Expats è arrivata su Prime Video: ecco trama, tematiche e riflessioni della serie con Nicole Kidman
Incidenti. Errori. Distrazioni. Expats, su Prime Video, ci parla di tematiche comuni a tutto il mondo
Tanti film iniziano nello stesso modo: con strani incidenti descritti dal narratore. Il primo episodio di Expats inizia raccontandoci diverse tragedie, causate involontariamente, e mostrando i volti di chi le ha rese reali. Non i volti delle loro vittime.
Ci viene detto che nessuno pensa mai ai colpevoli, a coloro che causano la morte di qualcuno involontariamente. Si pensa sempre e solo alle vittime, a nessuno interessa mai il destino dei colpevoli - naturalmente solo nel caso che siano colpevoli di qualcosa di accidentale.
Un incidente è tale se non ci sono complicazioni di mezzo, come alcol o droga. Chi giuda ubriaco non causa un incidente, è colpevole in un altro modo.
Ma se causi la morte di qualcuno, per quanto involontariamente, sei comunque un colpevole.
E i colpevoli degli incidenti, con il loro destino, non interessano a nessuno.
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La premessa narrativa di Expats, la serie di Prime Video con Nicole Kidman disponibile dal 26 gennaio con i primi due episodi e firmata da Lulu Wang (The Farewell - Una bugia buona) è quella.
Una semplice premessa.
Un interrogativo banale: perché nessuno si preoccupa mai dei colpevoli, ma solo delle vittime?
Basta un episodio, un solo inizio di un episodio, per trovare la risposta: perché nessuno vuole sapere come se la cavano i colpevoli. Per gli incidenti, di solito - se davvero di incidenti si tratta - nessuno finisce in galera. E così i colpevoli sono liberi. Vivono la loro vita. Mentre le loro vittime, e tutte le persone che le amavano, non lo possono più fare.
Ecco perché nessuno vuole mai sapere nulla dei colpevoli.
Ed ecco perché Expats li mette al centro della sua premessa narrativa: esistono anche loro. Dobbiamo conoscere le vite delle vittime e dei loro cari, ma anche quelle dei colpevoli.
Perché esistono.
La trama di Expats
Margaret (Nicole Kidman) ha sposato un uomo cinese. Insieme al marito e ai tre figli, vive a Hong Kong nel lussuoso ed esclusivo palazzo noto come The Peak. Domina la vista sulla città, eppure non riesce a vedere che sta commettendo un errore fidandosi di una ragazza coreana conosciuta tempo prima, Mercy (Ji-young Yoo).
Non avrebbe dovuto, ma… È stato un incidente.
Nessuno voleva che succedesse qualcosa di brutto.
Ma qualcosa di brutto è successo.
Lo scopriamo nel secondo episodio, in cui torniamo indietro nel tempo e conosciamo tutti i protagonisti quando sono - diciamo così - normali. Immersi nella loro routine quotidiana. Non segnati da una tragedia.
Nel primo episodio, sappiamo solo che organizzare la festa per il cinquantesimo compleanno del marito di Margaret, Clarke (Brian Tee), sembra un azzardo.
Festeggiare dopo aver vissuto una tragedia famigliare viene considerato fuori luogo.
Ma è anche necessario dimostrare ai bambini, ai parenti e agli amici che la vita continua. Che si può cercare di ritrovare una normalità.
Ma alla festa, impiegata per conto del catering, c’è anche Mercy e Margaret esplode.
A starle vicino è la sua amica Hillary (Sarayu Blue), che vive al Peak insieme al marito David (Jack Huston) e che dopo la tragedia ha visto Margaret allontanarsi da lei.
Un grande intreccio di vite
Expats ci racconta l’intreccio delle vite di diversi personaggi. Vittime, colpevoli, spettatori. In una tragedia, anche quando si tratta di un incidente, ci sono sempre queste tre categorie.
E poi ci siamo noi, i voyeur. Coloro che guardano gli intrecci sullo schermo per cercare di trarne un insegnamento. Il primo è che raramente, molto raramente, gli incidenti esistono. Quando succede qualcosa di grave, nella stragrande maggioranza dei casi è perché qualcuno ha commesso un errore. Una leggerezza. Una disattenzione.
Non voleva, ma è successo.
Expats ci parla degli espatriati: persone che vivono in un Paese straniero cercando di sentirsi a casa, ma che avranno sempre - inevitabilmente - nostalgia di casa.
Ci si trasferisce quasi sempre per lavoro, e si finisce per rimanere invischiati in qualcosa che definisce quella dicotomia che solo gli espatriati conoscono bene: l’immersione in una cultura diversa, le usanze e gli orari che cambiano, la propria indole che rispetterebbe altri ritmi.
Non è facile vivere all’estero. Forse per questo tutti gli stranieri, indipendentemente dalla provenienza, finiscono per avvicinarsi l’un l’altro.
Perché condividono quella sensazione di essere a casa… Senza mai esserci davvero.
Perché imparano a proprie spese che, per quanto ben inseriti possano essere, saranno sempre stranieri.
E perché capiscano che, anche quando credono di conoscere sufficientemente un ambiente, non è così.
Dovremmo sempre chiederci dove ci troviamo e se ci sono pericoli, ma è stancante. Tutti abbassano la guardia, prima o poi. Ed è in quel momento che succede.
Tragedie. Incidenti. Errori. Intrecci di vite.
Vittime, colpevoli, spettatori. Non testimoni. Spettatori, come noi. Persone che restano immobili di fronte a ciò che accade, che vi assistono per sbaglio, che semplicemente si trovano in zona mentre succede qualcosa. Non testimoni. Perché i testimoni hanno sempre un ruolo attivo negli eventi.
Invece noi, come molti dei personaggi coinvolti, siamo inermi.
Impegnati a cercare di capire cosa sia successo, perché sia successo, perché succederà ancora.
Trovando una sola risposta: perché in ogni storia ci sono sempre vittime, colpevoli e spettatori. E sarà sempre così… In attesa del prossimo evento. O del prossimo episodio (ogni giovedì su Prime Video).