“Mi sento come Darth Vader”: Hugo Weaving commenta il finale shock di Slow Horses 4

Dopo la messa in onda dell’esplosivo finale di stagione di Slow Horses, commentiamo quanto successo a River con un intervistato d’eccezione: Hugo Weaving, interprete di Frank e protagonista del colpo di scena finale.

Mi sento come Darth Vader Hugo Weaving commenta il finale shock di Slow Horses 4

Il tempismo della mia chiacchierata con Hugo Weaving è perfetto: ci troviamo su Zoom a poche ore dalla messa in onda dell’episodio finale della quarta, concitatissima stagione di Slow Horses. Quella in cui appare per la prima volta il suo personaggio, uno spietato mercenario di nome Frank Harkness che ha dei conti in sospeso con alcuni dei “grandi vecchi” del Park e del Pantano.

Questo particolare tempismo mi dà modo di chiacchierare con lui non solo del suo ingresso nel cast, ma anche di commentare la scena madre dell’intera stagione, che lo vede protagonista al fianco di Jack Lowden. Data la natura dell’intervista, fate attenzione agli spoiler se non avete ancora visto tutta la stagione 4 di Slow Horses.

Altrimenti potete dare un’occhiata all’intervista a James Callis, che interpreta la nuova Prima Scrivania Claude Whelan, o leggere la recensione senza anticipazioni della stagione 4 di Slow Horses.

“Mi sento come Darth Vader”: Hugo Weaving commenta il finale shock di Slow Horses 4

Slow Horses 4: intervista a Hugo Weaving

Di solito chiedo sempre agli attori come sono entrati nel cast di qualcosa e in questo caso sono particolarmente curiosa perché gira voce che tu e lo show runner Will Smith siate cugini. Se non ricordo male ha dichiarato che leggendo “La strada delle spie” (il libro da cui è tratta la quarta stagione di Slow Horses NdA) ha subito pensato a te per il ruolo di Frank Harkness. Considerando che tipo di persona è Frank, come l’hai presa?

Sì, confermo, io e Will siamo cugini. Pare proprio che abbia pensato a me leggendo di Frank nel libro ma spero davvero pensasse sarei stato in grado di recitare bene il ruolo e non che io gli somigli in alcun modo (ride).

Quando sei entrato nel cast di Slow Horses, avevi già letto i libri o visto la serie?

Conoscevo i libri ma non li avevo ancora letti. Quando mi è arrivata l’offerta di entrare nel cast, ero ancora sospeso tra l’intenzione di guardare la serie e il farlo. Ne avevo sentito parlare moltissimo in termini davvero elogiativi, avevo pensato “devo proprio vederla” ma poi non l’avevo fatto.

Siccome dovevo prendere alla svelta la scelta se entrare o meno nel progetto, potenzialmente magari per più di una stagione in base allo sviluppo del personaggio, mi sono buttato a leggere il primo libro per avere un’idea della storia, il quarto e i successivi per conoscere meglio Frank e capire cosa sarebbe successo dopo il suo ingresso in scena.

Quali sono state le tue impressioni iniziali sul personaggio, anche considerando quanto è stato cambiato il personaggio rispetto ai romanzi originali?

Il Frank Harkness immaginario di Mick Herron è abbastanza differente da quello di Will Smith. Nei libri è guidato da una sorta di missione, mentre nella serie le sue posizioni sono meno ideologiche. La base è la stessa: Frank è un ex operativo della CIA che è stato congedato con disonore per vari reati come aver disobbedito agli ordini, essersi appropriato indebitamente di alcuni armamenti e così via. Anche nei libri è lui a gestire questa sorta di comune / campo d’addestramento di stampo militare, ma lo show porta questa idea all’estremo, postulando qualcosa che nei libri non c’è, ovvero che è lui il padre di tutte queste giovani reclute. Nella serie è più un cattivo di stampo classico, ma con una certa aura messianica. Durante le riprese continuavo a tornare al testo originale per dargli più umanità e tridimensionalità possibili. Io sono interessato a interpretare personaggi più che tridimensionali e Frank è uno di questi, nella sua complessità enorme e affascinante. È intelligente, ha un certo charme, è sempre molto calmo e in controllo, è capace in quello che fa.

Da qualche parte ho letto questo vademecum per aspiranti mercenari: “sii gentile, sii professionale, ma abbi un piano pronto per uccidere chiunque incontri”. Quando incontra qualcuno, la sua mente professionale sta già pianificando come uccidere quella persona, se necessario. In lui però percepisco anche una fatica di fondo, il desiderio di condurre una vita differente.

“Mi sento come Darth Vader”: Hugo Weaving commenta il finale shock di Slow Horses 4

È anche il lato oscuro di Lamb, in quanto altro padre, beh, in quanto padre letterale, di River. A questo proposito volevo chiederti della scena in cui il protagonista incontra per la prima volta Frank sapendo che si trova davanti suo padre. È un passaggio cruciale, che tu e Jack Lowden gestite in maniera incredibile.

Adoro quella scena. Tutta la stagione è costruita per arrivare a quel punto, a quello scambio “Ciao papà, ciao figlio”. È una stagione grandiosa proprio perché introduce un personaggio memorabile e centrale della famiglia di Slow Horses in Frank. È stato molto eccitante girarla perché io e Jack continuavamo a immaginare che impressione avrebbe fatto al pubblico scoprire la verità su River, essere testimone per la prima volta di questo scambio tra i due personaggi.

Com’è stato lavorare in veste di padre con Jack Lowden?

Oh, lui è un attore fantastico, uno di quelli con cui puoi fare grandi cose, specie se, come in questo caso, hai per le mani una scena così ben scritta. Della scena al bar ne ho parlato con Jack molto tempo prima di girarla sul set, ci siamo preparati a lungo. Devo dire che mi rende molto orgoglioso, per come è scritta, per come è girata, per cosa abbiamo portato sul set.

Da parte mia penso che Frank vada a quell’incontro spinto da desideri di natura differente. Vuole davvero incontrare suo figlio e offrigli un lavoro, per quanto insensato e contrario alla morale comune quell’incarico possa essere. Almeno per la morale di una persona come River. Nessuno dei due però può negare il legame: River è il figlio di Frank, Frank è il padre di River. C’è una tensione magnifica tra i due, che corona con Frank che guadagna una via d’uscita con l’inganno. Lascia l’impressione che potremmo rivederlo ancora.

Sappiamo che Gary Oldman è talmente entusiasta del suo ruolo da essere pronto a tornare per l’adattamento di tutti e i successi romanzi di Slow Horses. Lo ha già dichiarato molte volte. Per quanto ti riguarda, torneresti volentieri, se se ne presentasse l’occasione?

La risposta a questa domanda la sa ovviamente chi ha già letto i libri successivi. Posso dire da parte mia che questa produzione è composta da persone fantastiche, è stato davvero fantastico lavorare a Londra, dove mi trovo ora, per girare la stagione 4 e, nel caso venissi richiamato, tornerei sicuramente.

Settimana scorsa ho intervistato James Callis, che nella serie interpreta Claude Whelan, mi ha detto esattamente la stessa cosa. Quello di Slow Horses sembra un team di produzione davvero affiatato.

Sul set di Slow Horses c’è un’atmosfera molto calma, anche se tutti si impegnano al massimo. Le persone coinvolte sono estremamente competenti nel loro lavoro e amano moltissimo la saga dei libri di Herron. Sono il tipo di professionisti che poi guarda in TV il risultato finale e ne va fiero. È molto divertente lavorare con loro e su un set che mischia dramma, azione, comicità…e anche molto dolore. Chi ci lavora poi ama anche guardare lo show e ne è orgoglioso. La produttrice Jane Robertson è davvero competente e il regista della quarta stagione Adam Randall è una persona molto calorosa, che sa metterti a tuo agio. È stato davvero facile entrare in questo cast, anche se era già la quarta stagione, senza dimenticare il livello recitativo fenomenale. Stare sul set di Slow Horses è facile e davvero piacevole.

“Mi sento come Darth Vader”: Hugo Weaving commenta il finale shock di Slow Horses 4

Parlando di Randall, voglio chiederti da attore come impatti il tuo lavoro avere un unico regista a dirigere l’intera stagione. È qualcosa per cui Gary Oldman si è battuto molto con la produzione, ma di cui il pubblico è spesso all’oscuro. Di solito non si fa molto caso all’alternarsi di sceneggiatori e registi da un episodio al successivo di una serie.

È cruciale, dal mio punto di vista, anche se non faccio molta televisione, va detto. Per me è importantissimo avere una sorta di senso di coesione complessivo nella stagione. Se sono coinvolti più sceneggiatori e registi nel corso di una stagione, alle volte alcuni passaggi di trama e alcune caratterizzazioni vanno perdendosi nei buchi lasciati dal passaggio di testimone ed è davvero difficile recuperarli. Come suggerisce Gary, anche a livello tonale, è davvero importante avere un regista unico, un artista in controllo che garantisce una direzione precisa e coerente. Credo garantisca anche di avere un contesto in cui lavorare bene e sentirsi a proprio agio per tutti gli artisti coinvolti.

Ora che il finale è andato in onda, hai avuto modo di leggere qualche reazione da parte degli spettatori? Sta piacendo il tuo Frank?

Poco, perché è passato davvero poco dalla messa in onda e dalla “grande rivelazione”, anche perché il mio personaggio viene rilevato poco a poco, nelle fasi avanzate della stagione. Sei tra le prime con cui parlo della parte umana e paterna di Frank.

Qualche giorno fa però, quando ero ancora a Sydney, sono stato fermato da alcuni passanti che mi hanno detto che stanno adorando Slow Horses e che gli piace il personaggio. Diciamo che in generale a livello internazionale la popolarità della serie sta crescendo, anche se la critica da subito l’ha tenuto in grande considerazione. In questa stagione molte persone hanno cominciato a guardarla.

Perciò non hai ancora avuto modo di commentare con qualcuno il suo regalo d’addio a River: la granata nel cappuccio.

Non il tipo di regalo che un padre fa al figlio, no (ride). Credo che in Frank ci sia questo senso di addestrare e allenare River, dandogli consigli ma anche mettendolo in pericolo per vedere come si caverà d’impiccio. È un padre molto pericoloso ed è ciò che lo rende così affascinante. In questo senso è davvero Darth Vader: è un miscuglio di forza oscura e volontà paterna, si prende cura di River ma lo mette costantemente in pericolo.

La presenza di Frank poi tira fuori ancor più oscurità da River, perché collega altre figure familiari difficili che lo hanno condizionato: la madre, il nonno che gli fa da padre. Prima mi dicevi di Lamb che è una sorta di padre alternativo. Sono d’accordo, è il padre che ha nella sua famiglia disfunzionale al Pantano. Quindi a livello di padri, River ne ha ben tre: il nonno che gli fa da padre, Lamb che è una figura paterna e Frank, il suo vero padre. Essendo una serie incentrata su una famiglia disfunzionale, l’ingresso in scena di Frank aggiunge ulteriore tensione.

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