Lost è su Netflix: i 5 episodi che hanno fatto storia

Un viaggio nel ricordo di Lost, con 5 episodi che hanno fatto storia

di Chiara Poli

Lost ha fatto storia. Per la prima volta, grazie a internet e alla messa in onda in contemporanea su molte delle reti FOX internazionali (inclusa quella italiana), milioni di persone in tutto il mondo si scambiavano pareri e teorie dopo la messa in onda di ogni nuovo episodio.

Questo incredibile scambio di idee è durato per tutte e 6 le stagioni, dall’episodio pilota al finale di serie.

A 20 anni dalla sua creazione, la serie di Jeffrey Lieber, J.J. Abrams e Damon Lindelof è arrivata su Netflix.

 

Un’occasione per (ri)vedere i 121 episodi che hanno tenuto il mondo con il fiato sospeso, appassionandolo e facendolo discutere.

Ma quali sono, dovendo selezionarne appena 5 con uno sforzo sovrumano (ordini dall’alto che non perdonerò mai), gli episodi di Lost che hanno fatto la storia della TV? E perché?

(ATTENZIONE: gli episodi contengono SPOILER)

Pilota (1x01 - 1x02)


Diviso in due parti (Pilot: part 1 e Pilot: part 2, ma bastava la prima a scrivere la storia), costato una cifra astronomica per l’epoca (14 milioni di dollari, cifra mai vista per un pilot televisivo), andò in onda il 22 settembre del 2004 su ABC, arrivando da noi meno di 6 mesi dopo. Già con la seconda stagione, ci mettemmo in pari con la messa in onda, seguita in contemporanea.

Venni incaricata di lanciare la serie in Italia per la rivista Satellite e ricevetti da FOX una VHS (era l’inizio del 2005) con l’episodio pilota in due parti da vedere e analizzare.

Scrissi una frase che non dimenticherò mai:

Preparatevi, italiani. Perché anche voi state per impazzire per una serie intitolata Lost.

Probabilmente io fui fra i primi italiani a impazzire per Lost. Perché?

L’episodio pilota, con una qualità non comune per l’epoca, aveva tutte le carte in regola per entrare di diritto nella storia del piccolo schermo: un disastro aereo, un’isola misteriosa, un gruppo di sconosciuti costretti a unire le risorse per sopravvivere (live together, die alone)…

Ce n’era abbastanza per far sì che tutti volessimo scoprire di cosa si trattava. Perché l’aereo era precipitato. Chi erano i suoi passeggeri. E, naturalmente, chi (e cosa) c’era sull’isola da cui cercavano di essere salvati.

Incuriosire lo spettatore, si sa, è la regola numero 1 per un episodio pilota.

E la serie in cui “nulla accade per caso” aveva tutte le carte in regola per tenerci incollati allo schermo.

L’occhio di Jack (Matthew Fox) che si spalanca, la presenza accanto a lui di Vincent il Labrador (che in realtà era una femmina di nome Madison), il suono del motore dell’aereo, il caos, le urla, il fuoco… E il tempo di reazione di Jack, medico chirurgo, chiave per la sopravvivenza del gruppo che nella prima versione del copione sarebbe dovuto morire, interpretato da Michael Keaton che non poteva impegnarsi a lungo in una produzione TV.

La storia è andata diversamente, e fin dall’inizio ha curato ogni dettaglio.

Il sedile di Jack si trovava nella fila 23 del volo Oceanic 815, i sopravvissuti all’inizio erano 48, Hurley aveva vinto alla lotteria giocando 4, 8, 15, 16, 23, 42: i numeri di Lost, ricorrenti nel pilot così come nella serie.

Gli aneddoti sul pilot sono infiniti (prima ancora che venisse scelto Matthew Fox, con un vistoso 5 tatuato su un braccio, il suo personaggio contava fino a 5 per calmarsi e affrontare ogni situazione), i motivi di interesse anche (paura, mistero, avventura, passeggeri con le manette…).

E nessuno - quasi nessuno, da quanto risulta - di coloro che avevano scelto di seguire il pilot si è fermato lì.

Magari hanno mollato durante la stagione, ma non dopo l’episodio pilota. Un evento più unico che raro nella storia delle serie TV.

Uomo di scienza, uomo di fede (Man of Science, Man of Faith 2x01)


Mentre sull’isola discutono su chi dovrà essere il primo a scendere nella botola, noi conosciamo Desmond Hume (Henry Ian Cusick). La sua routine. La sua vita scandita da quei 108 minuti che fanno tutta la differenza del mondo.

Stiamo per scoprire il primo, grande mistero dell’isola. A scendere nella botola sarà John Locke, seguito da Jack, che se lo ritroverà di fronte con un uomo che gli punta una pistola alla testa. Quell’uomo è Desmond, e il flashback - l’episodio è dedicato a Jack - ci mostrerà la prima grande beffa (o meglio: piano) del destino. Jack, che aveva promesso alla sua paziente Sarah che avrebbe camminato di nuovo, si storta una caviglia mentre si sta allenando. A soccorrerlo arriva un uomo, che a sua volta si allena. Partirà per una regata intorno al mondo. Quell’uomo è Desmond Hume.

Se l’episodio pilota ci aveva già chiarito che tutto torna grazie ai numeri, questa season premiere ci racconta che anche tutti tornano. La scoperta di cosa si nasconde nella botola ci racconta molto dell’isola, ma l’intreccio del destino che riunisce Jack e Desmond ci racconta tutto sul piano che ha portato ogni singolo passeggero a prendere lo stesso aereo. E a sopravvivere allo schianto.

Anche Orientamento (2x03) ci racconta molto dell’isola e del Progetto Dharma ma questo secondo inizio per Lost segnò un record di ascolti: tutti volevamo sapere cosa ci fosse sotto la botola…

Attraverso lo specchio (Through the Looking Glass 3x23)


Il terzo finale di stagione ha fatto storia in tanti, tantissimi modi.

Quell’immagine di Charlie (Dominic Monaghan), l’ultima, con “Not Penny’s Boat” scritto sulla mano ci ha spezzato il cuore e allo stesso tempo ci ha scioccati.

Cosa stava succedendo? Chi stava per cambiare, di nuovo, tutte le carte in tavola?

Nella terza stagione avevamo incontrato uno sconosciuto di nome Henry Gale, di cui avevamo poi scoperto la vera identità. Avevamo scoperto un aspetto inedito degli Altri: la loro origine, l’identità delle persone che i naufraghi consideravano i nativi dell’isola.

Una stagione piena di sorprese ci lascia con un doppio colpo di scena.

La rivelazione di Charlie, che ha parlato con Penny (Sonya Walger) scoprendo che non aveva inviato nessuna nave, il suo sacrificio e quel momento iconico, entrato nella storia, che di nuovo ha fatto registrare un record di ascolti per l’inizio della stagione successiva: Jack - ancora una volta siamo in un episodio dedicato a lui, e non è un caso - stavolta in un flashforward si trova a Los Angeles e grida a Kate quella frase destinata a entrare nel mito di Lost:

We have to go back! (Dobbiamo tornare indietro).

Sì, hanno lasciato l’isola. Davvero. Ce l’hanno fatta.

Continuando a seguire Lost, scopriremo come. La furbizia nella scrittura di questa serie tocca il suo climax, e ci costringe a tornare per la stagione 4.

La costante (The Constant 4x05)


Mi resta un solo episodio, fra i molti da scegliere. Perché l’episodio pilota e il finale di serie, in una selezione di soli 5 titoli storici, non possono mancare.

Quindi scelgo questo: il culmine della storia d’amore che ci ha tenuti con il fiato sospeso come nessun’altra nella serie.

Penny e Desmond, due anime gemelle che la famiglia, il destino, la sfortuna, l’orgoglio, l’isola e quant’altro hanno cercato di separare, senza riuscirci.

La costante è l’episodio di tutta la serie che ha collezionato i voti più alti assegnati dagli spettatori, tramite IMDb e diverse altre fonti analizzate dagli studiosi di Lost. Ha sfiorato il 10, come voto, e non è difficile capire come mai.

Fra orsi polari, mostri di Fumo Nero, rischio di distruzione del mondo e disastri aerei, a colpire davvero il pubblico di Lost arrivano questi due straordinari personaggi, con due straordinari interpreti - va detto - a farci sognare che il vero amore possa sconfiggere ogni tentativo di annientarlo.

Siamo pur sempre di fronte a una serie TV, il cui scopo principale è l’intrattenimento. E niente, a quanto pare, intrattiene quanto una struggente storia d’amore, a dispetto di tutti gli elementi citati prima.

Centrale nell’episodio anche un altro dei personaggi più iconici della serie, Daniel Faraday (Jeremy Davies), il professore che in qualche modo riesce a spiegarci almeno una parte di quel complesso “sistema isola” che stravolge lo spazio e il tempo.

Anche per questo, come scrivevano molti sui luoghi virtuali dedicati a Lost, La costante ha fatto storia.

Rappresenta uno di quei rari episodi-risposta, a fronte di migliaia di domande poste dalla serie, a cui Lost ha dedicato grande attenzione. Perché è l’unico episodio-risposta che dà anche grande soddisfazione (ho visto uomini grandi e grossi sciogliersi in lacrime) a tutti coloro che vedevano in Penny e Desmond “la” coppia per definizione. E pare che non esista nessuno sul pianeta convinto che non dovessero stare insieme…

La fine parte 1 e 2 (The End 6x17 e 6x18)


Il finale di serie di Lost ha fatto storia più di tutti gli altri episodi: perfino coloro che avevano lasciato la serie per strada si sintonizzarono per assistere alla conclusione della storia.

Per gli italiani arrivò in diretta, in contemporanea con gli USA, alle 6.00 del mattino del 23 maggio 2010.

FOX trasmise l’episodio appunto in diretta, in lingua originale, per poi replicarlo la sera con i sottotitoli in italiano e in seguito doppiato.

Un episodio che necessitava di una guida alla lettura, perché la confusione e la delusione regnavano sovrane in gran parte del fandom, e in gran parte del pubblico che non aveva capito cosa era successo (no, non “erano tutti morti” nel disastro aereo. L’isola e i suoi eventi erano reali).

In quel meccanismo di tante domande e poche risposte che ha fatto la fortuna di Lost, l’ultimo episodio (doppio, esattamente come il pilot, che riproponeva con Vincent e Jack sdraiato vicino a lui), alcune questioni sono state volutamente lasciate insolute.

Ma il “succo” è arrivato. E a molti non è piaciuto.

Lost ci diceva (in soldoni, scriverò la versione breve) che l’isola era un luogo designato a mantenere l’equilibrio, impedendo al Male di diffondersi e distruggere il mondo.

Per far sì che l’energia potenzialmente distruttiva dell’isola (la stesa che uccide Charlotte e altri poiché esposti troppo a lungo ai suoi effetti, i salti temporali) resti protetta serve un “custode”, qualcuno che diviene immortale perché svolga il compito per un tempo accettabile, scegliendosi poi un sostituto (Jacob in qualche modo seleziona i naufraghi prima del volo, perché sono infelici e cercano un’altra occasione, magari quella di salvare il mondo).

Paradossalmente, la “realtà alternativa” è quella di Los Angeles. La zona intermedia, il limbo in cui i personaggi restano sospesi fra due mondi (quello dei vivi, reale, l’isola, e quello in cui “passano oltre” dopo aver svolto i propri compiti, come narrato in migliaia di storie). A quel punto, arrivano nella chiesa. Dove non compaiono Ben, Mr. Eko, Michael e Ana Lucia per ragioni diverse (Ben aveva ancora questioni in sospeso, lo dice; Mr. Eko era già passato oltre grazie alla fede, Michael è ancorato alla realtà terrena dal senso di colpa e via dicendo).
Una volta trovata la pace, Jack muore sull’isola, da eroe, con accanto Vincent, in un cerchio che si chiude.
La natura di ciascun personaggio nel “limbo”, nei flashsideways di Los Angeles, fa sì che vivano vite uguali o contrarie alla vita realmente condotta (Sawyer truffa/insegue i criminali, Jack è succube del padre/è un padre meraviglioso e così via).

Jack alza lo sguardo, prima di chiudere gli occhi, guardando gli Oceanic Six, i sei sopravvissuti, volare sopra di lui e salvarsi.

Molto resta in sospeso ma viene svelato o suggerito durante gli episodi (gli orsi polari erano stati portati dal Progetto Dharma insieme a molti altri animali per condurre esperimenti, per fare un esempio).

A 14 anni dal finale di serie, ancora si discute di Lost. E se non è fare storia questo, non so proprio cosa possa esserlo.