L'ultimo boss di Kings Cross: su Sky e NOW la vera storia di un gangster australiano

John Ibrahim ha raccontato la sua storia in un best-seller, diventato una serie TV in cui recita anche il grande Tim Roth

Lultimo boss di Kings Cross su Sky e NOW la vera storia di un gangster australiano

Ispirata a fatti realmente accaduti, L’ultimo boss di Kings Cross è la storia vera del gangster John Ibrahim, immigrato libanese che nell’Australia degli anni ’90 raggiunge i vertici della criminalità organizzata del celebre quartiere di Sidney dedicato alla vita notturna e controllato dalla malavita.

La serie, tratta dal best-seller autobiografico di Ibrahim - che firma anche la sceneggiatura - è la classica gangster-story. Ci racconta in modo lineare, nei 10 episodi della prima stagione, mentre la seconda è già stata confermata ufficialmente, l’ascesa di un giovane nella criminalità locale.

A essere originale è l’ambientazione: l’Australia di fine anni ’80-primi anni ’90. Inedita, almeno in TV, come set per la storia di un gangster. E no, non è la storia di Tim Roth. Lui è già arrivato, è già il boss: Ezra Shipman, l’uomo a capo di tutte le attività della Strip, la principale via della vita notturna - fra spaccio di droga e locali a luci rosse - di Kings Cross.

Il “nostro” gangster sa che Ezra è al comando fin da quando è un ragazzino, ma quando cresce capisce che non è più come pensava. La realtà è diversa dalle fantasie di un adolescente, e John lo capisce perché è intelligente. Tanto da volere sempre di più e lavorare per guadagnarselo.

La trama di L’ultimo boss di Kings Cross

L'ultimo boss di Kings Cross: su Sky e NOW la vera storia di un gangster australiano

Libano, 1978. due bambini girano in mezzo alle macerie, in piena guerra civile, raccogliendo proiettili calibro 50 e scarpe da tennis dai cadaveri.

Australia, 1993. Quei due ex bambini sono in lutto per la morte del padre. Un uomo con un bel vestito va ad abbracciare il più giovane, porgendogli le sue condoglianze. Due anni dopo il ragazzo siede sul banco dei testimoni in un tribunale, accusato di controllare il commercio di droga a Kings Cross insieme a tutte le altre attività illegali.

Con un salto indietro nel tempo, allontanandoci dal futuro che ci aspetta, torniamo nella Sidney del 1987. Sulla Strip, la “mecca del peccato dove la polizia finge di non vedere sesso, droga, rock ’n roll e gioco d’azzardo”, come la chiama il nostro narratore, tutto viene controllato da un ristretto gruppo di uomini. Fra questi ci sono Sam Ibrahim (Claude Jabbour, Eden), il “picchiatore” più famoso e temuto della Strip, e Big Tony (Matt Nable, Arrow), il braccio destro del boss Ezra Shipman (il sempre eccezionale Tim Roth).

Quando il fratellino adolescente di Sam, Johnny, si ficca nei guai per vendicare un amico, la situazione precipita e rischia di perdere la vita. Ma supera le difficoltà e si allena tutti i giorni, per anni. Ora Johnny è cresciuto, picchia forte e inizia a lavorare per Ezra al fianco del fratello Sam. Ma presto, come Big Tony ha già intuito, sarà Sam a lavorare per lui. John Ibrahim (Lincoln Younes, Grand Hotel) è un astro in ascesa e presto inizia a far carriera nell’organizzazione criminale di Ezra…

Una gangster-story in piena regola

L'ultimo boss di Kings Cross: su Sky e NOW la vera storia di un gangster australiano

La storia di John Ibrahim, raccontata dalla sua stessa voce, segue tutte le tappe classiche della ganster-story. Dai primi guai ai primi lavoretti per il boss locale, si fa presto a passare alla prima rissa e al primo omicidio.

Tutti quelli che lavorano sulla Strip, al servizio di Ezra - che vive nella sua mega-villa con piscina insieme alla moglie - hanno seguito le stesse tappe. Ma Johnny ha qualcosa di diverso. Coltiva un proprio senso della giustizia, in un mondo in cui le regole le detta una sola persona, Ezra. In base al proprio senso morale, vendica i torti subiti dalle persone a cui vuole bene e cerca un futuro migliore per sé e per la propria famiglia.

Non vuole più passarci, mai più. I tempi in cui accompagna la madre - che non parla inglese, ma solo libanese - a chiedere i sussidi statali, che vengono concessi solo dopo rigidi controlli e con tanto di foto per identificare i “bisognosi”, devono finire. Johnny vuole provvedere alla madre, ai fratelli, a se stesso. Vuole un futuro agiato, vuole dimenticare il suo passato di immigrato povero e senza mezzi per fare fortuna.

Dalla sua parte ha un grande vantaggio: è in grado di percepire quali siano i passaggi per ottenere ciò che vuole. Perché ne L’ultimo boss di Kings Cross, la percezione è fondamentale. Indipendentemente dal fatto che si muovano sul territorio di Kings Cross o nelle altre zone di Sidney, tutti gli uomini e le donne che popolano la serie si basano sulla percezione.

L'ultimo boss di Kings Cross: su Sky e NOW la vera storia di un gangster australiano

La mafia asiatica che vuole sfidare l’inglese al comando, percepisce che il ricco mercato di Kings Cross lascia uno spazio di manovra, se sfruttato in modo intelligente. E lo stesso Johnny, pronto a predisporre il proprio futuro in base alla percezione di ciò che lo circonda, si concentra sul cercare di capire il potere che lo circonda e quanto sia forte. O meno forte.

Vuole essere indipendente, vuole che lui e suo fratello Sam, e la sua intera famiglia, non siano legati a nessuno. Non vuole favori da ricambiare, debiti da pagare, niente: vuole aprirsi la propria strada in un mondo che sembra non lasciargliene l’opportunità. E allora, Johnny pensa di ritagliarsela, quella opportunità. Ma suo fratello sa bene che, così facendo, rischia grosso.

Johnny non sa cosa sia la paura. L’incoscienza dell’adolescenza, di quando è entrato per la prima volta in quel mondo, ha lasciato il posto alla furbizia. Johnny Ibrahim è furbo. Sa come muoversi, ma sa anche che basta una sola mossa sbagliata e tutto salta per aria. Lui incluso. Johnny conosce le regole del gioco, ma è anche impulsivo. Ha un senso tutto suo della giustizia, come dicevamo, che finisce per essere in contrasto con le regole di quel gioco, che non detta lui. Non è lui a sceglierle. Non è la polizia. Non è la legge. A dettare legge è sempre e soltanto Ezra.

Johnny Ibrahim è un personaggio carismatico. Aiutato dal bell’aspetto e dalla sua faccia pulita, cerca di muoversi più in fretta degli altri e in modo più astuto, ma i pericoli sono ovunque. 

I tempi cambiano: chi sarà l’ultimo boss di Kings Cross?

L'ultimo boss di Kings Cross: su Sky e NOW la vera storia di un gangster australiano

Quando è pronto per fare la sua mossa, Johnny contatta uno degli intermediari di Ezra, Nasa (Wadih Dona, Underbelly). L’uomo che gli aveva offerto la prima opportunità nell’organizzazione di Ezra. Anche Nasa è un immigrato libanese, parla la lingua di Johnny ed è legato anche a Sam. 

Johnny ha un piano per tutti, ma si sa: nella vita reale come in quella raccontata da una storia (fondamentalmente vera), i piani non vanno mai come previsto.

Gli ostacoli sono tanti, assumono forme diverse e sembianze insospettabili.

La storia de L’ultimo boss di Kings Cross ci sfida a indovinare se - e come - Johnny Ibrahim riuscirà a raggiungere il vertice dell’organizzazione criminale locale mentre Sidney, l’Australia e il mondo intero stanno cambiando.

I detective sul libro paga di Ezra, che chiudono uno, anzi entrambi gli occhi di fronte ai crimini a cui assistono e che si prodigano per cavare d’impaccio chiunque Ezra dica loro di proteggere, iniziano a subire pressioni.

Il cambiamento, ve ne parlavo nell’analisi di FROM, è uno dei punti fondamentali in una storia. E quando le cose, a Kings Cross iniziano a cambiare perché i tempi cambiano, e con essi ciò che è consentito, il sistema rischia di crollare. 

A quel punto toccherà a Johnny fare la sua mossa, guardarsi sempre le spalle e capire fino a che livello potrà arrivare mentre gli anni passano, Ezra invecchia e le vecchie alleanze finiscono per diventare dei pesi.

L’ultimo boss di Kings Cross ci racconta la storia di un gruppo di uomini, di un’organizzazione criminale ma anche di una società che si evolve, e non sempre nella direzione che noi - o i protagonisti di questa storia - avremmo voluto.

Il cambiamento è inevitabile, e questa è una delle cose più dure da accettare nella vita. L’introduzione di nuovi personaggi - quando le forze dell’ordine decidono di cambiare atteggiamento nei confronti della malavita locale - si accompagna all’arrivo di nuovi interessi, nuove opportunità di guadagno, nuovi investimenti.

Nel corso della prima stagione della serie impareremo a conoscere tutti gli aspetti di questa storia che, con gli opportuni cambiamenti per non incorrere in questioni legali, ci viene raccontata da chi l’ha vissuta - e determinata - in prima persona.

Lo stile visivo: dal rosso al blu

L'ultimo boss di Kings Cross: su Sky e NOW la vera storia di un gangster australiano

C’è qualcosa che salta all’occhio, negli episodi de L’ultimo boss di Kings Cross. Qualcosa che è stato studiato per accompagnarci nell’evoluzione dei personaggi, dei tempi, della società.

All’inizio il colore dominante nella serie è il rosso. Il rosso del sangue, della violenza, della rabbia cieca. Non certo il colore dell’amore e della passione: queste sono cose che esistono, nel mondo di Kings Cross, ma di certo non sono al centro degli interessi dei suoi protagonisti.

Il rosso - come dimostra la sigla della serie - finisce per contagiare tutto. L’atmosfera è volutamente squallida, i luoghi volutamente poveri: veniamo immersi in una sorta di succursale della periferia americana, sebbene ci troviamo in un Paese molto lontano. La Strip sembra la periferia squallida di Detroit, non certo una zona di Sidney. Anche questo, naturalmente, è voluto.

Man mano che gli anni passano, al pari della crescita di Johnny, cambia anche il mondo che lo circonda. I locali diventano più raffinati. Gli abiti sempre più eleganti e di buon gusto. Gli spazi sempre più puliti e curati. Un episodio dopo l’altro. Dall’alto della sua villa, Ezra continua a tenersi lontano dalla Strip, sempre di più ogni giorno che passa, senza rendersi conto che ne sta perdendo il controllo.

Non per l’ascesa di qualcun altro, che si svolge su binari per ora paralleli a quelli della sua strada, bensì per la creazione di una task force con lo scopo di riportare l’ordine in città. E quando quella squadra arriva, con un’agente federale dagli occhi azzurri a rappresentarla, ecco che i colori iniziano a cambiare. Arrivano l’azzurro, il bianco, il blu. 

I due schieramenti, i buoni e i cattivi, vengono contraddistinti per la contrapposizione dei colori principali che li circondano. Anche la luce ha un ruolo importante: gli incontri di Ezra con i suoi luogotenenti e i club notturni in cui Johnny impara il mestiere sono bui, illuminati da lampade rosse come la luce dei locali di spogliarelli. La legge si muove alla luce del sole, nell’azzurro delle camicie e nel bianco delle sedie, in pieno contrasto per ricordarci quale sia la parte giusta.

Perché il personaggio di Johnny è talmente diverso dagli altri, talmente affascinante per il pubblico, che come spesso accade nelle gangster-story potremmo finire per dimenticare che sia lui il cattivo, mentre i buoni stanno dalla parte opposta. In tv come nella realtà.

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