Loki 2, la TVA esiste davvero: intervista al production designer Kasra Farahani

I segreti del laboratorio di OB, l’ispirazione per i nuovi ambienti della TVA e Il production designer e regista Kasra Farahani e il set condiviso con Ke Huy Quan e Tom Hiddleston: Kasra Farahani racconta la stagione 2.

di Elisa Giudici

Non immaginate green screen, computer grafica o l’utilizzo dell’innovativo sistema StageCraft, messo a punto da Disney per girare The Mandalorian. Se aveste la possibilità di aggirarvi sul set di Loki scoprireste che la TVA esiste davvero, più o meno. Gli spazi che vedete nella seconda stagione della serie con protagonista Tom Hiddleston nei panni del Dio dell’Inganno non sono “addizionati”. Al contrario di quella che è consuetudine per molte serie di stampo fantascientifico, dal soffitto al pavimento, nella TVA di Loki tutto è analogico, materico, reale. E per appurarlo con i vostri occhi non dovrete fare altro che seguire la serie su Disney+, un episodio alla settimana. 

A farci da guida alla scoperta del mondo sorprendentemente concreto della TVA e a spiegarci le idee e la tecnologia alla base delle scenografie impressionanti di Loki - giù divenute nella prima stazione simbolo della serie - è il responsabile del progetto visivo degli spazi della serie. Dopo aver impostato il look distintivo della prima stagione, lo scenografo Kasra Farahani è tornato anche per la seconda in doppia veste: non solo è il production designer di Loki, ma ha anche diretto il terzo episodio, quello che vede Loki e Mobius partecipare alla fiera universale.

Ti sei occupato delle scenografie sia per la prima sia per la seconda stagione, quindi mi viene naturale chiederti come sia cambiata, a livello visivo, la TVA. Se un cambiamento c’è stato, ovvio.

Kasra Farahani - Non parlerei di cambiamento, quanto piuttosto di espansione. In questa stagione, infatti esploriamo tutti degli spazi che prima erano inediti, relativi al personaggio di OB e a quello che io definisco “il livello di sistema” della TVA. In pratica potremmo dire che stavolta esploriamo i piani inferiori, quelle che a livello costruttivo e temporale sono le fondamenta dell’organizzazione.

Nella prima stagione abbiamo esplorato gli ambienti successivi, più rifiniti e complessi. Qui invece siamo alle basi, al cuore della TVA che genera l’energia e fornisce la manutenzione infrastrutturale necessaria per la sua sopravvivenza.

C’è una differenza visiva tra questi due “livelli”?

Kasra Farahani - Sì, decisamente. Nella prima stagione ci siamo ispirati a un design d’interni del 1965 circa, studiando le influenze e le mode di metà degli anni ‘60. Stavolta invece ci siamo ispirati alla decade precedente, guardando al 1955.

Percorriamo questi infiniti corridoi e questi spazi che sembrano un po’ dei bunker sotterranei no? Viene naturale pensare alla Guerra fredda, alla grande paura nucleare, alle basi militari sotterranee. Ecco, questi nuovi ambienti della TVA prendono ispirazione da quel periodo storico.


Quali sono invece le ispirazioni alla base dell’ufficio di OB?

Kasra Farahani - L’idea preliminare era quella di questo mago pazzo, di questa mente geniale che lavora nel suo spazio, nella sua officina. Abbiamo pensato a una sorta di capomastro, di carpentiere, di ciabattino…un’artigiano nella sua officina insomma. Uno spazio organizzato, ricchissimo di materiali che sono andati accumulandosi nel tempo e che pian piano hanno scombinato un po’ i criteri di catalogazione, l’ordine precostituito.

Visivamente il mio desiderio era quello di una lettura immediata e molto forte dello spazio. Se ci fai caso, ci sono tutte queste scaffalature ai lati della stanza che sono arcuate, che creano una sorta di forma a cerchio che culmina in un grande imbuto in cui confluiscono tutti i tubi che portano le richieste di riparazione dai piani alti della TVA a OB. L’imbuto è un cono rovesciato il cui vertice, visivamente, punta a Ke Huy Quan, mettendolo al centro della scena.

Mi accennavi al fatto che esiste davvero questa stanza.

Kasra Farahani - Sì, l’abbiamo costruita da cima a fondo, in scala 1:1. Tu puoi stare sulla soglia e hai il colpo d’occhio che ti ho descritto, in questo spazio molto grande. Spazio che, a differenza di quanto accade sulla maggior parte dei set. comprende anche un soffitto vero e proprio…quello che vedi non è creato a computer!

Nella stagione due torni in veste di scenografo, ma è stata anche una prima volta per te come regista, giusto?

Kasra Farahani - Sì, esatto. Sono stato davvero fortunato, perché mi è anche capitata la puntata con le scene ambientate alla fiera universale, che sono state divertenti da girare per chi come me viene dal production design. Avevo un’idea precisa di quello che volevo e sono stato anche lo scenografo di me stesso…non male no?

La troupe, il cast d’interpreti fenomenali capitanati da Tom (Hiddleston)…è stata un’esperienza davvero meravigliosa.