Lo sciopero degli sceneggiatori scriverà il futuro di Hollywood: speciale

Gli sceneggiatori entrano in sciopero. Non è la prima volta, e già abbiamo visto le pessime conseguenze di questa azione di forza. Come andrà a finire? Ve lo spieghiamo in questo articolo

di Elisa Giudici

Le ultime ore di trattativa sono fallite: da oggi 2 maggio 2022 la Writers Guild of America (WGA) annuncia lo sciopero immediato e senza una data di conclusione facile da prevedere. Non accadeva da 15 anni.

L’ultima volta che la WGA ha proclamato lo sciopero, l’anno cinematografico e televisivo sono stati investiti da un cataclisma e ancor oggi film e telefilm allora in onda portano su di sé le cicatrici del momento in cui coloro che li scrivevano hanno deciso di incrociare le braccia. Stagioni finite anticipatamente, film portati a termine senza possibilità di avere uno sceneggiatore sul set a sistemare le criticità, spettacoli dal vivo cancellati per mancanza di copioni e di lavoratori.

Per fare solo un esempio tra tanti, forse la vittima più eccellente: 007 - Quantum of Solace venne colto di sorpresa dallo sciopero mentre si girava e, senza “le aggiustatine”, le riscritture e limature operate sul set dagli sceneggiatori, diventò quello che ancor oggi è considerato il più criptico James Bond mai scritto, lasciando perplessi e confusi gli spettatori di fronte a una trama disorientante.

L’ultima volta gli sceneggiatori l’hanno avuto vinta, spuntando in buona sostanza le loro rivendicazioni. Stavolta però la lotta sarà durissima e l’esito ancora più incerto. A cambiare gli equilibri di questa contrattazione sindacale ci sono i servizi streaming, i giganti della Silicon Valley, la crisi della TV tradizionale e la crescente esterofilia del pubblico statunitense.

Continua a leggere l’analisi allo sciopero degli sceneggiatori statunitensi per scoprire tutto ciò che c’è da sapere a riguardo:

 

Cos’è la WGA

A Hollywood le maggior figure dell’industria dell’intrattenimento sono riunite in guild o association, organismi più equivalenti a un mix tra i nostri ordini professionali e sindacati. Un professionista solitamente è iscritto alla relativa associazione di categoria: i registi alla DGA (Directors Guild of America), gli attori alla SAG-AFTRA, fusione tra la American Federation of Television and Radio Artists e la Screen Actors Guild che riunisce dal 2012 160mila attori professionisti.

La WGA, Writers Guild of America, è divisa in due entità: West e East, relative alle due coste statunitensi. Parte del mondo televisivo e degli show dal vivo ha come base New York, mentre il mondo del cinema gravita attorno a Los Angeles: da qui la suddivisione. Esistono anche altre associazioni similari, ma la WGA è la più influente e popolare. Raccoglie e unisce gli interessi di tutti: dai grandi nomi multimilionari come Shonda Rhimes e Aaron Sorkin ai più piccoli, che hanno appena fatto il loro ingresso nella writing room di qualche serie.

Ogni professionista contratta da sé il proprio contratto, ma le guild svolgono un ruolo importante nel definire i parametri all’interno di cui avviene la trattativa e il tipo di compensazione che gli autori ricevono prima del lavoro, durante e dopo, con la messa in onda delle repliche o la vendita del home video. Hollywood funziona a questo modo a tutti i livelli, anche per gli interpreti e i registi.

La WGA ha anche il fondamentale compito di occuparsi dei rinnovi dei contratti di categoria. Lo sciopero è iniziato perché, alla scadenza del vecchio contratto in essere, WGA e AMPTP (Alliance of Motion Picture and Television Producers) non sono riuscite ad accordarsi sui termini del rinnovo.

a settimane fervevano le contrattazioni per evitare questo esito, che paventa una situazione d’emergenza per tutti.L’impressione è che alcuni attori della partita abbiano voluto andare allo scontro, per saggiare la forza degli sceneggiatori.

Come lavorano e quanto guadagnano gli sceneggiatori a Hollywood

Tra le varie rivendicazioni degli sceneggiatori c’è quella di un impoverimento generale di chi svolge questa professione. Non esistono dati certi di quanto guadagni uno sceneggiatore, ma è possibile capire il punto di vista del WGA prendendo in esame i numeri che la WGA West diffonde ogni anno.

La WGA West ogni anno pubblica le cifre dei guadagni collettivi dei suoi iscritti. Stando all’ultimo report pubblicato, dopo la pandemia il totale dei guadagni annuali degli iscritti sono è aumentato di circa 8%. Insieme al gran numero di serie televisive e film prodotti nell’era dello streaming, sembra una buona notizia, ma non è proprio così.

L’incremento c’è ma è difficile stabilire chi riguardi. Dentro i guadagni collettivi della WGA ci sono le cifre milionarie che grandi sceneggiatori riescono a strappare e che possono falsare la lettura dei dati. Non solo: l’aumento di episodi televisivi e film scritti non è direttamente proporzionale all’aumento di compensi ricevuti.

Non bisogna dimenticare che buona parte degli sceneggiatori viene pagata a copione. È vero che nel 2022 si sono scritti molti, molti più show che nel 2012, ma è anche vero che la loro lunghezza si è progressivamente accorciata. Dalla canonica stagione da 20 e più episodi si è passati a quelle con 10 o 12 episodi, magari di minutaggio maggiore.

La grande richiesta poi ha portato molti autori a entrare in questo mondo: non tanti quanti però sarebbe proporzionalmente lecito aspettarsi. Gli sceneggiatori quindi oggi scrivono per più show meno episodi più lunghi nel minutaggio,lavorando di più e guadagnando meno.

Oltre al lavoro sui copioni c’è poi quello di assistenza sul set. La gran parte delle produzioni ha uno o più sceneggiatori in loco o in reperibilità, in modo che al sorgere di qualsiasi problema di coerenza, continuity o opportunità, si possa riscrivere subito una scena, crearne una o fare in modo che un taglio sia armonico.

Dove sta l’inghippo? Nel fatto che molti contratti prevedono che uno sceneggiatore lavori in esclusiva per un titolo durante tutta la sua produzione. Un tempo si lavorava a un pilota, si vagliava la riuscita del primo episodio e poi si procedeva dopo l’approvazione a produrre la prima stagione serie. Lavorare in esclusiva per il tempo necessario a girare una puntata è meno stringente dell’impegno di mesi e mesi per girare un’intera stagione.

Questo approccio mette inoltre molta più pressione agli sceneggiatori per un altro motivo. Uno sceneggiatore che propone un’idea per un episodio pilota lavora molto meno di uno che deve presentare un’intera stagione o più a un’emittente.

Se il progetto viene respinto, si tratta di mesi e mesi di lavoro buttati al vento. Se viene approvato, diventa un impegno vincolante per un lungo periodo di tempo, spesso senza possibilità di aderire ad altre writing room. Se poi la serie dura 10 episodi in meno del passato ma le puntate hanno una durata di 10, 20, 30 minuti in più, gli sceneggiatori lavorano molto di più per un guadagno inferiore.

Cosa sono i residual e perché valgono uno sciopero

Come sopravvivono gli sceneggiatori, senza stipendio fisso, per i lunghi mesi necessari per sviluppare un nuovo progetto o rifinire una serie che si sta girando sul set? La risposta sta nella parola residual.

Oltre a guadagnare un importo stabilito per la lavorazione della serie, interpreti, sceneggiatori e registi guadagnano anche in altri modi. Ogni volta che i diritti di un titolo tornano in gioco - all’emissione di una nuova edizione home video, alla messa in onda in chiaro o all’approdo di un prodotto su una piattaforma streaming - viene emessa una certa compensazione aggiuntiva a chi ha collaborato alla realizzazione. Quanto si guadagna in questa fase cedendo i diritti per la messa in onda a un’emittente in chiaro viene ripartito tra gli aventi diritto, tra cui attori sceneggiatori, registi. Queste cifre sono dette residual, vengono corrisposte ogni anno e sono un motore fondamentale di ricchezza a Hollywood.

Chi ha alle spalle un grande successo che viene trasmesso regolarmente in TV come replica può contare su una certa cifra ogni anno, anche in periodi di magra. I residual sono la rete di sicurezza di tanti sceneggiatori e il motivo per cui grandi star come Jennifer Aniston e Brad Pitt vantano guadagni da capogiro anche quando non girano nuovi film.

Con l’arrivo delle piattaforme streaming però tutto è cambiato. I residual ci sono ancora ma le quote pagate per la presenza in piattaforma di un titolo sono così insignificanti da decretare un impoverimento degli sceneggiatori palpabile.

Non solo: le piattaforme non rivelano mai, nemmeno in sede contrattuale, i numeri di visione effettiva di un titolo.Quindi il pagamento dei diritti dovuti avviene in sostanziale buona fede, in una equilibrio di potere saltato in cui lo sceneggiatore si deve sostanzialmente fidare dei numeri dichiarati da Netflix & co.

La mancanza di numeri chiari e comparabili tra piattaforme crea un ulteriore svantaggio per la WGA. Non avendo numeri comparabili tra serie dello stesso produttore e di produttori diversi, lo sceneggiatore di una serie flop e quello di una grandissima hit finiscono per avere stipendi livellati verso il basso, perché solo le piattaforme sanno cosa funziona davvero e quanto. Si arricchiscono dunque sulle idee creative degli sceneggiatori, al limite rivedono verso l’alto gli stipendi nel contratto successivo, ma si tengono per sé la gran parte dei guadagni che una hit genera negli anni a venire. Guadagni che una volta creavano la rete di sicurezza da cui dipendeva la carriera degli sceneggiatori.

La vertenza degli sceneggiatori di fatto chiede di rivedere il sistema dei residual così come usato oggi in maniera più equa e di rendere pubblici di numeri che i servizi di streaming mantengono segreti, in modo da avere una visione più chiara della posta in gioco.

Cosa è successo durante l’ultimo sciopero

Cosa smette di fare lo sceneggiatore da oggi, in concreto? Dipende ovviamente dal prodotto di cui si occupa. In generale nessun associato invierà nuovi copioni agli studios né proporrà nuove serie ai servizi streaming, affamando un sistema che ha bisogno sempre di nuovi titoli.

Ovviamente su questo fronte le conseguenze si vedranno sul medio-lungo termine, perché lo sciopero era temuto e presagito da mesi e le piattaforme e gli studios sono già corsi ai ripari. Se dovesse dilungarsi, le uscite al cinema e sulle piattaforme verranno spalmate, dilazionate, centellinate.

Sul medio-breve periodo i primi a venire colpiti saranno gli show in onda e i programmi dal vivo, che vengono scritti settimanalmente. Chi non ha abbastanza episodi pronti potrebbe essere costretto a finire anticipatamente la stagione o interrompere la programmazione. Ci sono poi i film in corso di ripresa, che non avranno più consulenti sul set per “sistemare” la storia laddove bisogno.

Durante l’ultimo sciopero, durato due mesi e mezzo, i live show (come i tonight show) sono stati interrotti a breve, seguiti poi dalle serie in onda le cui stagioni hanno finito per avere un numero di episodi molto inferiore al previsto. Vittime eccellenti di questo periodo furono Breaking Bad, The Good Wife e molti film come il già citato Quantum of Solace.

Cosa cambia per lo spettatore? In questi giorni nulla o quasi. Se lo sciopero dovesse protrarsi per settimane o mesi però prepariamoci a interruzioni, cancellazioni, posticipazioni. Chi era appassionato di cinema e serie TV 15 anni fa ben ricorda quella stagione in cui il sistema studios alla fine s’inchinò agli sceneggiatori.

Come andrà a finire stavolta?

Stavolta però c’è un formidabile nuovo attore sul campo: i servizi di streaming, molti dei quali hanno dietro giganti della Silicon Valley. Si è arrivati allo sciopero soprattutto perché la politica aggressiva dei prezzi di Netflix, copiata dalle altre grandi, punta soprattutto a ribassare il prezzo del capitale umano legato all’intrattenimento.

È una lotta tra Davide e Golia. Il CEO di Netflix Ted Sarandos ha ostentato una certa spavalderia, sostenendo che al limite si ripiegherà sui prodotti di altre nazionalità. Sempre che in altri paesi i rispettivi sindacati non abbiano da dire a riguardo.

Inoltre proprio in questi mesi abbiamo visto come i giganti del tech e dell’intrattenimento abbiano i piedi d’argilla. La prima crisi di Netflix ha mandato l’intero comparto in una spirale nerissima, da cui ci si sta riprendendo dopo mesi. Netflix si è dovuta rimangiare quanto promesso su prezzo degli abbonamenti e presenza di pubblicità nei suoi programmi per guadagnare la fiducia degli investitori. L’arrivo di bonus da capogiro per i principali CEO del settore ha dato l’impressione a molti che i soldi ci siano, ma non vengano spartiti correttamente.

Se Atene piange, Sparta non ride. Gli studios hanno i conti più che mai in disordine e la crisi del sistema delle sale cinematografiche aggrava la situazione. Inoltre Warner Bros e le vecchie sorelle sembrano essersi accorte che i ricavi in sala e in TV sono necessari alla loro sopravvivenza, ma convincere gli spettatori a tornare al cinema e a pagare più abbonamenti non sarà così semplice.

Un altro stop come quello della pandemia potrebbe essere letale a tutti i giocatori di questa partita, che però sembrano intenzionati proprio ad arrivare alla prova di forza. Streaming e studios puntano sul fatto che gli sceneggiatori impoveriti dovranno presto arrendersi per sopravvivere, ma non è chiaro quanto potranno tener duro anche loro, indeboliti dalla recente crisi del comparto tech e della fiducia del pubblico.

I servizi di streaming e gli studios non possono cedere facilmente anche perché presto scadranno i contratti di attori e registi. In base a quanto e cosa spunteranno gli sceneggiatori, le categorie successive saranno più spavalde o spaventate. Per ora solo poche stelle come Steven Spielberg e Tom Hanks si sono pronunciate pubblicamente, ma è un fatto che le star di oggi sono molto più povere di quelle di ieri. Basta smettere di lavorare per qualche mese e la situazione economica diventa insostenibile. Celebre è stato il j’accuse dell’attrice di Euphoria Sydney Sweeney, che ha dichiarato di poter spendere un milione di dollari per comprarsi casa, ma di non poter prendersi una pausa di un anno per avere un figlio senza andare in bancarotta.

Ci sono poi altre incognite ai margini della partita. Sembra una questione lontana, ma l’intelligenza artificiale potrebbe presto fare da supporto o antagonista agli umani in fase di scrittura, limitando o azzerando il lavoro. Come già detto, le big tech della Silicon Valley sono tutte della partita e anche quanti hanno costruito imperi creando forme di lavoro meno tutelate e meno remunerative delle precedenti ed equivalenti, come il fondatore di Amazon e proprietario di Prime Video Jeff Bezos.

Quale che sia il risultato, è iniziata in queste ore una partita decisiva per plasmare il futuro di Hollywood e dell’intrattenimento statunitense.