Rapimento Alieno a Manhattan, il caso Linda Cortile messo a nudo
Attraverso le voci di due delle protagoniste, Netflix cerca di fare luce nel caso più famoso del mondo di rapimento da parte di alieni
Rapimento Alieno a Manhattan è il documentario appena rilasciato su Netflix che racconta il caso di Linda Cortile, forse una delle più famose vittime di un rapimento alieno. Anzi, a dirla tutta, quello di Linda Cortile è un po' il Sacro Graal degli Abductions, perché contrariamente agli altri ha avuto dalla sua un gran numero di testimoni pronti ad avvalorare il racconto della Cortile.
Secondo il racconto della protagonista, verso le 3 del mattino del 30 novembre 1989, un piccolo gruppo di essere definiti “alieni” dalla stessa Linda Cortile, la prelevavano dal proprio letto per farla fluttuare fuori dalla propria finestra (attraversando il muro della camera), per farla poi volare fino ad un UFO che sostava al di fuori della finestra che si sarebbe poi allontanato ad altissima velocità.
Quello dei rapimenti alieni è un argomento piuttosto consolidato in America. Dal 1961, ovvero dal rapimento dei coniugi Hill, in poi, si sono registrati decine di migliaia di casi di persone che hanno dichiarato di essere stati prelevati dai loro letti da essere provenienti da altri mondi per essere poi sottoposti a vari esami strumentali, di solito dolorosissimi. Dopo di che, di solito gli stessi vengono riportati all’interno delle loro camere, spesso con i segni e i traumi di quanto accaduto.
Rapimenti “eccellenti”, che sono balzati alle cronache a stelle e strisce sono per esempio il caso di Travis Walton, da cui è stato tratto il film Bagliori nel Buio, e quello dello scrittore Whitley Strieber, che ha basato buona parte della sua carriera proprio sulla sua esperienza con gli alieni.
Il problema di questo format è che praticamente in nessun caso, ci sono stati così tanti testimoni oculari come nel caso che coinvolto, appunto, Linda Cortile. Si, perché nella Città che non dorme mai non è raro trovare 23 persone che alle 3 del mattino di un giorno qualsiasi stiano con il naso all’insù a guardare una donna in vestaglia che vola via dalla propria finestra, assieme ad altre tre creature, fino ad arrivare nei pressi di un UFO che poi schizza via velocissimo. Il tutto facilitato anche da un misterioso Black Out (altro must have degli avvistamenti UFO), che aveva colpito proprio il quartiere di Manhattan.
The Manhattan Alien Abduction non solo racconta la storia dal punto di vista della Cortile, ma coinvolge anche Carol Rainey, ex moglie di Bud Hopkins, il più famoso ufologo di quegli anni a cui si era rivolto la Cortile per raccontare la propria storia. La Rainey, dapprima collaboratrice attiva di Hopkins, ha poi sviluppato nel corso degli anni, una sua idea su una sostanziale mala fede del marito nel trattare i casi dei rapimenti alieni, in particolare proprio quello Cortile. Un’idea rafforzata da diverse prove documentali recuperate dopo la morte di Hopkins, che provano come la Cortile abbia costruito un piano molto elaborato per circuire Hopkins, che non ha saputo dire di no ad un caso troppo bello per essere vero, che da solo ha prodotto un libro (Witnessed) e una opzione per un film, mai concretizzata.
Secondo la Rainey, infatti, ad un successivo approfondimento delle prove in suo possesso, i testimoni coinvolti non sembravano più così tanto convinti di quanto visto quella sera, gettando un’ombra di sospetto sui due super testimoni che avevano scritto ad Hopkins un mese dopo l’accaduto e che rappresentavano un vero e proprio fiore all’occhiello di tutto il caso. L’ufologo newyorkese si era infatti visto recapitare una lettera da parte di due agenti di polizia, che la notte del rapimento hanno chiaramente visto la Cortile volare via verso la navicella spaziale, ma che per ovvi motivi non potevano uscire allo scoperto. I successivi approfondimenti rivelavano che, addirittura, i due agenti in questioni non appartenessero alle forze di polizia di New York, ma fossero addirittura le guardie del corpo di Perez de Cuellar ex segretario delle Nazioni Unite che, a quanto pare, è stato addirittura a sua volta testimone di quanto accaduto.
Ovviamente una testimonianza di questo tipo avvalorava a dismisura il racconto della Cortile, inducendo Hopkins ad esporsi pubblicamente, partecipando a trasmissioni e talk show che in quel periodo parlarono apertamente del caso, dando alla Cortile una notorietà che, a quanto si vede proprio dal documentario, sembrava non pesarle affatto. Le prove in possesso di Carol Rainey (che ha divorziato da Hopkins proprio a seguito del caso in questione) screditano le figure di questi due agenti, che sembrano essere solo l’ennesimo parto della fantasia di Linda Cortile che, sembra aver elaborato un piano davvero molto articolato per supportare il suo racconto.
Com’è ovvio che sia, la linea editoriale del documentario si pone a metà tra le due versioni, dando spazio ad entrambi i fronti senza però prendere una posizione netta ma dando libertà allo spettatore di farsi una propria idea di quanto accaduto, attraverso il racconto delle due donne, che in alcuni momenti “non se le mandano a dire”, con tanto di minacce, nemmeno tanto velate, da parte della Cortile, che in tutti questi anni non ha mai fatto un passo indietro rispetto al suo elaborato racconto, ben evidenziato in tutte le sue parti dal documentario Netflix.