Speciale Russian Doll
Morire un'infinità di volte può aiutare a comprendere la vita?
Quante volte, solitamente sotto la doccia, ci siamo detti: "Cavolo, avrei potuto rispondere così!"? Quante volte, al sicuro nel tepore del nostro letto, abbiamo ripercorso la giornata appena trascorsa pensando: "Avrei dovuto fare diversamente"? Nella storia del cinema questo concetto è stato approfondito e sfruttato in molte occasioni, la più celebre è nel film Ricomincio da capo con Bill Murray e Andie MacDowell, dove un meteorologo egoista e scorbutico è costretto a rivivere il 2 Febbraio - Giorno della Marmotta - all'infinito, arrivando così a conoscere meglio sé stesso e il mondo che lo circonda. Più recentemente invece il tema è stato trattato in Auguri per la tua Morte (ed il suo sequel nelle sale dal 14 Febbraio), in una chiave certamente più macabra e "splatter". Dunque che cosa ha di diverso la serie tv Russian Doll, rilasciata su Netflix l'1 Febbraio (...coincidenze?) e perché dovremmo guardarla?
Il loop è donna
Ideato, scritto, prodotto e diretto interamente da donne, Russian Doll è un deja-vù di un qualcosa di già visto certo, ma con una marcia in più... tutta al femminile. Tra tutte, spiccano i nomi di Amy Poehler e Natasha Lyonne, che riconoscerete per Orange is the New Black e della quale ci siamo innamorati follemente sin da But I'm a Cheerleader. Lyonne, che ha anche ideato, scritto e prodotto la serie, interpreta la protagonista Nadia Vulvokov (sì, avete letto bene) una programmatrice newyorkese disinibita, spregiudicata e senza vergogna in procinto di festeggiare il suo 36esimo compleanno. Una festa pazzesca, tantissimi amici ai quali Nadia però sembra fare poco caso, quasi infastidita che tutte queste persone siano qui per lei. Abbandona subito la festa infatti con un viscidone di nome Mike (Jeremy Lowell Bobb), decisa a grattare qualche prurito e spassarsela per un'oretta. Fatto il misfatto e spedito Mike fuori dalle scatole, Nadia si accorge di aver finito le sigarette e scende al mini-market sotto casa per comprarle. Al di là della strada però scorge il suo gatto Semolino, scomparso da tre giorni, e si precipita verso di lui finendo investita da un taxi. Muore sul colpo e beh, come avrete intuito, questa non è la fine della nostra storia bensì l'inizio.
Gotta get up, gotta get out, gotta get home
Inizia così un viaggio delirante e introspettivo all'interno della vita di Nadia. Il punto di partenza dopo ogni decesso (ci sono veramente milioni di modi per morire e alcuni sono davvero insensati ed esilaranti) sarà sempre la sua festa di compleanno. Insieme a lei cercheremo di scoprire cosa sta succedendo, perché l'universo le sta facendo questo e qual è il messaggio che cerca di trasmetterle. SE davvero esiste un messaggio in tutto ciò. Al fianco di Nadia in questa ricerca della verità e di sé stessi troviamo le sue amiche Maxine (Greta Lee) e Lizzy (Rebecca Henderson), il suo ex storico John (Yul Vazquez), la sua seconda mamma/psicoterapeuta Ruth (Elizabeth Ashley) e Alan (Charles Barnett), un uomo timido e introverso che sta per fare la fatidica proposta alla fidanzata Beatrice (Dascha Polanco, anche lei in Orange is the New Black). Alcuni di questi personaggi sono indissolubilmente legati al destino di Nadia e la aiuteranno ad affrontare il presente... ed a fare i conti con il suo passato.
Come una gigantesca matrioska, quelle bamboline di legno russe che si aprono ed al loro interno contengono diverse versioni di sé sempre più piccole, apriremo Nadia Vulvokov per trovare un'altra versione di lei ancora più piccola e sempre diversa, fino ad arrivare al nocciolo della questione e alle risposte tanto agognate. Come recita lo slogan della serie: "Morire è facile. Vivere invece, è molto difficile". L'essere costretta a rivivere in un continuo loop la stessa giornata darà modo alla nostra protagonista di scoprire sempre più dettagli sulle persone che la circondano ma, soprattutto, su sé stessa. Il confronto davanti allo specchio davanti cui si troverà ad ogni "ritorno" sarà sempre più duro e straziante, soprattutto verso la fine della serie quando ci sembrerà addirittura di vedere i brandelli del corpo e della personalità di Nadia cadere ai suoi piedi. In questo, Natasha Lyonne è magistrale e non poteva esserci interprete migliore di lei, che per la prima volta troviamo anche in cabina di regia dell'ultimo episodio.
Ogni personaggio di Russian Doll è pieno di imperfezioni e difetti ed è anche questo che la rende una serie interessante. Le riflessioni sull'io e sull'universo, inoltre, sono accompagnate da una colonna sonora più che azzeccata. In totale abbiamo davanti 8 puntate della durata di circa mezz'ora l'una: in un attimo l'avrete fagocitata senza neanche accorgervene e sarete lì a pregare Netflix e la stessa Lyonne di NON realizzare una seconda stagione. Certe cose vanno lasciate non dette, anche se... certo, qualche punto necessiterebbe di una spiegazione più approfondita (magari in un'intervista, ci possiamo accontentare). In conclusione, approcciatevi a questa matrioska con la stessa curiosità e innocenza con cui la guardavate e aprivate da bambini e lasciatevi incastrare nel loop!