You: storia di Joe Goldberg e dell’amore del pubblico per uno psicopatico assassino
Joe Goldberg non è certo Dexter Morgan: non è un giustiziere. Eppure, il pubblico lo ama. Scopriamo insieme perché il protagonista di You ci affascina.
Joe Goldberg. Il protagonista di You, fortunata serie di Netflix che nel 2024 vedrà la conclusione con la quinta e ultima stagione, è un serial killer. Un sadico assassino, un predatore sessuale. Joe Goldberg appartiene alla peggiore specie di psicopatici in circolazione (non solo in TV, purtroppo).
Eppure, Joe Goldberg esercita un grande fascino sul pubblico. In parte - ça va sans dire - è merito del suo affascinante protagonista. Penn Badgley, l’ex Dan di Gossip Girl, è spettacolare nei panni di Joe Goldberg. Gli dà ciò di cui ha bisogno per continuare a tenere il pubblico incollato alle sue avventure, che col passare del tempo sono indiscutibilmente scese di livello. Sto parlando di quel mix di fascino, mistero e sguardo da bravo ragazzo che Penn Badgley regala a un uomo su cui continuiamo a sperare. Ci accaniamo, quasi, nello sperare che faccia la cosa giusta. Puntualmente, però, veniamo delusi.
Perché Joe Goldberg non è Dexter Morgan. Ciononostante, piace al pubblico. Come mai?
Joe Goldberg e Dexter Morgan: due serial killer, un impatto molto diverso sugli spettatori
You ha guadagnato un seguito devoto grazie alla sua capacità di far riflettere gli spettatori sulla sottile linea tra amore e ossessione, esplorando il lato oscuro delle relazioni nell’era digitale. Ma soprattutto grazie al suo protagonista.
Ve l’ho già accennato, l’avvenenza e il talento di Penn Badgley, che dona profondità allo sguardo di un individuo che senza di lui restituirebbe uno sguardo vuoto, sono parte integrante del successo di You.
Joe sembra un ragazzo innocuo, talmente intelligente, colto e bello che non può davvero aver bisogno di stalkerare, rapire, imprigionare e infine uccidere le donne di cui s’innamora. O, per dirla meglio, per le quali prova un sentimento che secondo lui è amore.
Non possiamo crederci, impossible che uno come Joe debba ricorrere a questi crimini. Poi capiamo. Episodio dopo episodio. Joe è molto, molto malato. Non si relaziona con le persone - con nessuna persona, in effetti - come facciamo noi. Il suo è un mondo fatto di terrore dell’abbandono, bisogno maniacale di controllo, mania del possesso. Tutti sentimenti che, messi insieme, danno vita a uno psicopatico in tutto e per tutto.
Ma Joe ci piace. Tendiamo a “tifare” per le sue vittime, ma non per tutte. Diciamocelo: alcune sono meno simpatiche di Joe. Ed è voluto. Il meccanismo che ci spinge a stare dalla parte del cattivo, in questo caso, va oltre la complessità del solito meccanismo “alla Dexter”. Nella serie di cui è protagonista (serie-sequel inclusa), Dexter Morgan (uno straordinario Michael C. Hall) è un serial killer con un bisogno incontenibile di uccidere, ma grazie al codice di Harry - ideato dal suo padre adottivo, che era un poliziotto - indirizza quel bisogno verso persone che sono molto, molto più cattive di lui.
Dexter Morgan è un ematologo della polizia di Miami, perciò conduce le proprie indagini, raccoglie le prove e si assicura di eliminare solo assassini rimasti impuniti. Diventa una sorta di giustiziere le cui azioni finiscono per diventare giustificabili: rende il mondo un posto migliore, compiendo azioni orrende.
Il suo è un processo sommario, di cui è giudice e giuria (nonché boia), ma più lo conosciamo, più scopriamo i traumi passati che l’hanno portato ad avere addosso un “passeggero oscuro” (come viene definito anche nei romanzi da cui la serie è tratta), più empatizziamo con lui. Dexter fa quel che può: riversa la sua mania omicida su soggetti che non meritano pietà. Nè la sua, né la nostra. E il gioco è fatto. Vogliamo che la faccia franca, sempre. Vogliamo che nessuno - nemmeno i poliziotti con cui lavora e che ci piacciono, inclusa sua sorella - in nessuna occasione possa scoprire la sua vera identità. E quando succede, continuiamo a sperare che riesca a fuggire e a farla franca.
Con Dexter, Jeff Lindsay - ideatore del personaggio nei romanzi - ha preso tutte le precauzioni necessarie a far sì che un serial killer non venisse disprezzato dagli spettatori. Anzi: voleva che lo amassimo, e ci è riuscito.
Con Joe Goldberg, la questione è decisamente più complicata.
La trama di You: le malefatte di Joe Goldberg (senza spoiler)
Tratta dall’omonima saga letteraria di Caroline Kepnse, You segue Joe Goldberg, un affascinante e intelligente libraio di New York che sviluppa un ossessivo interesse romantico per alcune delle persone che incontra. La storia è narrata dalla prospettiva di Joe, permettendo agli spettatori di entrare nella sua mente distorta.
Nella prima stagione, Joe diventa ossessionato da Beck (interpretata da Elizabeth Lail, C’era una volta), una giovane aspirante scrittrice. Utilizzando la tecnologia e i social media, Joe inizia a monitorare e manipolare la vita di Beck per avvicinarsi a lei. La storia esplora temi di privacy, stalking e l’oscura ricerca dell’amore in un mondo sempre più freddo e frenetico.
Nella seconda stagione, Joe si trasferisce a Los Angeles per iniziare una nuova vita. Qui, il suo interesse si sposta su Love Quinn (Victoria Pedretti, Hill House), ma le complesse dinamiche della vita nella “città degli angeli” portano a rivelazioni scioccanti sul suo passato e la relazione fra i due si complica.
Nella terza stagione l’azione si sposta a Madre Linda, un esclusivo sobborgo in cui Joe assume una nuova identità. Mentre tenta di sfuggire ai suoi precedenti errori, finisce per essere coinvolto in intrighi ancora più complessi e pericolosi. La storia esplora la sua continua lotta tra il desiderio di essere un uomo migliore e le sue inclinazioni disturbate.
Le sue vittime aumentano, la sua fuga si spinge sempre più lontano fino a portarci in Inghilterra nella quarta stagione. Stavolta Joe si trasferisce a Londra, dove assume una nuova falsa identità che lo trasforma in un professore all’Università. Mentre inizia a frequentare una cerchia di persone molto ricche e viziate, la sua vita - come sempre - finisce per complicarsi notevolmente. Qualcuno conosce la sua vera identità? Chi gioca con lui, mettendolo nei guai?
You e Joe Goldberg: strategie per esercitare il fascino del Male
Se Dexter Morgan ha un passato traumatico, che lo ha visto immerso (letteralmente) nel sangue e nell’orrore fin da piccolo, Joe Godlberg intraprende una strada diversa. Anzi: tre diverse strade.
Primo escamotage. Per farci tollerare, perché accettare non è un termine sempre adeguato, i crimini di cui si macchia, viene messo in competizione con personaggi maschili sempre molto, molto negativi. A meno che non si tratti di persone in difficoltà, come il giovanissimo Paco, di cui Joe si prende cura nella prima stagione. Mostrando i germi del padre che diventerà, facendo del suo meglio per dare una vita migliore anche a suo figlio.
Senza entrare nei dettagli della trama, possiamo riassumere la questione “affetto per il mostro” con i personaggi con cui viene messo in relazione. O in competizione, spesso. Gli uomini, dicevamo, sono spesso peggiori perfino rispetto a lui. Apparentemente, almeno.
Seconda strategia. Parte delle sue vittime femminili sono antipatiche - quasi fastidiose, in certi casi - e la loro eliminazione rappresenta di fatto un sollievo per il pubblico, che si toglie dai piedi personaggi scomodi. Anche se non vorremmo, ciò che proviamo per l’uscita di scena di queste donne è sollievo. E ci sentiamo (giustamente) poco in colpa, perché si tratta di una storia inventata, non certo di eventi reali.
Terzo e ultimo trucco per farci amare Joe. Il più vile ma, ahinoi, anche il più efficace. Come la pandemia ha ampiamente evidenziato, l’essere umano diventa ogni giorno più egoista. Pensa solo a se stesso, ignorando spesso i bisogni della collettività in favore delle proprie esigenze individualiste. Impossibile non notarlo. E se ci fate caso, le stagioni di You realizzate durante e dopo la pandemia spingono in particolar modo su questo aspetto di Joe: appartiene a quell’ampia schiera di eventi e situazioni a cui, di fatto, ci ritroviamo desensibilizzati. Non necessariamente perché siamo tutti egoisti e tesi a ignorare la collettività (altrimenti ci saremmo già estinti), bensì per la capacità di adattamento che ci permette, anche quando non vorremmo, di abituarci a certe situazioni. Come la guerra. O la violenza della società. O la convinzione che gli uomini abbiano sempre la meglio sulle donne. Tanto per fare qualche esempio.
In buona sostanza, con una serie di strategie diverse - l’ultima delle quali è la più tristemente efficace - Joe Goldberg ci turba moltissimo quando lo conosciamo… Ma col passare del tempo in qualche modo ci abituiamo alle sue azioni mostruose. A forza di “vivere” le sue avventure con i suoi occhi - perché è sempre lui a condurre il gioco, se ci fate caso - impariamo ad accettare che il punto di vista sia il suo. Non il nostro. Ecco quindi che ogni azione, alla fine, trova una sua coerenza.
E possiamo scommettere fin d’ora che la quinta e ultima stagione di You, nonostante i necessari (Joe deve fuggire continuamente) cambi d’ambientazione abbiano portato a un quarto ciclo piuttosto discutibile, sarà seguita da molti spettatori. Voi la guarderete?