Come la terza stagione di The Bear ha cambiato la vita di Jeremy Allen White, Ayo Edebiri e degli altri membri del cast

Girare The Bear ti cambia la vita: parola di Jeremy Allen White e Ayo Edebiri, che si sono portati a casa dal set anche qualche nuova abitudine in cucina.

di Elisa Giudici

“Dopo l’enorme successo della seconda stagione, abbiamo sentito la pressione.” Non un’ammissione da poco, quella che ha fatto Jeremy Allen White poche ore prima che la critica avesse la possibilità di vedere la terza stagione di una delle serie più amate e premiate degli ultimi anni.

Forse un’ammissione che non poteva che venire da un membro del cast della serie che, tra le tante cose, racconta propria la pressione di un successo e dello spettro di un impasse, di un possibile fallimento. Specie quando si è perfezionisti come Carmy (”io sono molto diverso da lui” assicura White), specie quando la produzione punta così in alto da insegnare ai suoi stessi interpreti a preparare i piatti che i loro personaggi cucinano, per ottenere riprese più realistiche.

Come si sopravvivere alla pressione di un successo come quello di The Bear? Imparando a compartimentalizzare, arrivando sul set in orario, rendendo la gentilezza uno degli ingredienti “non negoziabili”: parola di Ayo Edebiri, che qui fa il suo esordio alla regia di un episodio.

Dopo quattro mesi sul set, lavorando a ritmi serratissimi, finisce che anche il tuo rapporto con il cibo e la cucina cambia. Ci hanno spiegato come i membri del cast della terza stagione di The Bear, ora disponibile su Disney+:

  • Jeremy Allen White - Carmen ‘Carmy’ Berzatto
  • Ebon Moss-Bachrach - Richard ‘Richie’ Jerimovich
  • Ayo Edebiri - Sydney Adamu
  • Lionel Boyce - Marcus Brooks
  • Liza Colón-Zayas - Bettina ‘Tina’ Marrero
  • Abby Elliott - Natalie ‘Sugar’ Berzatto
  • Matty Matheson - Neil Fak / produttore esecutivo
  • Ricky Staffieri - Ted Fak

The Bear stagione 3: il dietro le quinte raccontato dal cast

Come raccontereste il vostro personaggio rispetto alle aspettative del pubblico per la terza stagione?

Jeremy Allen White - Credo che questa stagione sarà tutta incentrata sulla sfida all’interno del The Bear. Carmy prenderà progressivamente le redini e sfiderà tutti in cucina a trovare il loro valore. questo renderà ancora un po’ più sfidante stargli a fianco a livello umano.

Ebon Moss-Bachrach - Nel corso delle stagioni precedenti, in particolare durante la seconda, Richie è stato esposto a modi differenti e più evoluti di essere una persona adulta. Ora ha fatto un po’ di chiarezza e vede un sentiero davanti a sé. Il problema per lui è che non è una strada con un direzione unica, inoltre è la vita: si può andare avanti oppure sbagliare e tornare indietro.

Jeremy Allen White - So che è uno sviluppo molto atteso dai fan, ma nella terza stagione non abbiamo mai affrontato nemmeno a livello di dialogo pre-produzione la possibilità di sviluppi romantici tra i personaggi di Carmy e Sydney. Ovviamente non mancheranno momenti tra di loro, ma non nel senso sperato da alcuni spettatori.

Ayo Edebiri - Confermo! Sarebbe davvero strano…o almeno, per noi è così.

Abby Elliott - In questa stagione Natalie riparte da dove l’avevamo lasciata e la seguiamo mentre sta ancora processando il suo dolore e il suo lutto. Credo che stia ancora venendo a patti con quanto suo fratello sia stato orribile con alcuni dei familiari. Si capisce chiaramente che non è in un bel momento a livello mentale ed emotivo. Deve ritrovare il suo equilibrio.

Liza Colón-Zayas -  Tina sta avendo difficoltà ad essere al meglio con sfide presenti che Carmy le propone, soffre la pressione, perché nella terza stagione si ritrova ad avere a che fare  con i suoi demoni passati.


Parliamo dell’evoluzione di Carmy, il personaggio di Jeremy Allen White. Dal punto di vista lavorativo, quanto c’è dell’esperienza di veri chef e quanto avete improvvisato?

Matty Matheson -  Penso che le persone che hanno affrontato la carriera che ha fatto Carmy abbiano prima lavorato sotto tanti chef differenti. Come professionista del mondo dell’alta cucina, prendi tutte le piccole caratteristiche, le abilità che ti insegnano i tuoi capi. Non solo le belle esperienze: impari a interiorizzare anche i brutti momenti che ti hanno fatto passare. Anche quelli ti influenzano e tornano fuori all’improvviso, quando sei tu ad avere la responsabilità. Per quanto mi riguarda ho avuto modo di parlare a lungo con un professionista in merito. Mi ha spiegato di aver lavorato con 40 chef nel corso della sua carriera: lo che l’hanno reso chi è oggi. Ogni giorno che trascorrevamo assieme condivideva con me ricordi e racconti di alcuni maestri. Credo in questa stagione capiremo un po’ di quelle esperienze che hanno reso Carmy chi è oggi.

Cosa è cambiato per voi dalle stagioni precedenti?

Jeremy Allen White - Dopo il successo della serie la pressione è aumentata molto, specie dopo la seconda stagione. Tra l’altro io non ho lavorato su altri progetti tra le due stagioni,  per cui dopo due stagioni dei premi ricchissime di soddisfazioni ero un po’ ansioso ma una volta arrivato sul set mi sono sentito rassicurato: le sceneggiature erano fantastiche. Dopo qualche settimana con loro e la crew tutto è tornato ad essere divertente e naturale.

È stressante girare questa serie?

Jeremy Allen White - Ammiro molto la professionalità e il perfezionismo di Carmy ma non sono assolutamente così, faccio molta fatica in questo senso. Nel mio lavoro di attore è possibile portarsi a casa qualche momento buio, quando si affrontano scene difficili, ma non in questo set. Ridiamo molto, l‘atmosfera tra un ciak e l’altro è super rilassata, per cui anche provandoci non torno a casa di cattivo umore.

Ebon Moss-Bachrach - Questo non significa che durante le riprese non ci siano momenti duri e tosti, ma sono controbilanciati dai tanti passaggi emozionanti e divertenti. Come attori è fondamentale compartimentalizzare la propria vita perché The Bear è un set sempre con emozioni forti e con passaggi pieni di tensione. Se non impari a staccare e riposarti non ce la fai a resistere a 4 mesi di riprese.


The Bear ormai è una serie ricchissima di linee narrative e personaggi. In più c’è tutta la linea temporale molto serrata relativa alla riapertura del ristorante. Come gestite questa complessità?

Ebon Moss-Bachrach - Non girando in ordine cronologico, può essere molto impegnativo tenere sempre a mente a che punto si è sui vari piani narrativi. Sei consapevole di cosa fa il tuo personaggio, ma magari non quello di un collega. Mentre giravamo la stagione avevamo un cartellone con scritto e schematizzato sopra tutto lo svolgimento della stagione, così potevamo sempre darci un’occhiata e dire: “ok allora, questa cosa succede mentre nella linea temporale generale del ristorante siamo a questo punto”.

Da spettatori, molte delle aspettative sono rivolte alla scoperta dei menù delle stagioni. Nelle precedenti stagioni di The Bear c’è sempre stato un piatto divenuto cult, la rappresentazione stessa della serie. Cosa possiamo aspettarci da punto di vista gastronomico? Pensate di aver capito qualche piatto verrà ricordato della terza stagione?

Matty Matheson -  Come in passato, abbiamo lavorato a lungo con un team di professionisti per ideare i menù e i piatti che vedrete nella terza stagione. Mettiamo molta cura in questo aspetto di The Bear e siamo entusiasti che questo generi hype negli spettatori, che aspettano non solo gli sviluppi sui personaggi, ma anche quelli dei menù. Dopo aver immaginato i nuovi piatti, li abbiamo creati dal vivo insieme al cast. Per riuscire a girare al meglio The Bear infatti una parte del processo prevede un certo tempo dedicato a insegnare agli interpreti a realizzare i piatti del loro personaggio in modo abbastanza convincente da “ingannare” il pubblico durante le riprese. Non fanno finta al 100%, deve esserci un minimo di consapevolezza. Bisogna poi trovare il modo migliore di inquadrare e ritrarre i piatti, in modo che appaiano al meglio.

Lionel Boyce - Un’altra cosa che possiamo rivelare è che risulta particolarmente difficile la parte relativa ai dolci e dessert. Fare finta in maniera convincente di prepare un muffin o un dolcetto è molto complicato, perché a differenza di altri piatti preparati durante The Bear, tutto si basa su regole molto rigide. La pasticceria è una scienza molto precisa.

Jeremy Allen White - Anche per noi è una costante sorpresa scoprire quali piatti diventeranno famosi. La prima stagione ci ha colto alla sprovvista, in questo senso. Magari ci aspettiamo che qualcosa possa fare breccia nei cuori degli spettatori, ma non è così semplice, anzi. È quasi impossibile capire cosa. Io stavolta però punterei…diciamo sulle arance rosse. Capirete vedendo la serie.

Lionel Boyce - Non è facile per noi capire quale sarà il piatto top della stagione. Per esempio non immaginavamo che l’omelette sarebbe diventata un’ossessione collettiva, così come la tortina di cioccolato. Aspetteremo e lo scopriremo come voi che piatto di questa stagione farà breccia nei cuori degli spettatori. Quel che è certo è che Marcus in questa stagione imparerà un sacco di cose per stare dietro all’aumento di livello del ristorante.

Ayo Edebiri -  Un dettaglio che secondo me incontrerà il favore del pubblico è una lista che vedrete nei primi episodi, quella delle caratteristiche “non negoziabili” del menù che stiamo mettendo a punto. È un passaggio molto affascinante e ci abbiamo lavorato un sacco.


Stavolta dirigi anche un episodio della serie. Come è cambiata la tua relazione con il resto del cast da regista?

Ayo Edebiri - Adoro lavorare come attrice su questo set. Quando ero dietro alla cinepresa mi sono chiesta se dirigere questi stessi colleghi che sono tra gli attori migliori al mondo non fosse di fatto il lavoro più bello del mondo, ancor più di recitare. Ho avuto la fortuna di leggere prima gli episodi e penso che Matty e gli altri avessero già in mente che quali proporre di dirigere a chi. Io avrei dato il mio primogenito - che ancora non esiste - per dirigere l’episodio con Liza ma per fortuna non è stato necessario e me lo hanno assegnato loro.

Sul set di The Bear secondo te qual è il dettaglio non negoziabile per lavorare bene?

Ayo Edebiri -  Credo siano cruciali soprattutto due prerequisiti per riuscire a girare questa serie, che può essere molto faticosa da sostenere: essere sempre gentili gli uni con gli altri, anche quando si lavora a scene particolarmente complesse che mettono tutti un po’ sotto pressione. Il secondo elemento cruciale è presentarsi in orario, anche se si comincia spesso prestissimo. Le giornate sono davvero molto lunghe, meglio cominciare in orario.

Anche nella terza stagione si parla molto del dolore della perdita, del lutto. Per persone, per chi si era, per ciò che si è perduto.

Abby Elliott - È uno degli aspetti che amo di più della serie. The Bear spende molte energie proprio per mostrare come i suoi personaggi, che sono molto differenti tra di loro, affrontino il dolore e il lutto. Racconta un intero spettro umano di possibili reazioni e tentativi di scendere a patti con un forte dolore personale.

Liza Colón-Zayas - Si dice spesso, e penso sia vero, che il dolore e il lutto sono un fiume che tutti condividiamo. Credo che sia proprio per questo motivo per cui così tante persone sono toccate da questo show e la seguono con tanta passione: anche sotto questi aspetti di cui è più difficile parlare, si sono sentiti rappresentati, anche in modo un po’ catartico.


Tra gli appassionati di The Bear c’è sempre molta discussione se vedere la serie tutta di getto, in un’unica sessione, quando esce oppure se assaporarla a poco a poco. Cosa ne pensate?

Ayo Edebiri - Secondo me la release dell’intera stagione di The Bear nello stesso giorno non è così un problema. Parlo a titolo personale. Per esempio a me capita spesso di aspettare che gli show settimanali siano finiti prima di cominciare a vederli, adottando il mio ritmo una volta che inizio a guardarli. La cosa bella di avere tutta la stagione insieme è che sei autonomo nel darti un ritmo, giusto?

Come siete cambiati, nella vita vera, dopo aver lavorato a questo show?

Abby Elliott - Ora quando vado al ristorante con i miei bimbi cerco sempre di ripulire il caos che lasciano dietro di sé. Sono diventataiper consapevole del carico di lavoro di chi è nella ristorazione, cerco sempre di non lasciare più lavoro del necessario.

Ayo Edebiri - Io ho preso questa abitudine di pulire i bordi dei piatti anche quando mangio a casa, ormai è un riflesso involontario.