Star Trek: Strange New Worlds: tutto sulla serie prequel delle avventure di Kirk
Prima di James T. Kirk, al comando dell'Enterprise, ci raccontano le avventure del Capitano Pike. Ecco tutti i segreti di Star Trek: Strange New Worlds
Il capitano Pike di Strange New Worlds funziona, senz’ombra di dubbio. E anche la serie di Paramount+ rispecchia le tematiche e gli sviluppi più in linea con l’idea che Gene Roddenberry aveva di Star Trek.
Ma prima di parlare della nuova serie nello specifico, è necessario fare un passo indietro. Ricostruire brevemente la storia del franchise televisivo di Star Trek e ripartire proprio da lui, il capitano Christopher Pike. Vediamo insieme come e perché.
- Da orfani di Star Trek a spettatore di nuove riscritture dei classici
- James T. Kirk? No, grazie
- L'Enterprise di Christopher Pike: l'equipaggio
- Strani, nuovi mondi
- I nemici, fra tradizione e innovazione
Da orfani di Star Trek a spettatori di nuove riscritture dei classici
Dopo le avventure del capitano James T. Kirk (il solo e unico William Shatner) di Star Trek, conosciute oggi come gli episodi della serie classica, il franchise nato dal genio creativo di Gene Roddenberry si è ritagliato spazi, capitani e storie sempre diverse. Star Trek: The Next Generation, Star Trek: Deep Space Nine, Star Trek: Voyager, Star Trek: Enterprise, il primo prequel televisivo: fin qui tutto bene. Nel film Generazioni, il filone cinematografico di Star Trek ha intrecciato le storie di Kirk e Picard (Patrick Stewart). Ci sono stati i consueti viaggi nel tempo ma nessuno, finché Gene Roddenberry era in vita, aveva nemmeno mai osato pensare di riscrivere i suoi personaggi della serie classica.
Gene Roddenberry è morto nel 1991. Star Trek era nel pieno della sua popolarità e saremmo rimasti “orfani” alla cancellazione di Enterprise - la prima serie trek, oltre alla classica - a non aver visto la realizzazione di 7 stagioni.
Nonostante la colletta lanciata dai fan, con la raccolta di oltre 3 milioni di dollari, nel 2005 la serie venne cancellata e, per la prima volta dal 1987, restammo orfani di Star Trek in TV.
Poi arrivarono i prequel cinematografici, con Chris Pine nei panni di Kirk, la rivisitazione di J.J. Abrams e tutto il resto. Una nuova versione dei personaggi classici, riscritti in chiave moderna mantenendone le caratteristiche caratteriali peculiari.
E infine è iniziato il valzer della riscrittura: dopo Discovery e Picard, l’una con personaggi diversi e l’altra con il protagonista di TNG, è arrivata Star Trek: Strange New Worlds, il prequel dedicato al capitano Pike (Anson Mount) che ci ha portati a una nuova versione di Uhura, Spock, Kirk…
Da bambina cresciuta a pane e serie classica, divoratrice di ogni trek series disponibile (serie animate incluse), non l’ho presa molto bene. Il James T. Kirk di Strange New Worlds, disponibile su Paramount+ con la prima stagione di 10 episodi e metà della seconda (con un nuovo episodio ogni giovedì), mi ha lasciata interdetta.
James T. Kirk? No, grazie
La mania dei prequel, pensati principalmente per attirare i fan delle altre serie e in particolare della serie classica, che per ovvie ragioni cronologiche è strettamente legata alla storia del capitano Kirk, porta inevitabilmente a scontentare qualcuno.
Siamo alla terza versione di Spock, Uhura e Kirk. E per quanto capisca i necessari cambiamenti per adattare i personaggi a una storia che possa piacere anche al giovane pubblico contemporaneo, la presenza di James T. Kirk (con suo fratello sul ponte di Pike) anche in Strange New Worlds proprio non mi è andata giù. Non serviva: è di troppo.
L’ex Stefan Salvatore di The Vampire Diaries, Paul Wesley, non mi ha convinta né mai lo farà nei panni del capitano più amato nella storia di Star Trek. Troppo cupo, riflessivo, dark. Il “nostro” Kirk aveva un atteggiamento e un'attitudine ben diversi.
Nonostante gli episodi con il nuovo Kirk siano oggetti di trame ben riuscite, come tutti i fan della prima ora ho qualcosa da dire. E altri hanno da dire su Uhura e Spock - io sulla vita sentimentale di quest'ultimo, e non sono l'unica - com’è comprensibile.
Eppure, Strange New Worlds è innegabilmente molto, molto trek. Le trame degli episodi, le riflessioni su quella che abbiamo conosciuto come Prima Direttiva e che ai tempi di Pike era inizialmente nota come Ordine Generale 1, le fantasie del passato rivisitate nel presente spaziale… Tutto molto trek, non c’è nulla da dire. Il capitano Pike (col volto di Jeffrey Hunter) era stato protagonista di The Cage, il primo episodio pilota pensato per la serie classica e poi rimpiazzato, oltre 2 anni dopo l’approvazione della sceneggiatura, dall’episodio che vedeva Kirk al posto di Pike sul ponte dell’Enterprise.
Sostanzialmente perché la prima versione del pilot e il suo capitano erano stati ritenuti da NBC troppo “cervellotici”: serviva più azione e William Shatner, che fa a pugni con un dio, era tutta un’altra cosa e rappresentava ben altra attrattiva per il pubblico dell’epoca, non certo abituata alle serie TV.
Noi però ci siamo abituati, soprattutto a Star Trek, e Strange New Worlds ci strizza l’occhio in modo evidente.
L’Enterprise di Christopher Pike: l’equipaggio
La trama di Strange New Worlds ci racconta le avventure dell'astronave USS Enterprise, guidata dal capitano Christopher Pike. Il capitano Pike di Anson Mount (Inhumans) funziona. Perfettamente. Infrange le regole il giusto, per le più nobili motivazioni. Si lega molto al proprio equipaggio, dimostrando in più di un’occasione di essere pronto a tutto pur di tenerlo al sicuro.
Ha un legame di vecchia data, di amicizia e di grande lealtà con il suo Numero Uno, il suo Primo Ufficiale Una Chin-Riley già vista in Discovery (la Rebecca Romjin che interpretava Mystica nei primi film degli X-Men), tanto da rischiare la carriera per lei (evito spoiler: se avete visto la serie sapete di cosa sto parlando). A sua volta, Una rappresenta un mentore per La'an Noonien-Singh (Christina Chong, Line of Duty), il capo della Sicurezza dell’Enteprirse. La’an discende dal proverbiale nemico di Kirk: Khan Noonien Singh, protagonista del film L’ira di Khan e dell’episodio della serie classica in uno degli episodi vicini al finale della prima stagione (Spazio profondo). Mentre Una è costretta a nascondere le proprie origini, quelle di La’an sono note a tutti: è l’unica sopravvissuta allo sterminio della sua famiglia e dell’equipaggio della SS Puget Sound compiuto dai Gorn quand’era bambina.
Naturalmente poi ci sono le nostre vecchie conoscenze. Spock (Ethan Peck, già conosciuto anch'egli in Discovery) ufficiale scientifico dell’Enterprise, ci viene qui presentato nel ruolo che avrebbe ricoperto anche sulla nave capitanata da Kirk, mentre Uhura (Celia Rose Gooding, Foul Play) è Guardiamarina, appena diplomata all’Accademia della Flotta Stellare e al suo primo incarico su una nave.
Completano l’equipaggio il medico di bordo, il serioso dottor M’Benga (Babs Olusanmokun, Radici, Dune), la simpatica e brillante infermiera Christine Chapel (Jess Bush, Playing for Keeps) e il leale e un po' goffo timoniere della nave, Erica Ortegas (Melissa Navia, Tower of Silence) e l’ingegnere capo Hammer, l’andoriano Aenar (Bruce Horak, Transplant). Ho lasciato per ultimo colui che, mio malgrado, ci porta ad avere il futuro capitano dell’Enterprise nella serie: suo fratello Sam il fratello di Kirk: George Samuel Kirk, detto appunto Sam (Dan Jeannotte, Reign).
Preferenze personali a parte, l’equipaggio di Strange New Worlds funziona. Come da tradizione, impariamo a conoscere il passato e gli insospettabili segreti di ciascuno dei protagonisti, un episodio dopo l’altro, con la regola trek per eccellenza: i segreti sono innocui per gli altri o comunque tenuti a fin di bene. Diversamente, i loro detentori non potrebbero far parte dell’equipaggio di una serie così vicina a quella classica come concezione dei personaggi.
Le dinamiche interne crescono con il passare del tempo e, come su ogni ponte della Flotta, i colleghi imparano a conoscersi e a lavorare insieme, superando eventuali differenze caratteriali. A cominciare da Spock, come di consueto quando lo troviamo sul ponte dell'Enterprise.
Strani, nuovi mondi
Strange New Worlds è la prima serie trek a riprendere le parole esatte pronunciate dalla voce fuori campo nella sigla di testa della serie classica:
Spazio, ultima frontiera. Eccovi i viaggi dell’astronave Enterprise durante la sua missione quinquennale, diretta all’esplorazione di nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima.
A firmare come creatore della serie c’è il già noto Alex Kurtzman, già creatore di Discovery e di Picard e già sceneggiatore insieme a Roberto Orci dei primi due film di Star Trek diretti da J.J. Abrams. Non certo a caso: Kurtzman aveva già firmato come sceneggiatore Alias, la serie di Abrams con Jennifer Garner.
A servire come showrunner per la serie ci sono gli altri due creatori accanto a Kurtzman: Akiva Goldsman e Jenny Lumet. Goldsman è celebre per aver vinto un Oscar per la sceneggiatura di A Beautiful Mind e per aver firmato i copioni di molti altri film di successo, da Il Codice Da Vinci a Io, Robot, da Io sono leggenda a Il momento di uccidere.
Jenny Lumet aveva invece già scritto la sceneggiatura di Rachel sta per sposarsi, il film con Anne Hathaway, La mummia del 2017 (quello con Tom Cruise, per capirci) e diversi episodi di Discovery.
L’intento dell’ultima serie trek - in ordine di tempo, ma ennesimo prequel della serie classica in termini narrativi - è evidentemente quello di restare fedele ai canoni classici del franchise, quelli fissati da Kirk & compagni negli anni ’60, inserendo al tempo stesso tematiche e problematiche di grande attualità.
Fantasia, sogni, realtà alternative, intrecci fra presente, passato e futuro: tutto si mescola alla perfezione in una serie che ci ripropone atmosfere rivolte al passato della serie classica con i ritmi narrativi adeguati alle esigenze contemporanee.
Al centro della trama c'è sempre il rispetto per quegli strani, nuovi mondi che l’ormai leggendaria missione quinquennale dell’Enterprise aveva il compito di esplorare.
I nemici, fra tradizione e innovazione
Impossibile dimenticare il Gorn della serie classica, ripreso anche da Sheldon Cooper in The Big Bang Theory: un costumaccio plastico da lucertolone, occhi inespressivi che riflettono la luce, una bella scazzottata col capitano Kirk e via.
Gli effetti speciali degli anni ’60 rimandavano essenzialmente al trucco e ai costumi, ed è per questo che c’è grandissima attesa per i Gorn di Strange New Worlds: con la computer graphic e gli effetti digitali disponibili oggi, tutti si aspettano grandi cose (parzialmente già viste negli episodi finora disponibili).
Il punto è l’identificazione del nemico, che in Star Trek non è mai uno solo, ma sicuramente ce n’è uno principale, più presente e pericoloso degli altri, in ogni serie: dai Romulani ai Klingon, dai Borg ai Cardassiani, dagli Xindi fino alla Specie 8472 e via dicendo.
In Strange New Worlds la Flotta Stellare scopre che i romulani sono fisicamente somiglianti ai vulcaniani, ma il nemico principale è rappresentato proprio da quegli spietati Gorn che popolano gli incubi di La’an da tutta la sua vita.
Anche questa scelta, oltre a permetterci di esplorare più a fondo una delle specie aliene più antiche del franchise, è stata determinata dall’approccio classico all’universo trek: un bel nemico alla Alien, una specie aliena che ricorda uno dei rettili della Terra, proprio come nell’immaginario fantascientifico degli anni ’40 e ’50, prontamente ripreso dai Visitors negli anni ’80. Questo permette un ampio spazio di manovra: si possono aggiungere o riprendere tradizioni e rituali fortemente distanti dalla cultura terrestre, consentendo così di inserire elementi di grande originalità e innovazione.
L’aspetto umanoide della maggior parte delle specie ostili in Star Trek li ha sempre limitati, almeno dal punto di vista dell’interpretazione visiva e della creazione di punti deboli. Con una specie diversa, l’immaginazione degli autori può spingersi ben oltre, come aveva del resto fatto Roddenberry dando vita al suo Gorn nel 1967, alla prima apparizione nell’episodio di culto Arena.
Attenzione, però: negli anni ’60 si tendeva a combattere gli alieni ostili, manipolatori di menti (celebre la costrizione aliena dietro al bacio fra Kirk e Uhura nel 1968, per aggirare la censura che l’avrebbe altrimenti colpito), fonti di comportamenti negativi attribuibili agli uomini (come nel caso dell’indimenticabile Gary Mitchell nell’episodio Oltre la galassia).
Oggi l’atteggiamento è nettamente diverso. Se i Klingon sono passati da nemici mortali e membri della Flotta Stellare, significa che il messaggio trek per eccellenza, quello che rispetta e accetta al tempo stesso ogni specie (e cultura) diversa, non può essere messo da parte solo perché ci troviamo di fronte a un prequel.
L’ostilità della Flotta - e dell’antipatica fidanzata di Pike - nei confronti degli Illyriani, che è di fatto discriminazione nata dalla paura, viene già considerata dallo stesso Pike e da altri protagonisti come un sentimento scaturito dall’ignoranza. Il tema tradizionale del pregiudizio, ricorrente in tutte le serie del franchise, viene affrontato sì in un prequel delle avventure di Kirk ma anche con una sensibilità moderna che ben si sposa, visto il carattere del capitano Pike e la sua apertura mentale, con storie ambientate molto prima che si guardasse oltre le differenze per trovare, piuttosto, le possibilità di collaborazione.
In questo senso, Strange New Worlds rappresenta un perfetto punto d’incontro fra tradizione e innovazione e promette grandi cose per il franchise.
Riassumendo, sebbene alcune versioni dei personaggi già conosciuti ai fan siano incoerenti in questa nuova interpretazione, Star Trek: Strange New Worlds ci regala avventure in puro stile trek, protagonisti degni di nota e un approccio perfetto per rappresentare sia la nostalgia dei tempi precedenti a Kirk che la modernità indispensabile per risultare coerenti non con la sensibilità moderna, bensì con quella del franchise stesso.