego e Luther mostrano, ancora una volta, quanto il loro rapporto con il padre sia fondamentale per lo svolgimento delle loro azioni. Luther è il numero uno, ma è quello che colpevolizza il padre per quello che gli è accaduto. Diego, invece, è il numero due, l’eterno arrivato secondo che riversa la sua frustrazione nel complesso del supereroico che mostra in queste puntate. Una puntata sarà chiave per poter sbrogliare questo nodo.
Il mistero dietro la vita degli Hargreeves è, in ogni caso, destinato a infittirsi puntata dopo puntata. E il tutto viene reso decisamente più intrigante dal modo con cui è stata realizzata la reale nemica dei sette fratelli. Loro, si mettono a nudo con la loro unione, con i loro problemi e le loro fragilità, ma dall’altra parte si devono scontrare contro qualcuno che è fin troppo astuto per poter essere realmente compreso. The Hendler (Kate Walsh) è assolutamente credibile come nemico della situazione perché è realmente colei che crea tutto il contesto e che lo manipola affinché possa realmente ottenere ciò che più desidera nel modo con cui lo desidera. Kate ha le espressioni giuste, gli outfit e le battute corrette per potersi dimostrare come un dittatore di altri tempi in epoca moderna.
Il salto di qualità è ben evidente sia dal punto di vista della realizzazione che da quello della caratterizzazione dei personaggi. Soffermandoci, in modo quasi doveroso, su quella che è la realizzazione della serie bisogna ammettere quanto visivamente sia davvero incredibile. Vedere l’attenzione che viene data ai singoli particolari, sia dal punto di vista degli FVX che dal punto di vista delle scelte che vengono adoperate nella realizzazione di ogni singola puntata. La visione è molto armonica e piacevole, è davvero bella da consumare e non stanca anche qualora si voglia consumare le puntate una dietro l’altra.
Elemento che contraddistingue ciò è dato persino dalla scelta dei costumi se, infatti, nella prima stagione si poteva esaltare la scelta musicale – cosa presente anche in queste puntate – qui l’attenzione va posta su ciò che è stato scelto per poter vestire i vari caratteri che si muovono in scena. Christopher Hargadon è colui che si è occupato della creazione dei vari outfit e il suo lavoro si è concentrato proprio sul cercare di rappresentare al meglio le personalità che prendono vita in scena. I caratteri sono eccentrici, sopra le righe, e i loro vestiti comunicano più di quanto molto spesso possano farlo i loro dialoghi.
In questa stagione si è stati catapultati negli anni ’60 e ciò doveva anche riflettersi nel loro modo di vivere l’epoca in cui si trovano. Alison, così, diviene il simbolo della donna perfetta che vive il dolore che la discriminazione raziale crea in quel particolare periodo storico; la sua acconciatura è occidentale, cotonata, alla moda, i suoi abiti evidenziano la figura femminile lasciandola come era moda dell’epoca. Klaus, allo stesso modo, diviene simbolo di quella ribellione giovanile che inizia a spopolare nella società; guru di una setta che lo seguirebbe anche in capo al mondo ha quel look perfetto per poter essere l’anello di giunzione tra fede e misticismo. Ovviamente questi sono solo due degli esempi che è possibile notare già da i primi minuti messi a disposizione da Netflix come anteprima.