Zodiac: Crimini in Serie e l'episodio dedicato al serial killer più discusso del XX secolo

Alla scoperta delle teorie sull'identità di Zodiac

di Chiara Poli

Rappresenta uno dei casi irrisolti più studiati di sempre. Insieme a Jack lo Squartatore è il serial killer più misterioso della storia. Zodiac, a più di mezzo secolo dagli omicidi che terrorizzarono la baia di San Francisco fra il 1968 e il 1969, resta ancora oggi sconosciuto. Mai identificato.

Perché, come tutti gli assassini imprendibili, uccideva senza movente - se non la furia omicida - e colpiva vittime fra le quali non c’era alcun legame.

Zodiac: il podcast

 

Nel nuovo episodio di Crimini in Serie cerchiamo di riassumere tutti i punti salienti delle teorie circolanti sull’identità di Zodiac.

Il killer che inviava lettere ai giornali allegava frasi cifrate, disegni e dettagli sugli omicidi che solo l’assassino poteva conoscere. Minacciava stragi e dichiarava di aver ucciso decine di persone.

Due delle frasi cifrate che ha scritto restano ancora senza soluzione. In una di queste, l’assassino dichiarò di aver indicato il proprio nome.

Zodiac e il Mostro di Firenze


E qui arriva il colpo di scena: nel 2018 il giornalista italiano Francesco Amicone sporge denuncia contro Joe Bevilacqua, non solo perché racconta che l’uomo aveva ammesso di essere l’autore dei delitti attribuiti al Mostro di Firenze, ma anche che si trattava dello stesso assassino noto a San Francisco come Zodiac.

Secondo Amicone, Bevilacqua sarebbe il famigerato Ulisse, il cittadino americano che Mario Vanni - complice di Pietro Pacciani - aveva indicato al processo come autore degli omicidi.

A cominciare da Arthur Leigh Allen, l’ex maestro elementare a cui Netflix ha dedicato la docuserie This is Zodiac Speaking - Lettere da un serial killer, disponibile dal 23 ottobre.

La famiglia Seawater, che per tutta la vita ha avuto contatti molto stretti con Leigh Allen, racconta una serie di aneddoti che fanno pensare come Allen, l’unico sospettato la cui casa venne perquisita dalla polizia all’epoca dei delitti, fosse in effetti l’assassino.

Ma anche nei numerosi indizi raccontati dalla serie manca un riscontro fondamentale: il DNA di Allen non coincide con quello parziale estratto dai francobolli e dalle lettere inviate da Zodiac ai giornali.

E quindi? Chi era davvero Zodiac?

I tanti sospettati


Magari Richard Gaikowski, reporter ed editore che una testimone identificò - molti anni dopo - come l’uomo che aveva chiamato la polizia in modo anonimo dicendo di aver appena ucciso delle persone subito dopo il secondo omicidio di Zodiac.

Oppure Ross Sullivan, impiegato al Riverside Community College e collegato a un omicidio del 1966, quello di Cheri Jo Bates, che rientra nell’elenco delle vittime presunte di Zodiac.

O addirittura Ted Kaczynski, meglio noto come Unabomber, o magari Gary Francis Poste, il sospettato individuato da un gruppo di 40 ex investigatori della polizia, dell’intelligence militare e di giornalisti.

Per parlare di Zodiac è impossibile non fare una panoramica di tutte le teorie esistenti, indicando indizi - perché se ci fossero prove avremmo la soluzione del caso - e smentite per ogni sospettato.

L'impatto di Zodiac sulla società americana


Ma c’è anche un altro aspetto molto importante della vicenda, di cui parliamo approfonditamente in Crimini in Serie: l’impatto culturale di Zodiac sulla società.

Nel 1968, mentre l’America elegge Richard Nixon alla presidenza dopo le elezioni più tormentate fino a quel momento, il Paese stava cambiando.

L’assassinio di Martin Luther King, la guerra in Vietnam, l’omicidio di Bob Kennedy, l’abolizione definitiva della segregazione razziale… Un anno pieno di eventi drammatici che si conclude, il 20 dicembre, con il primo doppio omicidio di Zodiac.

Per la prima volta, l’America sente di essere in pericolo a casa sua. Dopo la crisi dei missili di Cuba e la minaccia della Terza Guerra Mondiale, i cittadini americani sperimentano il più forte e terrificante senso di insicurezza della loro storia.

Zodiac potrebbe colpire chiunque, in qualunque momento. I ragazzi vengono chiusi in casa dai genitori, la gente cambia abitudini, ma ciononostante gli omicidi proseguono. Qualcuno sopravvive agli attacchi di Zodiac, che usa sia coltello che pistola, e iniziano a circolare i primi identikit.

La polizia brancola nel buio. Con l’eccezione di Leigh Allen, si limita a stilare una lunga lista di sospettati - fra i quali compaiono diversi nomi della nostra lista - cercando gli uomini che vivono nella zona della baia in quel periodo, ma è come cercare un ago in un pagliaio.

Siamo alla fine degli anni ’60. Le telefonate non vengono tracciate. Non esistono le telecamere di sicurezza né l’analisi del DNA. L’arte del profiling criminale non esiste ancora.

Zodiac non è il primo serial killer americano (fu Samuel Mason a fine ‘700 uccise più di 20 persone, Henry Howard Holmes confessò 27 omicidi a fine ‘800 e fra i due ce ne furono altri, incluso il terrificante Henry Lee Lucas), ma fu il primo a spaventare la popolazione tanto da condizionarne le abitudini.

Un nuovo impulso alla ricerca investigativa


Il tentativo di catturare Zodiac per fermarlo e dare un volto alla firma che scriveva ai quotidiani di San Francisco, diede nuovo impulso alla ricerca scientifica e investigativa.

Si cercano nuove tecniche per provare a comprendere l’assassino al solo scopo di prevederne le mosse o almeno identificarne la provenienza.

Raccontato dal film di David Fincher con Jake Gyllenhaal (nei panni di Robert Graysmith, il cronista che lavorava al San Francisco Chronicle quando Zodiac scriveva al giornale), Robert Downey Jr., John Carroll Lynch e Mark Ruffalo, Zodiac ha scritto il proprio nome nell’immaginario collettivo in modo indelebile.

Gruppi di studiosi in tutto il mondo continuano a cercare la soluzione a uno dei più grandi misteri dell’era moderna, mentre una serie infinita di documentari illustrano il caso e quanto sappiamo.

This is Zodiac Speaking è solo l’ultimo di una lunga lista di speciali dedicati all’assassino che ha preso in giro i mass media e le autorità, ma che ha anche scritto la storia evidenziando l’importanza della collaborazione proprio fra i media e gli investigatori.

Perché se avessero lavorato tutti insieme fin dal principio, forse le cose sarebbero andate diversamente.

Robert Graysmith ci ha messo 15 anni a scrivere il primo dei suoi due libri su Zodiac.

Se all’epoca degli omicidi le informazioni fossero state condivise dagli investigatori e dai reporter che indagavano sul caso (ricevendo anche delle soffiate come accadde al collega di Graysmith al Chronicle), forse le cose sarebbero andate in modo diverso.

Ma del senno di poi, lo sappiamo tutti, son piene le fosse. Come quelle tombe senza giustizia delle vittime accertate - e di quelle presunte - dell’assassino più discusso del ventesimo secolo.