Suits mania: perché la serie più vista negli Stati Uniti è un vecchio legal del 2011

Perché una serie “vecchio stile” del 2011 guida da due mesi e mezzo la classifica Nielsen delle serie più viste negli USA? Cosa c’è dietro il fenomeno Suits.

Suits mania perché la serie più vista negli Stati Uniti è un vecchio legal del 2011

A sleeper hit, una hit dormiente: “Suits” ha raggiunto il suo pieno potenziale solo nel 2023. La serie scritta e diretta da Aaron Korsh sta vivendo più di una seconda giovinezza. Sebbene abbia riscosso immediato e notevole successo al suo avvio nel lontano 2011, lo show non aveva mai toccato vette di popolarità simili a quelle che sta vivendo queste settimane.

Si tratta quindi di un fenomeno un po' diverso da quello già registrato con l'arrivo di serie immensamente popolari degli anni '90 o '00 sulla piattaforma di streaming più utilizzata al mondo. Anche "Una mamma per amica" e "Friends" sono schizzate immediatamente in cima alla classifica delle serie più viste su Netflix al loro arrivo sulla piattaforma - sia in Italia sia negli Stati Uniti - ma il fenomeno era di facile lettura. Il pubblico cresciuto con quelle serie viste in TV è corso a rivederle spinto dalla nostalgia per quei personaggi, forse anche per quel momento della propria vita a cui associano le due serie. "Friends" e "Una mamma per amica" godevano di un pubblico vastissimo, che in buona parte è corso a rivederle.

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Alla sua prima messa in onda "Suits" è stata un successo di fascia media, non un titolo capace di segnare un'epoca. Non era nemmeno il miglior legal drama in onda negli anni '10, quando a farla da padrone era "The Good Wife", che per qualità era sempre almeno un paio di spanne avanti a "Suits".

"Suits" invece ora si prende un primo posto: quello della serie dei record del 2023, saldamente in testa alla classifica delle più viste in streaming secondo le rilevazioni di Nielsen. Record che mantiene da ben 12 settimane. "Suits" è la serie del momento negli Stati Uniti e viene spontaneo chiedersi: perché ora, perché tanto successo, quali sono le cause che hanno trasformato "Suits" in una hit del 2023?

Le ipotesi sono tante, molte delle quali concomitanti ma non concorrenti. Una tempesta perfetta insomma, che ha permesso al "legal drama" di Aaron Korsh di diventare proprio quello di cui gli utenti statunitensi Netflix hanno voglia in questo preciso momento. Perché?

Breve storia di "Suits": cos’è e di cosa parla

"Suits" è una serie ambientata in ambito legale, che ha come protagonisti un gruppo di avvocati di un prestigioso studio legale newyorkese. Il protagonista della serie è Mike Ross (Patrick J. Adams), un brillante neoassunto che nasconde un segreto: non si è mai laureato in legge. Anzi, non ha mai dato un esame in giurisprudenza che sia uno, tranne quello di ammissione. Mike infatti ha il dono di una prodigiosa memoria fotografica, che gli ha permesso di memorizzare senza errori tutto il materiale da studiare per superare il test d’ingresso alla facoltà di legge. Avendo bisogno di denaro, ha sostenuto il test più volte, per studenti compiacenti.

Suits mania: perché la serie più vista negli Stati Uniti è un vecchio legal del 2011

Una volta assunto, Mike finisce per rivelare il suo segreto a uno degli avvocati di punta dello studio. Harvey Specter (Gabriel Macht) è un uomo carismatico e brillante che, al posto di denunciarlo, decide di prenderlo sotto la sua ala, assumendosi un rischio enorme: se la verità venisse a galla infatti, verrebbe radiato dall’ordine degli avvocati.

Iniziata nel 2011, "Suits" si è conclusa dopo 9 stagioni e 134 episodi, nel 2019. Creata e diretta da Aaron Korsh, è una serie che unisce il “caso della settimana” con una serie di sotto trame tra il comico e il brillante. Per modalità e ritmo “Suits” somiglia molto più ai classici seriali investigativi del piccolo schermo che alle hit dell’era dello streaming.Lo sviluppo della trama principale (il segreto di Mike e Harvey, l’evolversi dei rapporti tra personaggi) è molto lento, i casi legali si concludono a ogni episodio e rendono possibile cominciare la visione anche a serie già avviata, riuscendo a seguire abbastanza agevolmente la trama.

"Suits": l’ultima serie di Meghan Markle

A contribuire a rendere popolare "Suits" in anni recenti c’è indubbiamente la presenza di Meghan Markle nel cast.Quello dell’ambiziosa assistente paralegale Rachel è infatti l’ultimo ruolo che l’attrice afroamericana ha interpretato prima di fidanzarsi e sposarsi con il principe Harry della casa reale inglese dei Windsor, dare alla luce due figli e aprire uno strappo ancora non ricucito nella famiglia coronata britannica.

Il suo matrimonio da favola prima, la sua “fuga” negli Stati Uniti poi al fianco del marito e l’intervista “shock” con la conduttrice Oprah in cui accusava la casata reale di razzismo e cattiva condotta nei suoi confronti l’hanno resa immensamente popolare, come mai la sua carriera d’attrice aveva fatto. È comprensibile quindi che vederla sulle immagini promozionali e nei trailer pubblicitari della serie sulla home page di Netflix abbia spinto molti a dare una chance alla serie.

Suits mania: perché la serie più vista negli Stati Uniti è un vecchio legal del 2011

A onor di cronaca, Rachel non è un personaggio davvero centrale della serie, né tra i più riusciti. Anzi, nel 2011 veniva spesso tacciata di essere parecchio antipatica dalla stampa e dai fan che seguivano la serie settimana per settimana . D’altronde "Suits" era una delle prime serie a cavalcare consapevolmente gli ammiccamenti bromance tra i suoi due protagonisti maschili. Le emittenti dell’epoca avevano capito che dare ai protagonisti un interesse amoroso femminile “ufficiale” salvo poi farli finire in situazioni che potevano essere lette con uno sfondo romantico omosessuale (romance tra bros, bromance quindi) fidelizzava uno zoccolo duro di fan femminili. Erano i tempi di "White Collar", "Sherlock", di lì a poco sarebbe arrivato "Hannibal" su NBC.

Il personaggio di Rachel è quello di una donna che fatica a credere in sé stessa e nel suo valore, pur avendo capacità notevoli. L’evoluzione del suo personaggio la vedrà avvicinarsi a Mike, scoprire il suo segreto e al contempo lottare per tornare a studiare e diventare un avvocato vero e proprio.

L’effetto Netflix e il successo di "Suits"

Tra le ragioni del successo di "Suits" c’è il suo recente approdo su Netflix negli Stati Uniti. È la prim volta che la serie entra nel catalogo della N rossa Dopo essere stata trasmessa sul canale USA infatti, “Suits” è arrivata prima su Peacock, poi è stata per lungo tempo parte del catalogo Prime Video statunitense. Alla scadenza dei diritti, Netflix ha acquisito tutte le stagioni e le ha caricate nel proprio catalogo.

Qui entra in gioco la magia dell’algoritmo Netflix, che ha cominciato a consigliare "Suits" a un pubblico crescente, fino a quando la serie non è entrata in classifica. Da lì il successo di "Suits" ha auto-alimentato la sua visibilità e quindi la sua popolarità.

Le logiche del funzionamento dell’algoritmo Netflix viste dall’esterno dell’azienda (e probabilmente anche dall’interno) sono pressoché un mistero. Quel che è certo è che questo tipo d’improvvisa popolarità di una vecchia serie scoperta da un pubblico nuovo sembra essere prerogativa della N rossa. "Suits" è rimasta per anni a vivacchiare su Prime Video, senza generare l’ondata di popolarità che ha comportato il suo sbarco su Netflix.

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Questo successo suggerisce un paio di letture. La prima è che, ovviamente, Netflix è molto, molto popolare, ha un bacino d’utenti attivi vasto e può raggiungere un pubblico potenzialmente sterminato. La seconda è che è il servizio di streaming che più di ogni altro viene usato come la vecchia televisione. In altre parole, quando le persone non sanno cosa vedere di preciso ma hanno voglia di rilassarsi davanti a una serie o un film, entrano nel catalogo Netflix e cominciano a curiosare, mentre Prime, Disney+, AppleTV+ vengono selezionati quando (solo quando?) si ha già in mente di vedere un titolo specifico.

Dopo aver distrutto la vecchia logica dei palinsesti settimanali dunque, per ironia della sorte, Netflix beneficia della voglia degli spettatori di tornare a quell’epoca?

La nostalgia per la vecchia TV

Il terzo possibile motivo dietro questo successo tardivo di “Suits” su Netflix è potenzialmente il più interessante. "Suits" potrebbe infatti essere arrivata al momento giusto per intercettare un particolare bisogno sia di quanti hanno vissuto l’epoca d’oro della serialità televisiva sia delle nuove generazioni.

"Suits" è un prodotto dell’ultima era della serialità vecchia scuola. Trama orizzontale lenta e non sempre centrale, episodi per lo più autoconclusivi, intreccio narrativo semplice da seguire, prevedibile. Ogni episodio si apre più o meno con un guaio per Harvey o Mike, che si sposa con una causa da portare in tribunale che guarda caso c’entra qualcosa con il tema della puntata. Dopo qualche difficoltà, i protagonisti risolvono la situazione, il segreto di Mike rimane al sicuro, fine episodio.

"Suits" è una serie che si basa su uno sviluppo episodico e verticale, non lesinando su una trama lineare che comunque è riassumibile velocemente: il segreto di Mike, il tira e molla tra Mike e Rachel, il cambio di equilibri relazionali tra Mike e Harvey e tra Harvey e la sua assistente Donna, il suo arcinemico Louis Litt e la sua partner associata dello studio Jessica Pearson.

Suits mania: perché la serie più vista negli Stati Uniti è un vecchio legal del 2011

Per certi versi, è la versione evoluta delle vecchie serie (guarda caso legal drama o investigative) in cui ci si imbatteva e ci si imbatte in TV e di cui si può vedere un episodio decontestualizzato dalla sua stagione: "Colombo", "Matlock", "Derrick", "La signora in giallo", "Person of Interest" e anche "The Good Wife". Il caso della settimana è un’attrattiva sufficiente per rendere gradevole la visione di un episodio singolo, la presenza di personaggi carismatici e interessanti può fungere da amo per acchiappare lo spettatore e convincerlo a recuperare il resto.

"Suits" di personaggi accattivanti ne ha a bizzeffe, spesso nelle seconde file: Donna e Louis in teoria esistono solo come supporto comico, ma grazie alle ottime performance di Sarah Rafferty e Rick Hoffman sono diventati ben presto beniamini del pubblico e hanno acquisito via via più centralità.

"Suits" inoltre è una serie che punta soprattutto a divertire il suo pubblico, virando spesso nei territori della commedia (romantica e non), evitando accuratamente la complessità di tematiche e messaggi che una serie legale finisce spesso per affrontare. A differenza della sua rivale "The Good Wife" - che usava il caso della settimana come spunto per dire cose molto precise e spesso spiazzanti su tematiche politiche e sociali attuali - "Suits" usa il suo lato legale per mascherare appena la sua vera natura: quella di una serie fatta di tira e molla amorosi, ribaltoni e colpi di scena tutti un po’ gossippari, tra interpreti molto avvenenti e splendidamente vestiti.

Il gioco mostra la corda dopo 3 o 4 stagioni, quando i personaggi intrappolati in queste dinamiche diventano via via più odiosi: su tutti Mike e Rachel, proprio per questo legame obbligato e tutto giocato su un prendersi e lasciarsi infinito. Per ogni lo patturnia amorosa c’è uno sviluppo interessante su altri fronti che permette al pubblico di tenere duro. Louis in particolare da contraltare ridicolo di Harvey diventa sempre più un personaggio profondo e ricco di pathos e tragedia.Il brutto tra i belli, quello che non sa leggere le situazioni in mezzo a persone calcolatrici e ricolme di savoir-faire, che però a modo suo non difetta in sensibilità e genialità, a patto di saper guardare. Forse il vero lascito innovativo di "Suits" è il suo personaggio, capace di ritagliarsi un’importanza in una realtà legale irrealistica e idealizzata, basata sull’avvenenza.

Suits mania: perché la serie più vista negli Stati Uniti è un vecchio legal del 2011

Un po’ come "Lucifer" (serie che ha conosciuto molte seconde primavere in termini di popolarità), "Suits" dà al pubblico una versione idealizzata del mondo, in cui sono tutti belli belli in modo assurdo e problemi enormi vengono risolti in modo agile e brillante, senza che nessuno si faccia mai davvero male.

"Suits" risponde dunque alle esigenze di un pubblico che sembra più che mai stanco dei rischi e della complessità: intrattenimento brillante e senza pensieri, che può entrare e uscire da un sottofondo visivo e sonoro di altre attività(cucinare, stirare, dare una controllata ai social). Soprattutto non rompe mai il patto col suo pubblico di risolvere ogni svolta critica senza che questa pesi sullo spettatore. Un po’ di gossip da ufficio, un po’ di sentimentalità, qualche colpo di scena.

Con il valore aggiunto di avere già a disposizione 134 episodi, che anche al ritmo da binge tengono occupato lo spettatore almeno per un paio di settimane. Abbastanza per ricreare la magia dell’appuntamento fisso con la propria serie preferita, in un’era aperta proprio da Netflix in cui avere tutto e subito ha distrutto la creazione di quel legame magico, puntata dopo puntata, con la propria serie del cuore.

La vera domanda è: il successo di "Suits" spingerà Netflix e le altre a tornare a una serialità più tradizionale ed episodica o comporterà piuttosto una corsa all’acquisizione di vecchie hit degli anni ‘90 o ‘00, famose o dimenticate, che possono assicurare al pubblico lo stesso tipo di esperienza? Un successo tardivo come quello di "Suits" potrebbe dare alla serie la possibilità di influenzare questo momento della serialità come non è riuscita a fare al momento del suo lancio.

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