È morto Akira Toriyama: il padre di Dragon Ball si è guadagnato l’immortalità
Oltre quarant’anni di attività e l’importanza di aver ispirato tutte le più grandi storie di oggi, passando dal manga al videogioco con una versatilità e uno stile unico
«Nessuno muore finché vive nel cuore di chi resta». Sebbene questo adagio negli anni abbia acquisito una simbologia un po’ scontata, di secoli in secoli si è andato ad attribuirne la paternità a poeti, filosofi e santi. Tutti alla ricerca di una giustificazione divina della morte, quella che persino per James Matthew Barrie poteva essere la più grande avventura. Al di là di spurie considerazioni, però, permane l’idea di base: l’immortalità si conquista nel momento in cui si fa la storia e Akira Toriyama quella storia l’ha fatta davvero.
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Classe 1955, l’autore di Dragon Ball è morto il primo marzo 2024, all’età di 68 anni: la notizia – come consuetudine della cultura giapponese – è stata diffusa soltanto oggi, a una settimana dall’evento, così da poter mantenere riserbo e la sfera privata per i funerali del mangaka. Eppure, sembra tutto così riduttivo, perché Toriyama non si può ridurre a essere “il padre di Dragon Ball”, se non nell’anno in cui la sua opera più celebre compie 40 anni e si avvia verso un vortice di celebrazioni che, alla luce di questi eventi, saranno ancora più sentiti e più celebrativi. È stato molto di più e continuerà a essere molto di più.
Figlio di quella generazione cresciuta nel sogno di Astro Boy di Osamu Tezuka, tra il 1979 e il 1984, anno in cui poi inizierà la pubblicazione di Dragon Ball, Akira Toriyama ci aveva donato la serie di Dr. Slump, in Italia divenuta famosa grazie soprattutto alla versione animata che poneva l’accento sulla presenza di Arale, il robot ragazza creato proprio dallo strampalato Dr. Slump.
Poi dall’84 fino al 1995 fu il momento di Dragon Ball, il manga che più di tutti ha cambiato la concezione dell’arte giapponese a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90. La grande diffusione avuta dall’anime, soprattutto in Italia col supporto di Mediaset, ha permesso al mondo di conoscere Akira Toriyama, di affezionarsi a quelle vicende con protagonista Son Goku e quella riscrittura intelligente e puntuale de Il viaggio in Occidente, un classico della letteratura cinese anch’esso immortale. Di shonen – il genere che racconta avventure e combattimenti – ne avevamo già tanti, ma Dragon Ball sembrò essere unico, soprattutto agli occhi di chi negli anni Novanta era nato e stava crescendo con la sicurezza che Goku un giorno avrebbe alzato le mani al cielo per chiederci la nostra energia e sfoderare la sua Genkidama. 260 milioni di copie vendute in tutto il mondo solo per il manga di Dragon Ball, che ha saputo ispirare autori come Eiichiro Oda, Tite Kubo, Masashi Kishimoto per la creazione di One Piece, Bleach, Naruto. Diventando a tutti gli effetti un apripista che ha reso quel genere desiderato, amato, bramato. Perché per Toriyama i protagonisti non dovevano essere strutturati fisicamente, non dovevano essere enormi: lui nasceva per scrivere storie comiche e quella comicità la portò nel suo Goku, un protagonista dedito alla sua missione, ma con uno spirito goliardico, più vicino alle esigenze del pubblico.
Toriyama non è stato solo questo, però, perché dalle sue mani è passata anche l’industria del videogioco: ancor prima che Hironobu Sakaguchi lo coinvolgesse per Blue Dragon, negli anni 2000, il suo contributo è stato fondamentale su Dragon Quest, uno dei primi jRPG: da lì poi fu il momento di Chrono Trigger, grazie al supporto di Yuji Horii e lo stesso Sakaguchi, passando per Dragon Quest Monsters fino ad arrivare a quelli che sono i videogiochi su Dragon Ball. Stare qui a enunciare tutti i videogiochi realizzati partendo dal suo manga ci farebbe diventare didascalici e, soprattutto, prolissi, ma quando su FighterZ abbiamo percepito e saputo del suo impegno nella realizzazione dell’Androide C-21 è indubbio che la nostra attenzione, che prima poteva essere giustificata curiosità, si sia acuita.
Inoltre, il 2024 per Toriyama sarebbe stato non solo l’anniversario dei 40 anni di Dragon Ball, ma anche dell’esordio su console di Sand Land, tratto da un altro suo lavoro, atteso per la release ad aprile. 14 episodi per seguire le vicende di Belzebubù, il prince dei demoni, insieme al ladro Shif e lo sceriffo Rao. Anche di quest’ultimo, tra l’altro, di recente si è deciso di pubblicare una versione a colori, arricchitti dei bozzetti originali, pubblicati nell’agosto del 2023 in Giappone: che Star Comics voglia prepararsi a una ripubblicazione anche di questo? Funzionerebbe molto. Ciò che è certo, intanto, è che Toriyama è un autore immortale, che anche dopo la sua morte continuerà a essere nei pensieri e sulla bocca di tutti.
Per i 40 anni di Dragon Ball, tra l’altro, era tornato a farsi vedere su quello che è il suo prodotto più famoso: non solo per aver messo la firma su uno degli ultimi OAV, dopo vent’anni di assenza da Dragon Ball, ma anche per essersi rimesso a lavorare su Daima, lo spin-off di Dragon Ball Z previsto per la fine di quest’anno: lo stesso Akio Iyoku, executive producer della serie, durante un panel al New York Comic Con 2023 aveva specificato che Toriyama fosse fortemente coinvolto nella scrittura di alcuni episodi della serie, così da poter tornare su ciò che più gli apparteneva: i suoi personaggi, il suo Goku. Che – proprio come lui – si è guadagnato la storia e non morirà praticamente mai, finché rimarrà nel cuore di chi vive. Per l’eternità.