Crimini in Serie: John Douglas e Mindhunter, viaggio nella mente dei serial killer
Viaggio nella mente degli assassini con Mindhunter e Crimini in Serie
Il mondo del crimine è sempre stato affascinante e terrificante allo stesso tempo. Ma cosa succede quando ci si addentra nelle profondità della mente di coloro che commettono gli atti più atroci? È proprio questo il viaggio che John Douglas ci invita a fare nel suo libro Mindhunter e nella successiva serie TV omonima.
Il nostro podcast Crimini in Serie ha dedicato un episodio a questo argomento, esplorando la vita e il lavoro di Douglas, così come l’impatto culturale di questa opera fondamentale per la cattura dei serial killer.
John Douglas, pionere del profiling criminale
Per comprendere appieno l’importanza di Mindhunter dobbiamo partire dalla biografia di John Douglas.
Nato a Brooklyn nel 1945, Douglas ha intrapreso una carriera nell’FBI che lo avrebbe portato a diventare uno dei pionieri delle tecniche di profilazione criminale. La sua formazione accademica in psicologia lo ha dotato degli strumenti necessari per comprendere la mente umana, ma è stato il suo lavoro sul campo che lo ha trasformato in un esperto di assassini seriali.
Il contributo più significativo di Douglas alla criminologia è stato lo sviluppo delle tecniche di intervista agli assassini seriali. Immaginatevi seduti di fronte a Ted Bundy o John Wayne Gacy, cercando di capire cosa li abbia spinti a commettere crimini così orribili. È esattamente questo che Douglas ha fatto, creando una banca dati di informazioni su questi individui che sarebbe diventata fondamentale per le indagini future.
Il libro Mindhunter, pubblicato nel 1995, è il risultato di 25 anni di lavoro di Douglas. Attraverso casi come quelli di Jeffrey Dahmer, Charles Manson e Ted Bundy, Douglas ci guida nel mondo oscuro della mente criminale.
Ma Mindhunter non è solo un libro di cronaca nera; è una profonda esplorazione psicologica che cerca di rispondere alla domanda più difficile: cosa rende qualcuno un assassino seriale?
Dal lavoro vero di Douglas alla serie di Netflix: ecco Mindhunter
La serie TV Mindhunter, prodotta da Netflix e basata sul libro di Douglas, ha portato il mondo oscuro in cui l’agente ha vissuto sul piccolo schermo.
Ambientata negli anni ’70, la serie segue due agenti dell'FBI, Holden Ford (Jonathan Groff, Glee) e Bill Tench (Holt McCallany, Fight Club), mentre intervistano assassini seriali per comprendere meglio il loro comportamento. La serie naturalmente va oltre, esplorando tematiche come l’impatto psicologico del lavoro sugli agenti stessi e la ricostruzione della società americana di quel periodo.
Anna Torv, la bravissima ex protagonista di Fringe, interpreta un terzo personaggio fondamentale, la dottoressa Wendy Carr, psicologa clinica che si unisce al lavoro di Ford e Tench per sviluppare le tecniche di profiling e investigazione.
L’impatto culturale di Mindhunter, fondamentale sia per quanto riguarda il libro che per quanto riguarda la serie, non può essere sottovalutato.
Dalla storia di John Douglas ha contribuito in modo significativo a cambiare il modo in cui si cercava di catturare i serial killer, analizzando il loro comportamento che capire chi fossero, siamo arrivati a una serie TV che ha ricevuto critiche incredibilmente positive e ha attratto un vasto pubblico, dimostrando quanto sia affascinante questo genere di contenuti.
Mindhunter ha anche influenzato altre produzioni nel genere crime drama, spingendo i creatori a esplorare più in profondità la psicologia dei criminali. Arte in cui il regista e produttore della serie, David Fincher, ha dimostrato di essere esperto grazie a due film di enorme successo, Se7en e Zodiac, che racconta la vera storia del serial killer mai identificato.
Tuttavia, ciò che ci raccontano sia Douglas nel libro scritto insieme al giornalista Mark Olshaker sia la serie TV che porta la firma di Joe Penhall (The Long Firm) come creatore a partire dal libro, è importante ricordare che dietro ogni storia c’è una vittima reale. Douglas e gli autori della serie TV hanno sempre mostrato rispetto per le famiglie delle vittime, evitando di glorificare gli assassini seriali e mostrando sempre in modo chiaro e inequivocabile quale fosse il lato giusto su cui schierarsi, quello delle forze dell’ordine. La loro rappresentazione da parte degli interpreti di Mindhunter ha voluto dimostrare quanta umanità fosse messa in gioco nel provare a immergersi nel mondo oscuro e spaventoso dei serial killer. Imparare ad analizzare il comportamento dei “mostri” che tanti non hanno riconosciuto nei volti dei serial killer famosi significa mettersi in parte nei loro panni. Imparare a conoscerli da vicino, giocando a un gioco molto pericoloso che rischia di mettere in discussione la lucidità e la salute mentale degli agenti speciali dell’FBI. Non a caso, nella serie ci viene mostrato l’atteggiamento eccessivamente “confidenziale” che alcuni degli assassini intervistati cercano di instaurare con Ford e Tench.
John Douglas e il suo Mindhunter hanno lasciato un’impronta indelebile nella criminologia moderna. Hanno aperto una finestra sulla mente degli assassini seriali, permettendoci di comprendere meglio questi crimini e, speriamo, di prevenirne altri in futuro.
Il nuovo episodio di Crimini in Serie ci racconta come, anche nei luoghi più oscuri della natura umana, ci sia sempre qualcosa da imparare.