Milano brucia e Blocco 181 l’aveva previsto: come è nata Gangs of Milano, la seconda stagione “profetica” della serie Sky

Milano brucia in periferia, con violenti episodi di criminalità che campeggiano nella cronaca nera. Inoltre anche il centro della città da bere è chiaramente fascinato dall’anima oscura e criminale della città, con cui flirta di continuo. Una realtà che stiamo scoprendo in questi mesi appunto con gli ultimi episodi di cronaca ma che Gangs of Milano immaginava e raccontava già un anno fa, quando Sky ha deciso di dare seguito alla storia dei tre protagonisti di Blocco 181.
Il processo creativo dietro questo ritorno seriale nella periferia milanese più multietnica e in subbuglio è partito da una domanda: "E se ritrovassimo il trio di personaggi protagonisti Bea, Ludo e Mahdi un anno dopo, due anni dopo? Come sarebbero cambiati?". Da questa scintilla, spiega il regista della serie Ciro Visco, figlio della scuola di Gomorra, è nato un big bang narrativo che ha portato a una seconda stagione radicalmente diversa.

I tre protagonisti del Blocco sono tornati ma Milano si è fatta più violenta
"Volevamo raccontare una storia in trasformazione," afferma Visco, "prendendo i tre personaggi protagonisti del Blocco che già conoscevamo e confinandoli in un ambiente che li teneva prigionieri". Mahdi costretto al ruolo di capo del Blocco, Bea alla guida di una comunità femminile con intenti criminali e Ludo, incapace di sfuggire al suo passato e di ritorno in città sono esempi di come la città condiziona e intrappola i protagonisti. L'inserimento di nuove leve e di una realtà criminale ancora più violenta ha poi agito da detonatore, rompendo gli equilibri precari e innescando una spirale di eventi che culmina nella "Milano che brucia" vista nella serie.
Visco sottolinea come l'idea di base sia stata quella di immaginare i personaggi come isole, costrette a confrontarsi con un "mare" sempre più turbolento. "C'era poi la necessità di inserire un elemento di rottura, qualcosa che, andando a lavorare solo su un personaggio, avrebbe creato un effetto domino nel lato crime di questa storia" spiega il regista.
Interrogato sui riferimenti all'attualità milanese e nazionale presenti nella serie, lo sceneggiatore Paolo Vari risponde che Gangs of Milano non è figlia degli ultimi eventi, essendo stata scritta quasi un anno e mezzo fa. Tuttavia, sottolinea l'importanza di immergersi nella realtà che si vuole raccontare, respirando l'aria che si respira in città. "Non è un documentario," precisa Vari, "ma abbiamo respirato il clima di questo periodo. È inevitabile che si sia indurito blocco narrativo sulle vicende delle gang a Milano rispetto a Blocco 181 perché è la realtà fuori che si è indurita. Abbiamo provato a raccontare quello che sentivamo un po' nell'aria nel nostro modo di fantasia."

Le nuove leve del Blocco sono state scoperte tramite street casting
Una componente fondamentale per dare autenticità alla serie è stata la scelta di interpreti non professionisti, scovati attraverso un intenso street casting, per i ruoli delle new entry nella storia: la kasbah, la giovanissima comunità pakistana che si installa sul tetto del Blocco e finisce per scontrarsi con Mahdi mentre cerca al contempo la propria emancipazione attraverso la musica rap e le serate a barre libere.
Ciro Visco racconta la sfida di trovare volti e voci che potessero incarnare la realtà multietnica e le tensioni sotterranee della Milano che racconta: "È stata sicuramente una sfida interessante, accolta da tutti i nostri produttori," spiega. L'obiettivo non era semplicemente quello di trovare "persone vere" per raccontare le comunità rappresentate, ma di scovare individui capaci di dare "tridimensionalità" ai personaggi. Si è quindi deciso di abbandonare i canali tradizionali delle agenzie, consapevoli che trovare attori nordafricani in Italia non sarebbe stato facile.
"Abbiamo proprio scelto dall'inizio di prenderla come unica risorsa," continua Visco, "e devo dire che abbiamo visionato più di 150 persone più o meno su tutto lo stivale, non ci siamo limitati alle zone del nord." La scelta è ricaduta su Fahd Triki e Noè Nouh Batita, considerati autoctoni a modo loro, dato che da ragazzi sono cresciuti nella periferia milanese. Visco rivela come i due abbiano continuamente stravolto le battute sul set, comunicando tra loro in lingue diverse. "Quella è stata una ricchezza fin da principio," afferma il regista. "Loro avrebbero dovuto parlare solo in italiano, ma il fatto che nei momenti di pausa parlassero tra loro in altri idiomi ci ha affascinato. Il come si dicevano le cose, con che naturalezza: quella è stata la vera ricchezza che ci hanno regalato." Visco sottolinea la bravura dei due, considerati attori alla prima esperienza sul set.

Anche il rapper Salmo, che nella serie interpreta Snake ed è protagonista dell'episodio 6 (una puntata "verticale" interamente dedicato alla sua storia con Alessandro Borghi come guest star) offre la sua prospettiva sulla Milano raccontata in Gangs of Milano. Avendo vissuto nella città per 15 anni, Salmo afferma di averla vista "in tutte le salse," dai centri sociali ai locali più esclusivi: "Ho visto praticamente tutte le vie, qualsiasi posto," afferma Salmo, "e devo dire che in questi 15 anni è cambiata molto, parecchio." Il rapper paragona l'evoluzione di Milano a quella di Londra, città in cui ha vissuto nel 2005, rimanendo sorpreso dai cambiamenti al suo ritorno. "Credo che la fotografia di 'Gangs of Milano' sia reale, realistica," conclude il rapper.
In chiusura il responsabile di Sky Nils Hartmann risponde a una domanda della stampa predente riguardo a eventuali ostacoli o fastidi derivanti dalla rappresentazione di una Milano violenta e criminale in Gangs of Milano, rivelando una difficoltà produttiva inaspettata per una serie di questo tipo.
"Nessuno problema, forse perché manco se ne sono accorti," afferma Hartmann, con una punta di ironia. Confronta l'esperienza di Milano con quella di Napoli, dove Sky sta girando la serie sulle origini di Gomorra, in un clima di "tensione spasmodica" che investe anche le zone non coinvolte direttamente nelle riprese. A Milano, invece, le riprese si sono svolte in tranquillità.
Hartmann coglie l'occasione per lanciare un appello proposito della scarsa incisività della Film Commission Lombardia. "Per questa serie purtroppo parte della ricostruzione degli interni di Milano abbiamo dovuto spostarli a Torino," rivela Hartmann. "La Film Commission Lombardia è molto sottile come cassa, non ci sono i finanziamenti e non si riescono nemmeno a sostenere progetti così incentrati sulla città come il nostro".

Hartmann sottolinea come Milano sia una città che vive di spot pubblicitari e moda, settori che sanno invece finanziare e supportare la sua immagine. Quando ci si sposta in ambito culturale invece la musica cambia: "Noi abbiamo un altro grande progetto che non vi anticipo che dovremmo girare a Milano. È fondamentale che questa città dia la possibilità, in termini di permessi, di supporto logistico e di aiuti, di girare Milano." Hartmann si rammarica che la Lombardia non riesca a replicare il modello della Puglia, della Sicilia, ribadendo l'importanza di supportare il cinema anche a Milano, una grande città che deve dare spazio anche a questo tipo di produzione artistica.