Speciale Sex and the City: tutto sulla serie HBO che ha cambiato la storia

Gli amori, le tematiche, l'influenza oltre lo schermo: ecco tutto ciò che dovete sapere su Sex and the City

Speciale Sex and the City tutto sulla serie HBO che ha cambiato la storia

Questa è la prima parte dello speciale che abbiamo dedicato al fenomeno Sex & The City, analizzando le sue tre principali componenti: la serie TV, i film e il recente sequel

Ci sono alcune serie TV – non sono molte, ma ce ne sono – che hanno una caratteristica speciale: anche se le hai già viste e sai perfettamente cosa succede in ogni singolo episodio, se mentre fai zapping ti ci imbatti… Finisci per rivedertele. Tutte. Senza annoiarti, anzi: ridendo ancora e commuovendoti ancora.

Sex and the City è una di queste rare serie.

Creata nel 1998 da Darren Star (Melrose Place) per il network HBO e tratta dal romanzo di Candace Bushnell, Sex and the city ha collezionato tanti invidiabili record.

La bellezza di 7 Emmy e 8 Golden Globes, 2 film usciti in sala che hanno registrato ottimi incassi, 1 serie TV prequel e 1 sequel, con un altro titolo - And Just Like That - che nonostante sia davvero un’altra cosa rispetto alla serie originale, e nonostante le feroci critiche (qui trovate la mia recensione della stagione 2) da parte di pubblico e addetti ai lavori, tutti continuano a guardare. Perché? Per l’effetto nostalgia derivato da una serie che ha fatto storia.

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Senza contare l’enorme giro d’affari generato attorno agli abiti, agli accessori e ai cosmetici usati dalle protagoniste. Sarah Jessica Parker, dall’attrice brillante ma non particolarmente sexy dell’episodio pilota, si trasforma in icona di stile e di moda, in donna che può sfilare in passerella e dettare le nuove tendenze della moda. Magia di una serie che ha conquistato le copertine delle riviste di tutto il mondo e una larga fetta di pubblico maschile che mai e poi mai ammetterebbe di essersi appassionato a una serie “di donne e per donne” - ma creata da un uomo, non a caso - che piaceva davvero a tutti.

Ricordo la fila chilometrica al Telefilm Festival di Milano per la proiezione cinematografica in anteprima della sesta e ultima stagione della serie. Un evidente segnale di come Carrie Bradshaw (Sarah Jessica Parker), Miranda Hobbes (Cynthia Nixon), Samantha Jones (Kim Cattrall) e Charlotte York (Kristin Davis) avessero, di fatto, conquistato il mondo.

Insieme all’altra protagonista della serie, la città di New York, che in Sex and the City viene trattata come un vero e proprio personaggio. Con tutti i suoi pregi ed i suoi difetti, con la sua storia drammatica (prima e dopo l’11 settembre), con il suo fascino e le sue contraddizioni. Esattamente come ogni donna della serie.

La trama di Sex and the City

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Carrie con Mr. Big

Carrie Bradshaw tiene una rubrica su un quotidiano intitolata “Il sesso e la città”. Per scriverla, riporta le proprie esperienze amorose e sessuali e quelle delle sue amiche - rigorosamente in forma anonima - arrivando a elaborare riflessioni sulla vita che trasforma in articoli di grande successo. Le sue inseparabili amiche la accompagnano in ogni avventura o la condividono tramite racconti vis à vis. Miranda, avvocato, cerca il proprio punto di equilibrio fra amore e carriera. Charlotte, che lavora presso una galleria d’arte, insegue il sogno romantico che ha fin da bambina: sposarsi con un ottimo partito e mettere su famiglia, vivendo per sempre felice e contenta. Samantha, la più grande del gruppo, ha un’avviata carriera come PR ed è dedita alla ricerca del piacere, dichiarandosi allergica all’amore e alle relazioni stabili (salvo un paio di eccezioni che le faranno cambiare idea nel corso delle varie stagioni).

Attraverso le avventure amorose, sessuali, lavorative e famigliari delle quattro protagoniste, Sex and the City ci racconta tante storie d’amore, ma soprattutto il modo in cui le donne della fine degli anni ’90 si preparano a lasciarsi alle spalle stereotipi maschilisti o ruoli da “angeli del focolare” ormai passati per moda (tranne che per Charlotte, forse...).

La storia d’amore più longeva e tormentata della serie è quella fra Carrie e Mr. Big (Chris Noth). Sei stagioni infarcite di passioni, litigi, tira e molla, romanticherie e indecisioni. La storia, che prosegue nei sequel cinematografici e nel sequel, fino all’agognato matrimonio, è fatta di alti e bassi che hanno un unico denominatore comune: emozioni forti. “Mr. Big”, di cui non ci viene rivelato il nome fino all’ultimo episodio della serie, è “grande” perché è un uomo potente, ricco, affascinante. Ma soprattutto perché è il “grande” amore di Carrie. L’uomo della sua vita. Quello che, qualunque cosa accada, Carrie continua a desiderare come compagno. Pur essendo consapevole che non si tratta affatto dell’uomo perfetto, anzi. Ma che può diventare l’uomo perfetto per lei.

Miranda dopo diversi anni di tira e molla, come Carrie, convola a nozze con Steve (David Eigenberg): la nascita del loro bambino, Brady, fornisce loro l’occasione di capire che sono fatti l’uno per l’altra. Lo vogliano oppure no. Il trasferimento di Miranda a Brooklyn rappresenta uno dei nodi narrativi più importanti, perché la donna è la prima del gruppo a lasciare il cuore della città-personaggio.

Anche Samantha se ne va, a Los Angeles: lo fa per seguire il suo grande amore, l’attore Smith Jarrod (Jason Lewis), l’unico uomo fra tanti ad averla convinta a credere che l’amore possa esistere, durare, appagare senza cercare altrove, al di fuori della coppia. Dopo la sua tormentata (anche per lei) relazione con Richard (James Remar), Samantha per la. Prima volta si abbandona all’illusione dell’amore e avrà vicino anche il suo compagno, oltre alle sue amiche, nella lotta contro la malattia che la colpisce. Charlotte, infine, s’innamora perdutamente del suo avvocato divorzista (Henry, Evan Handler): l’uomo che la separa legalmente dal marito Trey è completamente distante dal suo ideale di uomo ma, alla fine, dovrà cedere e arrendersi all’evidenza: Henry è il solo e unico amore della sua vita. Insieme a lui adotta una bambina, Lily, e poi riesce a realizzare il sogno di portare a termine una gravidanza, dando la luce alla seconda figlia della coppia.

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Miranda e Steve

Le storie d’amore delle protagoniste sono il fil rouge di molti episodi, o addirittura stagioni: se Carrie deve parlare di amore e sesso, deve pur sperimentarli e raccogliere materiale per la sua rubrica!

Ecco quindi che altri personaggi maschili affollano la serie e influenzano le scelte delle protagoniste Carrie e Aidan (John Corbett) vivono una storia intensa, molto romantica ma destinata a finire con la reazione allergica di Carrie all’idea del matrimonio (con qualcuno che non sia Big, evidentemente). Non dimentichiamo naturalmente la storia di Carrie con l’artista russo Aleksandr Petrovsky (interpretato dal leggendario ballerino Mikhail Barishnikov), per il quale Carrie accetta addirittura di lasciare la sua amatissima New York per trasferirsi a Parigi… Impossibile non menzionare, poi, Miranda e Robert (Blair Underwood), l’affascinante medico sportivo con cui la donna ha una relazione molto passionale ma anche molto breve. Importante, però, perché è proprio grazie alla relazione con Robert che Miranda capisce di essere ancora innamorata di Steve.

Gli amori, soprattutto quelli di Carrie (penso a Jeremy, Berger e altri) sono un elemento ricorrente nella serie, focalizzata su amore e sesso, ma non finiscono mai per compromettere gli ideali delle quattro protagoniste né per minare - tranne in qualche eccezione memorabile - la loro duratura amicizia. L’unico, vero amore immortale e sempre sincero di Sex and the City.

Il sesso e la città: le premesse narrative

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Il matrimonio di Charlotte con Trey

Sex and the City ha conquistato il pubblico grazie al passaparola, agli articoli sui giornali, e in seguito grazie ai numerosi premi e riconoscimenti ottenuti. Ma all’inizio, ci voleva qualcosa per convincere le donne di fine Novecento a seguire l’ennesima serie al femminile che avrebbe inaugurato il genere dramedy sull'argomento: formato da sitcom, con mezz’ora scarsa per episodio, tanta leggerezza ma anche argomenti attuali, drammatici, scottanti. Ed è proprio con questa promessa, di parlare di sesso come mai nessuna donna aveva fatto prima in una serie TV, che Sex and the City si è guadagnata la curiosità del pubblico.

Il pubblico maschile con la speranza di spiare l’altra metà del cielo, magari con la possibilità di capire un po’ meglio cosa pensa e cosa cerca. E il pubblico femminile con quel gioco rituale di identificazione che spinge ogni spettatrice a chiedersi come si sarebbe comportata, a ricordare le proprie avventure amorose ma soprattutto a scoprire se somigliasse più a un personaggio o all’altro.

Il gioco dei ruoli per l’identificazione ha finito per coinvolgere qualunque spettatrice, spinta verso l’inevitabile domanda: “Io chi sono?”. Sono Carrie, sottile analista del comportamento umano tramite la sua rubrica (“Il sesso e la città”, appunto), single tanto desiderosa d’amore eppure incapace d’impegnarsi al punto da inseguire per un decennio un amore che molte altre avrebbero subito riconosciuto come impossibile? Sono Miranda, razionale donna in carriera che sceglie di avere un punto di vista cinico sull’amore per evitare di farsi illusioni, di perdere tempo e di soffrire? Sono Charlotte, moderna incarnazione dell’ideale dell’amore romantico che sogna di incontrare il Principe Azzurro ed è disposta, pur di conquistarlo, a cambiare completamente se stessa? Oppure sono Samantha, che ama i piaceri della vita e rivendica lo stesso “potere” che gli uomini hanno esercitato per secoli: quello di prendersi il meglio da ogni relazione, fugace o meno, senza perdere sempre tempo in inutili sentimentalismi?

La razionalità, il sogno romantico, la pragmaticità, l’edonismo: le quattro protagoniste rappresentano quattro aspetti caratteriali e quattro modi d’intendere la vita e l’amore. Ed è qui, in questa (sommaria, in questa sede) suddivisione che arriva il vero colpo di genio degli autori. Perché in ogni personaggio femminile della serie convivono tanti “tipi” di donne diverse. Come nella realtà: noi non siamo etichettabili, non siamo riconducibili a uno stereotipo, possiamo attraversare diverse fasi nella vita e scegliere diversi atteggiamenti.

Carrie, Miranda, Samantha e Charlotte si fanno conoscere da noi e dalle loro amiche un po’ alla volta, episodio dopo episodio, confrontandosi con le medesime questioni in cui, prima o poi, tutti finiamo per imbatterci. L’universalità dell’esperienza amorosa, della ricerca del grande amore, della delusione sentimentale, della conciliazione di amore e lavoro, insieme a tanti altri argomenti, rappresenta il vero punto di forza di Sex and the City: parla a tutti, in tutto il mondo, in tutti i tempi.

Le ragioni del successo di Sex and the City

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Le star di Sex and the City

Sex and the City è tanto ancorata alla città di New York, alla fine degli anni ’90 e all’inizio del nuovo Millennio quanto universale, senza tempo e senza spazio. Non sono molte le serie che possono toccare un così vasto numero di persone - donne e uomini - in ogni parte del mondo.

Sex and the City tratta argomenti che scuotono nel profondo, che si legano all’attualità, che richiamano il passato e anticipano il futuro. Parla delle emozioni, positive e negative, che ci fanno sentire vivi, che ciascuno di noi sperimenta in quanto essere umano. Sex and the City ci parla di amore, sesso, amicizia, gelosia, paura, insicurezza, ricerca della felicità… Ci parla, in una parola, della vita. Quella vera.

La voce narrante di Carrie, che ci legge ciò su cui riflette nella sua rubrica, diventa una sorta di guida alla scoperta dei sentimenti e delle situazioni che tutti affrontiamo.

Forse sono i nostri errori a determinare il nostro destino: senza quello che senso avrebbe la nostra vita? Se non cambiassimo mai strada non potremmo innamorarci, avere un figlio, essere ciò che siamo… La gente entra nella tua vita e poi ne esce. Ma è confortante sapere che coloro che ami rimangono per sempre impressi nel tuo cuore.

Impressi nel nostro cuore. Come Carrie, Miranda, Samantha e Charlotte, che hanno segnato un’epoca, hanno sdoganato scene e linguaggi che in TV prima non erano ammessi, soprattutto se a pronunciare certe parole erano delle donne.

Fra l’identificazione, l’universalità delle tematiche e delle esperienze, le riflessioni sul senso della vita, i dialoghi brillanti, il ritmo sempre sostenuto e l’insieme di una grande cura per il dettaglio - dalla fotografia ai costumi, dalla regia alla colonna sonora - Sex and the City ha scritto la storia della TV, e l’ha fatto dal piedistallo di HBO, sinonimo di alta qualità e, ovviamente, anche network via cavo che poteva permettersi parole e immagini che sulla TV generalista nessuno avrebbe osato mandare in onda.

Uno stile innovativo, con regole più rigide di quanto sembrasse

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Smith e Samantha

Fin dall’episodio pilota, trasmesso da HBO il 6 giugno del 1998 (e in Italia il 10 marzo del 2000 su Canal Jimmy di Tele+), la serie ha espresso il suo stile.

Nei primi episodi, Carrie parla direttamente in macchina: si rivolge a noi, agli spettatori, guardandoci negli occhi e parlandoci come se stesse girando un documentario sulla propria vita. Questo espediente narrativo, però, spezzava il racconto e gli sceneggiatori decisero di trasformare il filo diretto di Carrie con il pubblico in una voce narrante - quella già citata in cui Carrie riflette nella sua testa, facendoci ascoltare i suoi pensieri, mentre scrive la rubrica.

Sex and the City mostrava per la prima volta una grande quantità di scene di nudo, usava un linguaggio esplicito e trattava argomenti e situazioni che per il piccolo schermo erano fino ad allora sempre stati un grande tabù, infranto in rare occasioni dalle poche serie che potevano permetterselo.

Ciò non significa, però, che le regole delle riprese non fossero rigide. Già nel suo primo contratto, Sarah Jessica Parker fece inserire una clausola che impediva di mostrarla in un nudo integrale. Kristin Davis esitò al lungo prima di firmare il suo contratto, perché aveva già lavorato con Darren Star in Melrose Place e il suo personaggio (Brooke) era così odioso e antipatico al pubblico che l’attrice venne licenziata prima del tempo stabilito: bisognava eliminare il fastidio causato dalle azioni di Brooke agli spettatori. Stavolta, come sappiamo, le cose sarebbero andaste diversamente, ma sono comprensibili le perplessità della Davis. E anche Kim Cattrall, inizialmente, non voleva saperne del ruolo di Samantha Jones: lo rifiutò per ben due volte. Fino a quando, infine, i produttori la convinsero che la popolarità del personaggio avrebbe rappresentato una svolta per la sua carriera (e così è stato). Non so voi, ma oggi se penso a Samantha non trovo nessuna attrice - di oggi o di ieri - che avrebbe potuto interpretarla, oltre a Kim Cattrall. Infine c’è Cynthia Nixon, l’unica subito entusiasta di partecipare al progetto, che dovette semplicemente tingersi i capelli: era bionda ma il copione richiedeva che Miranda avesse i capelli rossi.

Per ciascuna attrice, però, ci furono rigide regole contrattuali su quanto e quando si potevano mostrare i corpi delle artiste, che talvolta usufruivano anche di controfigure - cosa che nessuno avrebbe mai sospettato.

Anche dal punto di vista di quanto si poteva mostrare, se ci fate caso, la serie si trasforma da una stagione all’altra: passano gli anni e le maglie della censura - che avrebbe impedito la replica su reti generaliste - si allargano, così Sex and the City arriva sulle TV di tutto il mondo (o quasi) e le protagoniste si trasformano di colpo in icone culturali destinate a varcare i confini dello schermo. Piccolo o grande che fosse.

Oltre lo schermo: l’influenza culturale di Sex and the City

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Il prequel di Sex and the City: The Carrie Diaries

La città di New York, che come vi dicevo viene di fatto trasformata nella quinta protagonista della serie, rende omaggio alle avventure di Carrie e compagne da molti anni attraverso un accurato tour pensato per i fan attraverso i luoghi più rappresentativi della serie. Bar, ristoranti, abitazioni e negozi che hanno fatto da ambientazione agli episodi diventano luoghi di pellegrinaggio.

Il vestito indossato da Charlotte al suo primo matrimonio (chi si ricorda Trey, interpretato dall’ex agente Cooper: Kyle MacLachlan?), firmato da Vera Wang - allora fra le più quotate stiliste di abiti da sposa a livello planetario - trasformò il nome della Wang in una sorta di simbolo della serie per le sue fan. E - inutile dirlo - si sprecarono le imitazioni realizzate a partire dalle foto dell’abito di Charlotte sul set, con cui le spettatrici di tutto il mondo convolarono a nozze nella realtà.

A proposito di realtà, se vi siete chiesti perché la stagione 5 fosse composta da soli 8 episodi ecco la risposta: Sarah Jessica Parker era incinta. Aspettava il suo primo figlio, nato dal matrimonio con l’attore Matthew Broderick, e ovviamente il personaggio di Carrie non poteva avere un bambino: avrebbe distrutto l’arco narrativo pensato per il personaggio - sebbene per un certo periodo si fosse pensato di inserire la gravidanza di Carrie nella narrazione, idea per fortuna scartata - così la realtà dell’attrice influenzò la finzione delle riprese.

Ma la riflessione più significativa di Sex and the City sulla realtà, oltre al già citato giro d’affari fra tour turistici, gadget e brand lanciati o celebrati dalla serie, abiti, borse e gioielli omaggiati e copiati, va fatta proprio sulla città di New York.

La città divenne talmente famigliare al pubblico che dopo l’11 settembre la sigla di Sex and the City venne prontamente modificata per sostituire l’Empire State Building alle Torri Gemelle. In rispetto delle vittime, e in omaggio alla città ferita che avrebbe per sempre portato la cicatrice di quell’attentato, le immagini della sigla di testa con alcuni fra i luoghi-simbolo di New York divennero il modo in cui la produzione, e la città “personaggio” nella serie (celebrato dall’episodio New York, anima mia della quarta stagione) dichiaravano di non aver dimenticato ma anche di aver voluto preservare la memoria di un luogo che non esisteva più.

L’amore per New York, e la vicinanza di tutto il pubblico della serie - in ogni parte del pianeta - dopo l’attentato si dovevano anche alla sua massiccia e amorevole presenza in ogni episodio.

Allo stesso modo, insieme a tutti gli aspetti “concreti” della serie, dai profumi alle scarpe, a diventare di moda fu il lavoro di Carrie. Tutte le giovani aspiranti scrittrici volevano fare le giornaliste, tenere una rubrica dedicata alle donne su un quotidiano o un periodico, trasformare gli articoli che avevano già scritto in libri - come aveva fatto Carrie - o dedicarsi alla passione per l’arte - il lavoro di Charlotte. Meno attraenti le carriere da PR di Samantha Jones e da avvocato di Miranda Hobbes, ma pur sempre significativi gli incrementi di richieste di iscrizione alle Università americane con specializzazioni in queste professioni nel programma.

Insomma: Sex and the City ha varcato le soglie del piccolo schermo in molti modi, arrivando a influenzare la cultura popolare e non solo. Questa è sia una delle ragioni del suo successo universale, che uno dei motivi per cui è diventata un punto di riferimento - sentimentale, sessuale, modaiolo, professionale… - per milioni di persone di ogni provenienza.

Il prequel: The Carrie Diaries

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Miranda, Samantha, Charlotte e Carrie in Sex and the City

Il successo senza precedenti di Sex and the City, la sua influenza culturale e la sua capacità di varcare i confini dello schermo hanno dato vita a due sequel cinematografici e uno televisivo - dei quali ci occuperemo in speciali dedicati - e a un prequel.

L’ipotesi di un prequel alle avventure di Carrie, inizialmente pensato per un nuovo film, si trasforma in un progetto televisivo per il network The CW firmato da Josh Schwartz. Schwartz, già dietro le quinte di The O.C., Chuck e Gossip Girl, lavora insieme a Stephanie Savage (Charlie’s Angels: più che mai) alla nuova serie di Sex and the City, che ancora una volta prende trama e titolo da uno dei romanzi di Candace Bushnell: The Carrie Diaries.

Amy B. Harris, già produttrice e sceneggiatrice della serie originale di HBO, serve da showrunner nella serie che racconta gli anni del liceo della futura scrittrice Carrie Bradshaw.

La storia, ambientata negli anni ’80, coinvolge anche il personaggio di Samantha (Lindsey Gort), mentre per Charlotte e Miranda nulla di fatto: non compaiono nella serie, entrando in seguito nella vita di Carrie. Il racconto ruota attorno alla vita di Carrie adolescente, interpretata da AnnaSophia Robb, dal suo amore per Sebastian Kydd (Austin Butler) alla sua rivalità con la popolare compagna di scuola Donna LaDonna (Chloe Bridges), fino al viaggio della giovane Carrie verso New York, dove la incontreremo nella serie originale.

La famiglia di Carrie non compare quasi mai nella serie di HBO: la donna sembra non avere veri legami famigliari e il prequel, in un certo senso, colma questa lacuna e risponde alla domande di gran parte degli spettatori sulle origini di Carrie.

Ma non tutti sono stati entusiasti all’idea del prequel: Michael Patrick King, produttore della serie di HBO nonché firma delle trasposizioni cinematografiche, ha dichiarato in più occasioni di non voler sapere nulla della Carrie precedente a quella presentata durante la serie TV.

In effetti, benché ci si sia sforzati di mantenere una certa coerenza, i conti alla fine non tornano: la Carrie ragazzina di The Carrie Diaries, serie prodotta per 2 stagioni e 26 episodi fra il 2013 e il 2014, è piaciuta molto al pubblico più giovane, al quale è apertamente rivolta in quanto protagonista di un teen drama, ma non ai fan di Sex and the City. Non alla maggior parte, almeno: la maggior parte, abituata ai toni e ai temi della serie originale, per ovvie ragioni anagrafiche non si è ritrovata nella versione adolescenziale delle avventure di Carrie, seppur siano ben realizzate.

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