Marvel's Iron Fist
Si pensa (sbagliando) sempre ai “soliti” Spiderman, Captain America, Iron Man, Hulk e Thor, ma quando si parla di Marvel Universe si fa riferimento a molto di più. Lo dimostrano gli investimenti (e gli incassi) a sei zeri che il mondo di Hollywood ha fatto in questi ultimi anni su un argomento così caldo come questo, con il risultato di portare all’attenzione del grande pubblico anche personaggi tutto sommato “minori” che solo chi aveva vissuto la propria infanzia a pane e comics aveva avuto il privilegio di conoscere ed apprezzare.
Sotto questo punto di vista anche Netflix ha fatto, televisivamente parlando, la propria parte, non solo riportando in auge una piccola grande perla come Daredevil dopo il disastro cinematografico del 2003 con Ben Affleck, ma soprattutto creando i presupposti per la realizzazione di un “mini universo supereorico” completamente nuovo che confluirà nel già annunciato crossover dedicato alla nuova figura dei Defenders.
Dopo Daredevil ed i successivi show dedicati rispettivamente a Jessica Jones e Luke Cage, all’appello mancava ancora il quarto tassello del puzzle. Stiamo ovviamente parlando di Iron Fist, la nuova serie TV prodotta dal creatore di Dexter Randall Buck, in onda a partire dal prossimo 17 marzo sul canale on Demand più famoso del mondo.
Chi è Iron Fist
Creato nel lontano 1974 sull'onda del successo dei film di arti marziali molto in voga all'epoca, Iron Fist (o Pugno d’acciaio se preferite) narra la storia di Danny Rand, figlio del magnate Wendell Rand rimasto orfano all’età di nove anni (in circostanze molto diverse da quelle descritte nella serie TV) durante un’escursione sulle montagne del Tibet.
Raccolto da una pattuglia di arcieri della mistica città di K'un-L'un (la città del paradiso accessibile solo ogni dieci anni secondo il fumetto che diventano quindici nella serie) e portato al cospetto del nuovo sovrano, Danny verrà avviato all’apprendimento di tutte le arti marziali praticate all’interno della città mistica, fino a diventare l’unico possessore del potere del Pugno d'acciaio (suggellato con la comparsa di un tatuaggio a forma di dragone sul petto) in grado di disintegrare qualsiasi cosa.
Dopo aver rinunciato alla possibilità di ottenere la vita eterna restando all’interno delle mura della città mistica, Danny deciderà di fare ritorno a New York e riprendere il controllo del proprio patrimonio, per poi mettere le proprie abilità di combattente al servizio del bene.
La serie Netflix
Come era logico che fosse la versione di Iron Fist pensata da Randall Buck differisce dall’opera originale in diversi aspetti. Manca, infatti, all'appello la ragione di fondo (la vendetta) che porterà Randy (Finn Jones) ad imparare le arti mistiche del Pugno d’acciaio e rinunciare all'immortalità, così come una grossa parte del background del protagonista, presentato per l’occasione come un uomo alla costante ricerca di approvazione da parte di chi, per un motivo o per un altro, ritiene essere ciò che resta della sua famiglia, i Meachium.
Gran parte delle sei puntate che abbiamo avuto modo di vedere si concentrano infatti su questo aspetto, scavando nei ricordi di Danny (ritenuto inizialmente un pazzo, poi un pericolo da chi come i Meachium ha curato gli interessi della Rand Industries pur non disponendo del pacchetto di maggioranza della società) e nella sua necessità di trovare un nuovo equilibrio all'interno di un mondo che non comprende mai fino in fondo.
Ne consegue, di fatto, un andamento fin troppo compassato per uno show dichiaratamente action, che rischia non solo di mettere in secondo piano la figura stessa dell’eroe (troppi dubbi, troppa debolezza per un uomo che ha visto letteralmente l’inferno), ma di annichilire anche figure di spessore come l’avvocato Jeri Hogarth (Carrie-Anne Moss) ed il maestro di arti marziali Colleen Wing (magistralmente interpretata da Jessica Henwick) spesso schiacciate proprio dall'assenza di ritmo all'interno dello show.
In tal senso a poco o nulla pare servire anche la scelta di sfruttare elementi tratti da Daredevil, come il coinvolgimento dell’organizzazione criminale “La mano” e la presenza dell’infermiera notturna Claire Temple (Rosario Dawson), che al contrario rischiano di dar vita a pericolosi raffronti proprio con la serie principale.
Rispetto a Daredevil, ciò che però sembra emergere più di ogni altra cosa da questi primi episodi (sui tredici che ne compongono la stagione) è, infatti, l’eccessiva approssimazione di alcuni personaggi, spesso troppo in balia degli eventi e mai realmente credibili, ma soprattutto la qualità piuttosto altalenante degli stunt, con situazioni al limite del surreale e combattimenti “pilotati” raramente all’altezza di uno show teoricamente incentrato proprio sulle arti marziali. In tal senso va comunque precisato che la lentezza generale a cui Iron Fist sembra essere soggetto tende a ad attenuarsi con il passare delle puntate, facendo presagire una seconda parte di stagione più in linea con lo spirito del personaggio.