It: la miniserie dal romanzo di Stephen King. Genesi, cast, impatto sul pubblico

Trama, cast, genesi di It: la miniserie tratta dal romanzo di Stephen King che ancora oggi resta un cult

di Chiara Poli

Il 18 novembre del 1990, il network ABC mandò in onda la prima parte di It, la miniserie tratta dall’omonimo romanzo di Stephen King destinata a scrivere la storia del piccolo schermo.

A distanza di oltre 30 anni, e dopo il film in due parti molto meno fedele al romanzo diretto da Andy Muschietti, la miniserie con Tim Curry (l’ex icona Frank’n Furter di The Rocky Horror Picture Show) era destinata a lasciare il segno. E Tim Curry sarebbe diventato nuovamente un’icona. Horror, stavolta, nei panni del clown Pennywise.

Chiunque abbia letto e amato il romanzo sa che il lavoro di Tommy Lee Wallace è non solo più fedele al romanzo, ma anche più spaventoso per milioni di spettatori che lo videro in TV grande pubblico. Il Pennywise di Curry è rimasto negli incubi di due generazioni per molto tempo, dando vita a un personaggio che Bill Skarsgård nel film ha fortemente reinterpretato e che, pure con trucco ed effetti molto più sofisticati, non è comunque riuscito a diventare più terrificante di Curry.

La trama di It: la miniserie in due parti del 1990


Mike Hanlon torna a Derry, la cittadina in cui è cresciuto. Tormentato da ricordi confusi, spinto da una forza interiore inizia a raccogliere indizi sul ritorno del Male che aveva affrontato da bambino in città.

Siamo negli anni ’60 e il club dei Perdenti, ragazzini impopolari e con situazioni famigliari difficili, accoglie Mike. I membri dei Perdenti sono 7: Bill, Ben, Bev (l’unica ragazza), Eddie, Stan, Richie e Mike.

Il fratellino di Bill, Georgie, viene ucciso da una creature soprannaturale che tormenta tutti e 7 i ragazzini. I Perdenti prendono coraggio e decidono di affrontare il mostro, che chiamano It, per impedire che continui a uccidere.

Ventisette anni dopo, Mike - che come mostrato all’inizio era tornato a Derry - inizia a ricostruire il passato dimenticato e a chiamare i suoi ex compagni del club dei Perdenti, dicendo loro che devono tornare. It è tornato e loro avevano promesso che l’avrebbero combattuto, se mai l’avesse fatto.

I Perdenti si riuniscono, ritrovandosi. Iniziano a ricordare il passato, in quella che sembra una bellissima rimpatriata. Ma poi emergono gli altri ricordi, con tutti i loro orrori, e i 7 si rendono conto che affrontarli da adulti è molto più difficile che farlo con gli occhi di un ragazzino di dodici anni. Ma avevano fatto un patto. E i patti vanno rispettati, a qualsiasi costo.

La genesi di It: come nacque la miniserie del 1990


Il network ABC acquisì i diritti per realizzare una miniserie televisiva basata sul romanzo più conosciuto e amato di Stephen King intorno al 1988. Si trattava del primo progetto televisivo tratto da un’opera di King dopo Le notti di Salem, la miniserie del 1979 diretta da Tobe Hooper.

Per l’adattamento del lungo e complesso romanzo venne scritturato Lawrence D. Cohen, già celebre per aver adattato il romanzo di Carrie nel film-capolavoro di De Palma del 1976.

Per la regia era stato contattato il grande George A. Romero, nome di punta nel panorama horror grazie ai suoi film sugli zombie. L’idea era quella di realizzare una serie della durata di 8. ore, distribuita in episodi da 2 ore ciascuno. Romero però aveva problemi di tempistiche relative ad altri lavori e l’impegno avrebbe richiesto la loro cancellazione, così declinò.

Tutti gli altri grandi nomi del panorama horror cinematografico espressero le stesse perplessità: eravamo alla fine degli anni ’80 e le miniserie horror non erano un’investimento di tempo sicuro. Soprattutto se fossero state così lunghe. Tobe Hooper, in fondo, con Le notti di Salem se l’era cavata in tre ore e nessuno capiva perché ne servissero così tante per It, nonostante la lunghezza del romanzo.

Ecco quindi che i vertici della ABC decisero prima di tagliare un episodio, riducendo il girato a 6 ore, per poi vedersi costretti a tagliare ancora: una miniserie in due sole parti, che venne affidata a Tommy Lee Wallace.

Wallace non era esattamente un’icona del genere horror - aveva scritto e diretto Halloween III e Ammazzavampiri 2 - ma era abbastanza esperto del genere per sembrare un investimento sicuro su un titolo importante come It. Wallace lavorò anche al copione insieme a Cohen e il compromesso di 4 ore di girato per la messa in onda in 2 serate sembrava a tutti una sfida vincente. Fu esattamente così.

Il romanzo era lungo quasi 1200 pagine così il lavoro di condensazione - il termine che in sceneggiatura indica la tecnica per tagliare il materiale letterario e trasformarlo in un film o in una serie - fu molto approfondito. Le sottotrame vennero eliminate, concentrando l’attenzione sulla banda dei Perdenti, i ragazzini - poi adulti - che sfidarono il mostro It per salvare la città di Derry dalle sue grinfie.

Ma ci furono anche molte parti fondamentali del romanzo che per motivi di spazio dovettero essere eliminate. Secondo Cohen, dover ridurre di così tanto il materiale di partenza era quasi un delitto, ma la produzione era irremovibile.

Si dovette quindi optare per una storia condensata, sì, ma che fosse chiara anche a chi non aveva letto il romanzo, e che contenesse anche alcune delle scene cult del libro, per il pubblico dei lettori. Capite bene che era un’impresa, se non impossibile, almeno molto difficile.

La decisione migliore fu quella di non eliminare mai le scene con Pennywise. Il mostro che si presentava sotto forma di clown per attirare i bambini di cui si nutriva doveva essere il protagonista assoluto della miniserie. E fu questo a fare la differenza, in presenza di tanto materiale tagliato: la presenza di uno dei personaggi più inquietanti che si fosse mai visto in TV.

Il cast di It: la selezione dei Perdenti

Nel romanzo di Stephen King, i protagonisti sono un gruppo di ragazzini non esattamente popolari o fortunati che finiscono per trovarsi, legare fra loro e diventare il club dei Perdenti.

Il punto di vista sulla storia è sempre il loro: incontrano It dopo che il fratellino di uno di loro viene divorato dal mostro e decidono di affrontarlo. Ma solo una volta adulti, molti anni più tardi, si renderanno conto di non aver ancora chiuso i conti con il mostro e, soprattutto, con la paura che ha lasciato nelle loro vite.

Il lavoro di casting fu impegnativo, e il risultato fu che Tommy Lee Wallace - è cosa nota, presente in tutti i libri sulle trasposizioni tratte da King - era rimasto molto più convinto dalle interpretazioni dei ragazzini anziché da quelle delle loro versioni adulte.

Personalmente, ritengo che le interpretazioni fossero molto buone in entrambi i casi. Probabilmente il giudizio di Wallace era condizionato dal fatto che il romanzo era per la stragrande maggioranza incentrato proprio sui dodicenni, che avevano quindi un’importanza enorme in questa storia. Inoltre, i ragazzini scelti per interpretare i protagonisti erano infinitamente più somiglianti delle loro versioni adulte ai personaggi che il pubblico immaginava grazie alle descrizioni di King.

In ogni caso, sia Wallace che Cohen si occuparono direttamente del cast.

Girata a Vancouver, la miniserie aveva reclutato 14 attori per le 7 parti dei personaggi.

Bill Denbrough, Ben Hanscom, Eddie Kaspbrack, Bev Marsh, Richie Tozier, Stan Uris e Mike Hanlon avevano bisogno di un doppio interprete.

Per la versione dodicenne dei personaggi vennero arruolati Jonathan Brandis (Bill), Brandon Crane (Ben), Seth Green -  il futuro Oz di Buffy - (Richie), Adam Faraizi (Eddie), Ben Heller (Stan), Emily Perkins (Bev) e Marlon Taylor (Mike).

Per i personaggi da adulti, vennero scelti volti noti soprattutto al pubblico televisivo, volutamente. Si voleva che il pubblico abituato a guadare la TV riconoscesse gli attori che aveva amato e seguito.

Ecco quindi che Richard Thomas di Una famiglia americana divenne Bill, John Ritter di Tre cuori in affitto interpretò Ben, Richard Masur, all’epoca guest star in serie come Murphy Brown, New York New York, e Happy Days fu chiamato per Stan. E ancora: Harry Anderson (Richie) era stato una delle star di Giudice di notte e Tim Reid (Mike) veniva da Simon & Simon. Dennis Christopher (Eddie) invece aveva recitato nel cult cinematografico Momenti di gloria, mentre Annette O’Toole (Bev) era comparsa come guest star in serie amatissime, da Gunsmoke a Hawaii-Five-0 e Barnaby Jones.

Il clown: la nascita di Pennywise


Tutto era pronto, tranne il protagonista delle scene che il pubblico avrebbe ricordato per sempre: Pennywise.

Quando scrissero la sceneggiatura, Wallace e Cohen non avevano modellato Pennywise su un attore. In fin dei conti compariva sempre come un mostro, era la sua capacità di terrorizzare il pubblico a contare, non chi ci fosse sotto al trucco. Però un nome di rilievo, un altro nome noto, avrebbe potuto fare la differenza per il successo della miniserie.

Si parlò quindi di Roddy McDowall e Malcolm McDowell, due attori che avevano un largo seguito da parte degli appassionati di horror e thriller.

Ma Tommy Lee Wallace pensò a Tim Curry. Era persuaso che avrebbe dato un tocco speciale a Pennywise e lo contattò direttamente. Curry, però, non ne voleva sapere.

Quando era sul set di Legend gli toccavano molto ore quotidiane di trucco e aveva intuito che con It sarebbe stata la stessa cosa. Si convinse quando Wallace gli disse che il trucco per Pennywise era relativo: sarebbe stata la sua interpretazione, come attore, a fare la differenza. Non servì dire altro. E comunque Wallace non stava mentendo: Tim Curry era Pennywise. Fatto e finito.

Le descrizioni di Stephen King nel romanzo erano chiare, ma ciascuno dei lettori immaginava It a modo suo.

La scelta di un interprete importante, che facesse la differenza sotto al trucco bianco da clown, richiedeva dei dettagli nel make-up che gli rendessero più semplice il compito.

Sappiamo già che Curry non voleva stare troppe ore al trucco tutti i giorni, quindi le iniziali protuberanze sulla fronte, gli zigomi e il mento previste in lattine vennero ridotte o eliminate. Il responsabile degli effetti speciali Bart Mixon ha dichiarato in diverse occasioni di essersi ispirato a un personaggio del cinema classico: quello di Lon Chaney ne Il fantasma dell’opera del 1925.

Tutto il resto - le espressioni, l’uso della voce, l’accento - venne lasciato al lavoro di Tim Curry.

Ci sono molti aspetti che in una miniserie sono fondamentali, mentre in un romanzo passano in secondo piano. La voce è uno di questi e Tim Curry aveva dimostrato di saperla usare, non solo in The Rocky Horror Picture Show.

L’intero cast di It ha conservato un ricordo prezioso della miniserie. Nei contenuti extra del DVD, i protagonisti raccontano di aver vissuto sul set una delle migliori esperienze della loro vita.

Aver portato in TV la storia di It, con la tematica fondamentale - affrontare le proprie paure è un passaggio obbligato per diventare adulti liberi di vivere davvero - ha fatto la differenza non solo per i telespettatori, ma anche per chi non aveva ancora letto It, uscito 4 anni prima, e destinato a scoprire un romanzo straordinario a prescindere dalla sua trasposizione televisiva. Si dice sempre che “il libro è meglio del film”, ed è quasi sempre vero, ma il lavoro di Lawrence D. Cohen e Tommy Lee Wallace, insieme al cast, ci ha regalato una pietra miliare nella storia del piccolo schermo, nel 1990.

Esattamente 27 anni dopo - e non a caso - nel 2017 con l’uscita del film di Andy Muschietti la magia si è ripetuta. Su un set diverso, perché anche i protagonisti della nuova versione di It hanno raccontato i tre mesi estivi passati sul set la migliore estate della loro vita. Perché anche affrontare gli incubi, a quanto pare, può diventare una straordinaria esperienza…