Baywatch: Pluto TV ripropone la serie icona degli anni ’90

Viaggio negli anni '90, fra polemiche e meriti, per ricordare Baywatch

di Chiara Poli

Impossibile non conoscerla: Baywatch, la serie cult degli anni ’90 (dopo il debutto nel 1989), è stata venduta anche in Paesi che normalmente non acquistavano le serie made in Usa. Oltre 200 Paesi l’hanno acquistata, doppiandola in 43 lingue o mandandola in lingua originale con i sottotitoli (che nessuno leggeva).

Basta ricordare un’altra serie cult degli anni ’90, Friends, che rendeva omaggio allo straordinario successo della serie di Michael Berk, Gregory J. Bonann e Douglas Schwartz: il “momento Baywatch” di Chandler e Joey, incantati da Pamela Anderson e colleghe che correvano a rallentatore sulle spiagge della California per salvare vite.

E ora, chi volesse rivederla, non deve far altro che sintonizzarsi su Pluto TV.

Baywatch è diventata un’icona culturale globale, conquistando il mondo grazie alla combinazione di azione e intrecci sentimentali puntando tutto sull’attrattiva fisica de protagonisti. La serie ha avuto un impatto significativo sulla cultura popolare, influenzando l’abbigliamento, la moda, la musica e persino lo sport estivo.

Il cast ha goduto di enorme popolarità. David Hasselhoff, l’ex protagonista di Supercar, interpreta Mitch Buchannon, a capo dei guarda spiaggia nell’iconico costume arancione che pattugliano le spiagge e presidiano le torrette per correre in aiuto di chiunque si trovi in difficoltà, sulla spiaggia e in mare.

L’ingresso nel casto di Pamela Anderson nel 1992, con il personaggio di C.J. Parker, ha trasformato Baywatch nella serie più vista di sempre, trasformando la Anderson in una delle donne più desiderate al mondo.

Ma ci sono stati tanti altri protagonisti nei 242 episodi divisi in 11 stagioni, da Michael Newman ad Alexandra Paul, da Billy Warlock a David Charvet, rispettivamente interpreti dei personaggi di Newmie, Stephanie Holden, Eddie Kramer e Matt Brody, senza dimenticare un altro amatissimo volto (e corpo) della serie: quello di Yasmine Bleeth nei panni di Caroline Holden.

Jeremy Jackson è cresciuto sotto ai nostri occhi nel ruolo di Hobie, il figlio di Mitch, mentre i molti successivi ingressi nel cast (Kelly Packard, Nicole Eggert, Jason Simmons, Brooke Burns, Michael Gergin, José Solano, David Chokachi, Gena Lee Nolin, Erika Eleniak, Carmen Electra, Jason Momoa e tantissimi altri) hanno continuato ad alimentare l’amore del pubblico, maschile ma anche femminile, per le imprese degli eroici salvavita.

Eroici ma pur sempre umani, e di conseguenza protagonisti di drammi personali di ogni genere, dalle dipendenze alle relazioni famigliari, dalle fobie agli incidenti che lasciano segni sul corpo ma soprattutto sulla mente.

La sigla di Baywatch (prima Save Me di Peter Cetera e poi I’m Always Here di Jimi Jamison, il cantante dei Survivor) è entrata nelle case di tutto il mondo, diventando il tormentone associato a quelle immagini di perfezione estetica che ha fatto il successo della serie.

Critiche e impatto culturale positivo di Baywatch


Per ovvie ragioni, Baywatch è stata ripetutamente accusata di aver influenzato negativamente gli standard di bellezza, rivoluzionano la percezione della figura femminile nella società e creando un effetto dannoso sulla salute mentale e fisica delle donne comuni che rincorrevano un canone ideale e irraggiungibile.

Le attrici della serie passavano molto tempo a lavorare su se stesse per ottenere un corpo perfetto secondo gli standard mediatici, creando pressioni per modificare il proprio corpo attraverso pratiche come la dieta restrittiva e la chirurgia plastica. Questo ha portato a un aumento delle aspettative irrealistiche e alla diffusione di comportamenti dannosi, come l’anoressia e la bulimia, tra le giovanissime che cercavano di raggiungere questi ideali di bellezza.

Relativamente alle trame di alcuni episodi, si è anche parlato di normalizzazione del concetto di violenza contro le donne, considerate esclusivamente in base al loro aspetto fisico.

Era la fine degli anni ’80 e sarebbero arrivati gli anni ’90 con le loro top model e la tragica diffusione dei disturbi alimentari fra le adolescenti di tutto il mondo, ma ridurre la “colpa” dei modelli proposti a Baywatch è quantomeno equivoco. Furono soprattutto la moda, appunto, a trasformare il corpo femminile - e oggi anche quello maschile, basta guardare una sfilata - e l’industria miliardaria che muove a fare i danni di cui si accusava Baywatch. Per non parlare delle figure femminili nelle altre serie degli anni ’90: con l’eccezione di E.R., Buffy e X-Files, la bellezza fisica la faceva da padrone in gran parte della produzione per il piccolo schermo.

Il discorso è lungo e complesso ma chi quegli anni li ha vissuti, e poi studiati, sa bene che è facile accusare una serie TV di un cambiamento sociale che ha radici e influenze molto più profonde.

Innegabile, invece, l’impatto positivo dal punto di vista sportivo che la serie ha avuto sugli spettatori più giovani: mentre il fitness già sapeva di rappresentare un’impresa senza limiti di guadagno, la voglia di imitare i protagonisti facendo sport crebbe notevolmente fra i giovani fan di Baywatch.

Il primo sport a beneficiare della serie fu il running: correre lungo la spiaggia divenne una moda sempre più diffusa. A seguire, le piscine si riempirono di ragazzini che volevano imparare a nuotare come i guarda spiaggia che vedevano in TV. Lo stesso Michael Phelps, celebre campione olimpico, dichiarò di essere stato ispirato dal modo in cui Baywatch promuoveva l’importanza dell’esercizio e della forma fisica.

Baywatch: l’influenza su cinema e TV e lo stile narrativo


L’entusiasmo per la nuova serie, in ogni caso, si era sparso per il mondo alla velocità della luce, scolpendo il nome di Baywatch (e delle sue protagoniste) nella “roccia” della cultura popolare.
Ne L’angolo rosso, thriller di Jon Avnet, l’avvocato Richard Gere si reca in Cina per trattare la vendita di un programma tv via satellite che ha evidenti analogie con Baywatch (ovvero: belle bagnine costumate che saltellano sulla sabbia rovente). Baywatch viene citato almeno una volta un po’ ovunque, da X-Files a Sliding Doors, da Borat - che costruisce la trama attorno alla passione del protagonista per la Anderson, “conosciuta” nella serie - a Blood Diamond, fino alle parodie del Saturday Night Live, di Scary Movie e della serie demenziale Son of the Beach, con protagonista Timothy Stack nel ruolo dell’imbranatissimo guarda spiagge Notch Johnson.

Baywatch è diventato una moda ma, soprattutto se rivisto oggi, non era esattamente un capolavoro di dialoghi e colpi di scena. Lo stile narrativo era piuttosto basilare, e presto si era trasformato nella necessità di fornire occasioni di azione e corse sulla spiaggia sempre più frequenti, e di conseguenza un po’ meno credibili, ma diciamocelo: non importava a nessuno.

Baywatch era esibizione di forme e muscoli, e per questo ha contribuito a cambiare il linguaggio televisivo. I veri e propri videoclip musicali inseriti nella narrazione hanno fatto parte di un processo di accelerazione del ritmo (montaggio più veloce, riduzione dei cosiddetti “tempi morti”, uso della colonna sonora per scandire le immagini).

Quindi non solo moda e bellezza, anche sport e nuovi stili narrativi. Alla faccia di chi demonizza la serie.

Discorso diverso per lo sfortunato - meritatamente - spinoff Baywatch Nights, in cui un appesantito Mitch Buchannon lavorava come detective privato occupandosi di vari crimini.

Un orrore in due stagioni che in pochi hanno visto, anche perché rischiava di rovinare il glorioso ricordo di Hasselhoff in costumino arancio.

Tentativi di spinoff a parte, insieme alle critiche a Baywatch va riconosciuto anche un grande merito. Fra un bikini e l’altro, fra un videoclip musicale e un’esibizione “gratuita” di muscoli sulla spiaggia, la serie si è occupata anche di tematiche importanti. Divorzio, violenze domestiche, episodi di discriminazione… Tutti temi trattati più volte da Mitch e compagni, sempre con una rispettosa delicatezza.

I dialoghi non erano poesie, ma era evidente l’impegno degli autori quando si trattava di toccare argomenti potenzialmente devastanti.

Il film per il grande schermo, adattato dalla serie e uscito nel 2017 - con Dwight Johnon e Zac Efron, Alexandra Daddario e Priyanka Chopra Jonas, con gli immancabili David Hasselhoff e Pamela Anderson - fu un flop. I tempi di Baywatch erano gli anni ’90. All’epoca, la serie rappresentava una novità assoluta.

Nel 2017 nessuno sentiva più il bisogno di ritrovare i baywatchers, perdipiù al di fuori del loro formato classico.

Meglio concentrarsi sui bei ricordi, o magari sulle curiosità: lo sapevate che Hasselhoff non voleva Pamela  Anderson nel cast, perché credeva che, essendo troppo prosperosa avrebbe distratto il pubblico (cosa poi puntualmente avvenuta)? La Anderson era stata su Playboy e David Hasselhoff voleva una serie per famiglie. O, almeno, così diceva. In realtà, la vera preoccupazione era diversa: temeva semplicemente che C.J. sarebbe diventata il simbolo della serie, oscurando tutti gli altri personaggi e attori. Aveva ragione, perché è esattamente ciò che è avvenuto.

Ma c’è di più: non solo C.J., anche Hobie era stato modificato da Hasselhoff nel suo interprete. Doveva essere Leonardo Di Caprio a dargli vita. Poiché aveva già 15 anni, David Hasselhoff lo scartò: secondo lui era già troppo grande per il personaggio di Hobie. E di questo, oggi, sia noi che Leonardo DiCaprio non possiamo far altro che ringraziarlo…